A Castelbuono il tempo è volato. Per sempre

(Di Massimo Genchi) – In questi ultimi giorni il dibattito, almeno nella piazza e fra i suoi frequentatori più o meno assidui, si è focalizzato sulla scomparsa della lancetta dei minuti dell’Orologio di Piazza Margherita. Verrebbe da dire non tanto ‘il tempo si è fermato’ quanto ‘il tempo è volato’. Letteralmente. Visto che la lancetta sarebbe stata scardinata e fatta volare via dalle raffiche di vento della settimana scorsa e scaraventata chissà dove, ma sicuramente non sulla luna.
Se ancora non è stata ritrovata potrebbe essere solo perché non l’hanno cercata, dato che non può essere andata lontano e non si tratta di un oggetto invisibile, avendo una lunghezza maggiore di cinquanta centimetri. Una ricerca neppure tanto accurata, per es. con un drone, avrebbe permesso di individuarla, magari fra le tegole dei tetti dello stesso carcere o dell’attigua casa Raimondo o sul terrazzo della Matrice vecchia, e di riposizionarla. Ma poi, a ben pensarci, a chi dovrebbe interessare cercare la lancetta dell’orologio? A chi vaneggia di essere in anticipo su ogni tempo della storia? A chi millanta il primato di questo paese nel mondo? Quindi, per favore, non parlate all’autista, non distogliete il maître da cose ben più importanti, cosmopolite e creative, facendogli perdere tempo prezioso. E perché, poi? Per cercare una losanga di ferro vecchio e arrugginito? A chi può fregare qualcosa di quell’orologio e delle sue lancette e del suo quadrante lesionato? A nessuno. Solo a chi si diverte e ogni occasione è buona per fare sterili polemiche.
Ma sì! Lasciamola andare via questa lancetta, perché tanto per questo paese il tempo è volato, ormai. Finito. Non c’è più tempo. Però, detto senza enfasi, qui c’è stato un tempo, remoto o recente poco importa ma c’è stato, in cui chi ha amministrato questo paese, anche in periodi di terribili ristrettezze, ha fatto valere e prevalere il senso del decoro, della misura e del contegno.
Gli amministratori, che si chiamassero Mariano Raimondi o Antonio Spallino, per esempio, governarono con cocciuta passione il loro paese per una forma di sviscerato amore nei confronti di questo groviglio di tetti rossi e di strade di selci, di pastori dal viso arrostito dal sole e tagliato dal maestrale, di villani ingobbiti dalla zappa e deformati dall’umidità della terra e di artigiani, quelli sì, creativi. E lo governarono con tenace passione e trasporto, questo paese, mettendo mano al proprio portafogli tutte le volte che ciò si rese necessario. Altro che campare di politica e di indennità di mandato governativo. Si potrà opinare dicendo: sì, ma in quel tempo non erano previste indennità per gli amministratori, altrimenti anche loro se le sarebbero prese e anche aumentate. Come gli attuali. Non so, può darsi. Rimane il fatto che non abbiamo la controprova. Sappiamo, invece, che Raimondi e Spallino anticiparono una montagna di soldi di tasca propria per far fronte a bisogni inderogabili di tantissimi cittadini e per risanare le casse comunali. In effetti, chi è destro nel navigare lo dimostra col mare in burrasca; a governare sprofondati in mezzo a mille disponibilità monetarie tutti sarebbero capaci. Anzi, quasi tutti.
L’esempio lasciato da persone come quelle, ma non solo, ha modellato i tratti caratterizzanti il nostro modo di intendere l’essere cittadini di questo paese. Al tempo di amministratori come quelli prima ricordati, ma non solo, era più che chiaro cosa fosse la proprietà comune e cosa fosse la proprietà privata e non esisteva neppure nelle allucinazioni lisergiche che un privato cittadino potesse avere disponibilità delle chiavi di un immobile di proprietà pubblica per servirsene, per esempio, per comodo parcheggio a uso privato anche per un solo istante.
A prescindere dal ruolo ricoperto, essere castelbuonesi, storicamente, ha sotteso l’idea di decoro e di ricerca del bello, anche se a volte povero. Di armonioso, insomma. Anche nei momenti meno gloriosi e decadenti, non si è mai visto un tecnico o un politico autorizzare la messa in posa di una grondaia, come quella di Piazza Castello – l’area castellana di cui qualche tronfio si riempie la bocca – che fa il giro del prospetto per convogliare l’acqua piovana…. fuori dai piedi per sboccare sotto l’arco Sant’Anna.



E poi, il verde, gli alberi, i giardini urbani, Castelbuono città di giardini. il Parco delle Rimembranze col suo significato profondo (prima di essere ridotto a deserto e a… luogo di ricovero). E ancora i cipressi del cimitero con il loro immenso ed eterno messaggio simbolico, prima che cadessero nelle grinfie di chi mostra di essere gravemente ammalato di dendrofobia, o alberofobia che dir si voglia, che con cieco furore li sta facendo radere al suolo ad uno a uno per scopi tutt’altro che chiari. O forse chiarissimi.






