Vademecum legale dei lavoratori CEFOP

 Vademecum legale dei lavoratori CEFOP

(Riceviamo e Pubblichiamo)

Nell’interesse dei cittadini interessati alla vicenda: Il caso CEFOP merita un approfondimento legale per tutti i lavoratori che – del tutto legittimamente – non presentano piena contezza della tutela lavoristica calendata al riguardo. Ed è per loro che ho reputato altamente utile questo vademecum legale. Soprattutto in vista della grave, anticostituzionale e lesiva cessione aziendale che lo Stato, la Regione Sicilia, nella persona dell’Assessore e tutti gli attori di questa terribile vicenda, compresi i sindacati, stanno legittimando in spregio del dictat normativo. Si è compiuta, in estrema sintesi, una strage normativa mai vista prima. Lo stravolgimento delle norme e delle regole di rango costituzionale, poste a presidio e tutela del contraente più debole (id est: il lavoratore). E ciò per un fine meno nobile: la tutela (in modo meno garbato si potrebbe rendere il concetto con un epiteto) degli interessi superiori (dei potenti). I commissari, stante gli abnormi comportamenti perpetrati e le mancanze di cui si sono resi responsabili nella gestione loro affidata, dovrebbero essere chiamati a rispondere nelle opportune sedi contabili, di tutti i danni che le loro condotte, hanno, ictu oculi, arrecato alle casse, per altro asfittiche dell’Ente. E poiché in claris non fit interpretazio, appare evidente che la fulminea cessione aziendale rappresenti l’espediente – becero – per nascondere gravi responsabilità, abilmente velate. Di seguito, il vademecum:

Cessione ramo aziendale: il rapporto di lavoro non si estingue, ma continua con il nuovo titolare dell’azienda; il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano; il lavoratore può chiedere al nuovo datore di lavoro il pagamento dei crediti da lavoro che aveva maturato al momento del trasferimento; il nuovo datore di lavoro è pertanto obbligato in solido con il vecchio titolare per la soddisfazione di tali crediti; nel caso di stipulazione di un contratto d’appalto tra azienda d’origine e ramo trasferito, il lavoratore dipendente di questo ultimo può agire in giudizio direttamente nei confronti dell’azienda di origine per obbligarla al pagamento dei debiti che questa ha contratto con il ramo trasferito Il nuovo titolare deve continuare ad applicare il contratto collettivo nazionale, in vigore al momento del trasferimento, fino alla sua scadenza;la cessione o trasferimento d’azienda non costituisce motivo di licenziamento. Vediamo il problema Tfr cessione ramo d’azienda. La Cassazione, ribadendo la natura di retribuzione differita del Tfr, sostiene che in caso di cessione di ramo di azienda assoggettata al regime previsto dall’articolo 2112 del Codice civile, il datore di lavoro cedente rimane obbligato nei confronti del lavoratore suo dipendente, il cui rapporto prosegua con il datore di lavoro cessionario, per la quota di trattamento di fine rapporto maturata durante il periodo di rapporto con lui svolto e calcolato fino alla data del trasferimento d’azienda. Viceversa, il datore di lavoro cessionario è obbligato per questa stessa quota soltanto in ragione e nei limiti del vincolo di solidarietà previsto dall’articolo 2112, comma 2. Infine, conclude l’estensore, quest’ultimo, come datore di lavoro cessionario, è l’unico obbligato al trattamento di fine rapporto quanto alla quota maturata nel periodo del rapporto intercorso dopo il trasferimento di azienda. Comunque per quanto riguarda la tutela dei lavoratori nell’ipotesi di cessione del ramo d’azienda, la legge provvede a disciplinare i criteri e le modalità di attuazione delle rispettive parti in causa, sia per il cedente che il cessionario. Di norma il rapporto di lavoro del lavoratore dipendente prosegue con il cessionario e quindi il nuovo datore di lavoro. Si tratta di una disposizione di estrema tutela per il dipendente, il quale oltre a mantenere la garanzia del proprio lavoro, conserva anche lo stesso trattamento economico e normativo di cui disponeva presso l’azienda cedente. 2. Il nuovo art. 2112: la scomparsa della “disdetta” e la continuazione del rapporto di lavoro. La principale novità introdotta dalla legge 428/90 – e che comporta una radicale modifica dell’assetto legislativo in materia – è costituita dal venire meno dell’istituto della “disdetta”, ossia dalla possibilità /di recedere dai contratti di lavoro correnti con l’impresa cedente, dandone adeguato preavviso ai lavoratori. Con la nuova formulazione, il comma 1 dell’art. 2112 stabilisce che, in caso di trasferimento di azienda (o di un suo ramo) i rapporti di lavoro continuano con l’acquirente e i lavoratori conservano tutti i diritti già acquisiti (es. anzianità, trattamenti retributivi personalizzati e, più in generale, qualunque istituto scaturente dal contratto individuale di lavoro).Il trasferimento d’azienda, quindi, non è di per sé, motivo di licenziamento; per questa ragione la prassi aziendale, ancora invalsa, di procedere nel caso di trasferimento di azienda, al licenziamento dei lavoratori presso il cedente e alla riassunzione degli stessi presso il cessionario è palesemente contra legem. 3. TFR e ratei di competenze plurimensili. L’importo del TFR, che viene liquidato alla cessazione del rapporto di lavoro, non può essere – per le ragioni sopra esposte – pagato al momento della cessione dell’azienda, non rientrando nella previsione dell’art. 2120 c.c., come modificato dalla legge 297/82. Dell’importo del TFR accantonato e dei ratei di 13°, 14°, ferie, permessi, ROL – trattandosi di crediti che il lavoratore aveva al momento della cessione – sono responsabili in solido il cedente e l’acquirente, pur essendo possibile la liberazione del primo, con dichiarazione del lavoratore resa con le formalità previste dagli artt. 410 e 411 c.p.c. CARATTERISTICHE Si ha il trasferimento d’azienda quando, in seguito a operazioni quali cessione contrattuale, fusione, affitto, usufrutto, cambia la titolare della azienda medesima.

