Le letture degli attori Clelia Cucco e Giuseppe Montaperto al Teatro Biondo di Palermo nel ricordo del poeta Mario Luzi

Le letture degli attori Clelia Cucco e Giuseppe Montaperto al Teatro Biondo di Palermo nel ricordo del poeta Mario Luzi

[Riceviamo e Pubblichiamo].
“Sono un uomo che ha fatto una lunga strada senza sapere dove questa portasse. Ho lavorato, ho scritto, mi sono sentito spinto a scrivere per conquistare nuovi approdi di spazio e di conoscenza. Ma chi sono lo potrò capire in extremis. Forse”.

 

Così Mario Luzi amava presentarsi e in effetti la poesia di questo poeta, nato a Castello (Firenze) nel 1914 e morto a Firenze nel 2005, alle prime prove in un’Italia della metà degli anni ’50 frutto di quella che Pasolini definirà “ mutazione antropologica”, ne ha fatto , nel corso della sua lunghissima vita un protagonista della cultura europea, un testimone attento e acuto delle vicende che hanno attraversato il Novecento, un poeta che con i versi coltivava anche un profondo e sincero impegno civile.

 

L’opera di Luzi è talmente vasta che egli può essere definito un poeta eclettico come pochi e rappresentativo di stagioni molto diverse tra loro.
Il primo Luzi è significativo rappresentante di una lirica esistenziale di derivazione ermetica, però poi si apre la svolta.

 

Il punto di vista non è più tra l’io e la realtà, non c’è più giudizio (o pregiudizio): l’io come tutti e tutto è nel flusso, è attraversato dalla vita, come è attraversato dalla parola: il poeta assume per sé‚ il ruolo di “umile trascrittore”, in un verseggiare rinnovato che apre nuove prospettive al tardo Novecento.

 

Quello che prima era soprattutto atteggiamento letterario, in questa fase diventa vera esperienza dell’esistenza e il verso si carica di tristezza e inquietudine. Infine, l’ultima poesia di Luzi presenta uno stile più prosastico e i contenuti si sono maggiormente aperti ai ricordi dell’adolescenza, alla descrizione di ambienti quotidiani vicino a quella di paesaggi esotici.
Esemplare la sua definizione della poesia: “Quale sia lo stato delle cose, la condizione della salute umana, spirituale e culturale, l’ha detto la poesia. Con difficoltà nel magma del secolo, quel che poteva la poesia l’ha fatto. Ha perseguito il sogno, continuamente deluso e continuamente ripreso, di un mondo meno ingiusto e perverso. Un mondo che, magari, potesse farci sperare in un uomo che si appartenga e non sia alieno a se stesso, quale invece rischierebbe di essere se la poesia cadesse in disgrazia. Chiediamoci allora, non cosa ha fatto la poesia, ma cosa sarebbe il mondo senza di essa”.
Questa la grande e impareggiabile lezione di uno dei più grandi poeti del ‘900!

 

Maria Scaglione Cucco

 

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