Noi abbiamo ereditato da chi ci ha preceduti il senso di sacralità per il cimitero, luogo di silenzio e di raccoglimento, giardino consacrato al pianto, sito di rispetto, tenuto lindo come casa nostra. Tutt’altra cosa rispetto all’immondezzaio che è oggi. Sia all’esterno che all’interno. Comprese le frasche ammonticchiate sotto il muro di cinta da due anni e la famosa segatura che conferisce un senso di arredo e di pulizia a tutto il complesso monumentale.






Quando in questo paese il corso delle cose era ancora regolare e le lancette di “lu rroggiu granni di la chiazza” non erano volate dai quadranti, con lo stesso disappunto di chi se ne va via mandando tutti a fanculo, la ratio soggiaceva ad ogni atto pratico del quotidiano. Oggi è tutto sans façon, come direbbero i francesi, o a ssonfasò, come avrebbero detto i nostri avi. A parte le strisce pedonali, che sono lo specchio dell’improvvisazione progettuale di chi amministra e dello sprofondamento toccato dal nostro paese, la manutenzione dei selciati e delle pavimentazioni, per esempio, fornisce lo screening dello stato di salute, non solo urbano, del paese. Un tempo (anche) questo lavoro era appannaggio di maestranze qualificate che sapevano esattamente cosa significasse mettere a dimora le selci senza ridurre le strade del centro storico a una colata di cemento nel maldestro tentativo di amalgamare i mazzacani. A parte tutto, c’è stato un tempo in cui certi lavori venivano strettamente sorvegliati e sopraintesi e non succedeva che una mirabile opera d’arte qual è il ponte della Madonna del Palmento venisse affidata in maniera incontrollata a operai che si trovano a smontare quei perfetti conci in pietra arenaria, senza una pianificazione, senza criterio. Anzi, se vogliamo dirla tutta, senza un motivo.

Sarebbe il caso di ricordare che quando Castelbuono fioriva, le maestranze arrivavano da Carrara, dalla Liguria. La stragrande maggioranza era di provenienza longobarda. Ora, capita di osservare che, spesso, arrivano… da altri mestieri. E’ un po’ il segno dei tempi. E si vede. E i tempi sono quelli che sono.
Oggi sappiate che tutto ciò su cui si fa un appunto, dal taglio dei cipressi, alle pavimentazioni, alla grondaia, al rapporto pubblico-privato, alle strisce, al ponte, a tutto, è da imputare non a chi pensate voi ma a fattori climatici. Quindi effetto serra, buco nell’ozono, desertificazione, riscaldamento globale, scioglimento dei ghiacciai, innalzamento degli oceani e neglia piscialora. E a nient’altro. E in mezzo a tutti questi crimini del clima, incredibile ma vero, responsabile della sparizione della lancetta dell’orologio non è il vento, come tutti hanno pensato. No. La lancetta non si è persa affatto, anche perché conoscendo gli scrupolosi amministratori l’avrebbero prontamente cercata comi na ujja spersa e di certo rintracciata. Subito polemiche, insinuazioni, il tempo è volato, il tempo è finito… Le cose stanno diversamente. Castelbuono, come sempre, in anticipo sul tempo della storia, ha adottato il primo orologio da torre quantistico dove il tempo, diversamente dalle ordinarie convenzioni, viene scandito per quanti di ore. In altri termini: o le cinque o lei sei, senza mezze misure. E soprattutto senza minuti. Altro che gatto di Scrödinger mezzo vivo e mezzo morto. La fisica quantistica ci fa una pippa a noi. Ditemi voi se questa non è creativity…Ancora cèrcanu a lancetta i bbabbi!!!