Il trasferimento può riguardare l’intera azienda o parte di essa e in questo caso si parla di trasferimento di ramo d’azienda. Questo ultimo tipo di trasferimento è ammissibile solo se la parte di azienda che si intende trasferire è funzionalmente autonoma al momento del trasferimento identificata come tale o dal cedente o dal cessionario al momento del trasferimento (detta entità deve presentare una organizzazione di mezzi idonea allo svolgimento dell’attività di impresa, con la possibilità di eventuali e successive integrazioni da parte del cessionario).

Con il Dlgs 276/2003 non è più necessario che tale autonomia sia preesistente al trasferimento.

Quando vi è il trasferimento dell’azienda (o di un ramo di essa) cambia il titolare dell’attività e quindi cambia il datore di lavoro. La legge tutela il lavoratore con alcune disposizioni specifiche e prevede che in caso di trasferimento: • il rapporto di lavoro non si estingue, ma continua con il nuovo titolare dell’azienda; il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano; • il lavoratore può chiedere al nuovo datore di lavoro il pagamento dei crediti da lavoro che aveva maturato al momento del trasferimento; il nuovo datore di lavoro è pertanto obbligato in solido con il vecchio titolare per la soddisfazione di tali crediti; • nel caso di stipulazione di un contratto d’appalto tra azienda d’origine e ramo trasferito, il lavoratore dipendente di questo ultimo può agire in giudizio direttamente nei confronti dell’azienda di origine per obbligarla al pagamento dei debiti che questa ha contratto con il ramo trasferito; • il nuovo titolare deve continuare ad applicare il contratto collettivo nazionale, in vigore al momento del trasferimento, fino alla sua scadenza; • il trasferimento d’azienda non costituisce motivo di licenziamento; • se il trasferimento si verifica in imprese che occupano più di 15 dipendenti, è obbligatorio per il datore di lavoro avvertire con comunicazione scritta, almeno 25 giorni prima dell’atto di trasferimento, le rappresentanze sindacali che avviano procedure di analisi e verifica necessarie alla tutela dei lavoratori , per evitare che il mancato rispetto della normativa potrebbe eludere altri istituti contrattuali e di legge, come le norme sullo Statuto del lavoratori, il collocamento dei disabili.

Peraltro attraverso la cessione a soggetti di comodo, i reparti e i settori produttivi “scorporati” verrebbero classificati come “nuove aziende” e godere indebitamente di agevolazioni contributive e fiscali.

Castelbuono, 16 gennaio 2014

avv. Angela Maria Fasano

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