Grande Professore. Ci fa sorridere sempre, ma questa volta è un sorriso amaro. Le eloquenti foto pubblicate danno la misura in quale stato di degrado è caduta Castelbuono. Degrado intellettuale prima che estetico ed urbanistico, perché se le menti dei castelbuonesi non si fossero così degradate da assuefarsi a simili brutture non avremmo l’attuale amministrazione.
L’esempio dei citati Sindaci Antonio Spallino e Mariano Raimondo sono solo il riflesso di un’epoca dove la politica era intesa come servizio non come mestiere e per giunta svolto male. Ma tant’è, i castelbuonesi questo si meritano. Castelbuono però no!
per non parlare della fioritura della struttura provvisoria in aria castellana come si dice o delle fogne volanti in giro per le campagne…ma non importa. arriva la TRADIZIONALE (?) INFIORATA e com’è che il vulcano dei vulcani, il migliore, non ha pensato a gemellerci con Genzano, ove l’infiorata ha una storia, come città UNESCO dell’infiorata
Questo excursus purtroppo è lo stato dell’arte, è ciò che Castelbuono è diventato. E non è neanche colpa degli amministratori o del clima, la responsabilità è di chi, in preda al sonno, quel famoso sonno che i siciliani vogliono, non apre gli occhi alla luce. E se pur li apre e dalla luce è attratto, sarà sempre il buio a prevalere, perché così si deve, diversamente da così non si può, così qualcuno ha deciso.
E se da quel sonno non si ha il coraggio di destarsi, vuoi per convenienza, vuoi per omologazione, vuoi per paura, allora mi viene da pensare che questo strano fenomeno, ahimè, ha un solo nome.
E come un orologio che scandisce il tempo e va avanti nonostante tutto, anche questo strano fenomeno, se non fermato, finirà per travolgerci.
E quindi che la lancetta sia “volata”, magari è un segno del destino, perché il tempo passa lo stesso, anzi vola e noi siamo così addormentati che restiamo fermi a guardare, senza quel tempo riuscire a coglierlo.
Secondo la mia opinione, un giovane dovrebbe seguire il princpio esposto dall’inviato del governo piemontese segretario della Prefettura di Girgenti Aimone Chevalley di Monterzuolo.
Nel caso dei lavori su esposti, per interpretare se sono eseguiti a regola d’arte, potrebbe essere sufficiente consultare i principi del codice degli appalti, ossia:
1) principio del risultato
2) principio della fiducia
3)principio dell’accesso al mercato
Un buon legislatore segue i primi 12 articoli della nostra Costituzione.
Grande Massimo. Leggere il tuo articolo é un piacere e nello stesso tempo un dispiacere constatare la dura verità.
A proposito dei lavori stradali volevo aggiungere una cosina: si sono rifatti i selciati ed anche i marciapiedi. Qualcuno ha pensato, visto i lavori in corso, a interrare dei tubi (corrugati) per permettere in futuro di utilizzarli per fare passare la fibra ottica ed anche la corrente elettrica liberando i muri delle case?
Ed anche, è stato rifatta nella zona interessata ai lavori, una nuova linea idrica togliendo i vecchi tubi di ferro? Sono state intubate e convogliate nelle condotte acque nere e acque bianche gli scarichi delle case?
Secondo me e’ meglio non cedere al pessimismo. L’orologio quantistico al mattino con i suoi rintocchi sveglia chi parte presto per andare a lavorare, muratori, meccanici, contadini, insegnanti e quanti altri che si ritrovano tutti per prendersi un caffe’.
La dissertazione di Massimo su ciò che siamo stati e sul popolo che siamo diventati spero serva da monito a chi guarda e fa finta di non vedere, a chi ascolta e fa finta di non sentire, a chi si è fatto convincere che siamo al centro del mondo mentre non siamo altro che un piccolo frammento di mondo.
Eravamo una comunità all’altezza dei suoi avi, fiera dei valori con cui è stata formata, grata delle esperienze che l’avevano resa tale, decorosa e dedita alla ricerca del bello.
Recuperiamo non le lancette (stante il passaggio alla quantistica) bensì il tempo per fermarci a riflettere e a ritrovare l’orgoglio perduto. È il primo passo verso la rinascita.
siamo semplicemente diventati un corpo non governato da testa e dal raziocinio ma dal ventre, e dai suoi impulsi. La testa o meglio le teste se ne vanno. sempre più numerose. Quelle che restano, tacciono soverchiate dalla massa dei coriferi guidati che appena aprono bocca urla “BUUUUUU”. la massa di chi non è che avesse prospettive particolari, nè ambizioni se non la birra al bar e le sigarette in tasca. A quella gente questa mediocrità distributiva sta benissimo. il pensiero irradiato dal vulcano di idee idem. E’ sulla loro lunghezza d’onda. non parla di cose complicate, ma di “manciate”. Per cui la presenza di una minoranza maggioritaria ed organizzata di questo genere si deve vedere con la profonda modifica della struttura sociale del paese. Che ha perso da tempo il vivace ceto artigiano, e sta perdendo il ceto intellettuale
Prima di sparare sentenze e parlare a vanvera bisogna accertare i fatti e non dire cose su fatti di cui non si e a conoscenza …..parlo dei lavori del ponte della Madonna del Palmento …nessuno e dico nessuno a toccato le pietre che delimitano il ponte ….il mio intervento era sulla fogna ostruita da detriti ….quindi consiglio al signor Massimo di informarsi bene sui fatti visto che le condizioni del muro che delimita il ponte erano già in essere così ….ma prima non lo aveva notato perché evidentemente passava velocemente in quel punto ….quindi prima di denigrare il lavoro degli altri si vada a informare bene ……visto che io al mio lavoro ci tengo e lo svolgo con professionalità ed esperienza
non è strano che ci siano detriti in una fogna?
Non so se sarà necessario, se verrà ritrovata la lancetta non servirà ma se sarà necessario mi offro volontario a riforgiarne una nuova gratuitamente per la comunità castelbuonese.
non può essersi volatilizzata ! O è ancora incastrata tra due tegole , cosa non difficile, o è caduta sulla strada ed è stata sottratta da qualcuno. E’ stata fatta una ricerca tegola per tegola e nella grondaia ?