A proposito di biblioteca…Un contributo del prof. Orazio Cancila

Pubblichiamo una breve riflessione del prof. Orazio Cancila sulla biblioteca comunale (contenente una nota sulla donazione del fondo Antonio Mogavero Fina al Comune) rivolta ai giovani della Consulta, in vista dell’incontro del prossimo 30 agosto.

Cari amici, ritrovo casualmente tra numerosissime carte una mia nota sulla donazione al Museo Civico dei libri e dei documenti di Antonio Mogavero, alla cui catalogazione provvisoria ho contribuito anch’io su invito del figlio Gioacchino. Non ricordo se è stata pubblicata su “Le Madonie” oppure da me forse trasmessa alla direzione del Museo in occasione della cerimonia della consegna.

Poiché ho letto che prossimamente si discuterà della biblioteca comunale per iniziativa di alcuni giovani, penso che la pubblicazione della nota, che trascrivo appresso, possa essere utile al dibattito.

Colgo anche l’occasione per ribadire la mia posizione sulla biblioteca, della quale anni fa ho parlato col sindaco Cicero. A mio parere, alla Badia dovrebbero concentrarsi Biblioteca, Archivio Storico (almeno per la parte più antica) e Museo del Risorgimento, utilizzando come sala di lettura l’aula in atto adibita a conferenze. Per le conferenze ormai ci sono altri locali e la stanza va sfruttata in modo più utile. A Palermo, il Museo del Risorgimento presso la Società Siciliana di Storia Patria è gestito dal personale della biblioteca, che, in presenza di visitatori, apre i locali, assiste alla visita, richiude subito dopo e ritorna al suo lavoro di bibliotecario. Lo stesso può accadere a Castelbuono, dove non credo che l’afflusso di visitatori sia più consistente.

È indispensabile però assumere per concorso un direttore dell’intero complesso, che abbia competenze di biblioteconomia, di archivistica e di storia, e che se ne occupi a tempo pieno senza che venga destinato contemporaneamente a scavalco ad altri incarichi. È mia convinzione che da qualche tempo si stia procedendo verso una modernizzazione delle strutture e delle procedure, se finalmente, con mia grande piacere, i testi compaiono anche su Opac. Il mio augurio è che il processo continui. Buon lavoro.

La donazione al Museo Civico della Biblioteca e dell’Archivio

di Antonio Mogavero Fina

La donazione della biblioteca e dell’archivio di Antonio Mogavero Fina al Museo Civico di Castelbuono costituisce un grande atto d’amore verso il paese natio da parte dei suoi familiari, che è doveroso sottolineare e che merita la gratitudine dei castelbuonesi, ai quali sarà data così la possibilità di disporre con facilità di libri e opuscoli rarissimi, alcuni forse unici ormai, oltre a un complesso di documenti archivistici che Mogavero Fina ha raccolto nella sua ultracinquantennale attività di studioso.

Tra i libri rari voglio ricordare – cito a memoria − il settecentesco Dizionario topografico della Sicilia di Vito Amico, tradotto dal latino e annotato da Gioacchino Di Marzo nell’Ottocento, che alla voce Castelbuono fornisce la più antica sintesi della storia del paese; la Sicilia feudale di Alessandro Italia, fondamentale per la corretta conoscenza del mondo feudale; le varie necrologie otto-novececentesche di castelbuonesi illustri, libretti ormai introvabili e quasi certamente unici; il fascicolo del 1904 del Dizionario illustrato dei comuni siciliani di Francesco Nicotra, con le pagine dedicate a Castelbuono su dati forniti allora da don Michelino Morici, nipote ed erede di Francesco Minà Palumbo, nonché con diverse annotazioni a penna dello stesso Mogavero Fina, che integrano le notizie riportate.

Di difficile reperimento, se non proprio rari, debbono considerarsi i vari testi di storia dei paesi, in particolare delle Madonie, che Mogavero Fina ha raccolto e conservato e che possono costituire una apposita sezione di storia locale all’interno della Biblioteca del Museo.

C’è poi la riproduzione fotografica di un’opera del più antico commediografo castelbuonese a noi noto, Inganni d’amore di Vincenzo Errante del 1603, una spassosa commedia ambientata proprio a Castelbuono, di cui a mia conoscenza esiste soltanto l’esemplare presso la Biblioteca Nazionale di Firenze ai segni Palat. 12,7,2,39. Indico la segnatura perché l’opera va cercata in un catalogo speciale della Biblioteca Nazionale di Firenze, il Catalogo Palatino, non nel catalogo corrente che non la riporta. Insisto nel ribadire che questa della biblioteca fiorentina è l’unica esistente al mondo. Mogavero Fina ne ha richiesto la riproduzione, pagando di tasca sua una somma allora rilevante, e ne ha fornito copia all’avvocato Mario Lupo. In data più recente anch’io, ignorando che Mogavero Fina la possedesse, ho richiesto il microfilm dell’opera a Firenze, che ho poi fatto stampare, dandone copia allo stesso Mario Lupo – e fu allora che seppi che ne era già in possesso − e alla Biblioteca Comunale di Castelbuono, che l’allora direttore non voleva accettare senza una lettera di accompagnamento (viva la burocrazia!). La riproduzione di Mogavero Fina è assai più leggibile della mia, che presenta alcune pagine molto sfocate. Di Errante si è negata persino l’esistenza, nella convinzione che fosse uno pseudonimo di Vincenzo Belando, autore di una commedia intitolata Gli amorosi inganni. La scoperta dell’esemplare della commedia presso la Biblioteca Nazionale di Firenze negli anni Trenta del Novecento ha convinto i critici della diversità dei due autori. Sul personaggio posso aggiungere qualcos’altro, grazie alle mie ricerche sugli atti notarili di Castelbuono. Vincenzo Errante è nato a Castelbuono nel 1575 dall’avvocato Celidonio Errante, originario di Polizzi ma attivo a Castelbuono nella seconda metà del Cinquecento, e dalla castelbuonese Vittoria Flodiola, appartenente a una delle famiglie più prestigiose del paese. La data di nascita dovrebbe essere certa, perché nel testamente del padre Celidonio dell’11 settembre 1585 presso il notaio Filippo Guarneri si fa riferimento aVincenzo, come uno degli eredi, e gli si attribuisce l’età di dieci anni. La presenza a Castelbuono di Vincenzo, che nel 1596 era uno dei confrati della nobile Società dei Bianchi, con sede nella chiesa del Monte, è documentata fino all’anno successivo 1597 quando egli fece da testimone in atto del notaio Guarneri.

È appena il caso di ricordare che della biblioteca donata fanno anche parte tutti gli scritti di Antonio Mogavero Fina, sparsi in una miriade di periodici, opuscoli, libretti, prefazioni, volumi, qui tutti raccolti in carpette secondo l’anno di edizione. Di alcune opere esistono anche più esemplari. A questo proposito, è assolutamente indispensabile che la famiglia Mogavero recuperi dalla Biblioteca dei Cappuccini il complesso di opere a stampa che Antonio ha sistemato nel corso degli anni nella stessa biblioteca, istituendo una sezione che egli ha voluto chiamare degli Autori castelbuonesi. Recuperi, dicevo, e doni anche queste al Museo Civico, perché si tratta di scritti di proprietà di Antonio Mogavero Fina, collocati nella Biblioteca dei Cappuccini sia per ragioni di spazio, sia anche per metterli generosamente a disposizione degli sudiosi. Nel momento in cui la biblioteca di Antonio Mogavero Fina trova in questa prestigiosa sede la sua definitiva collocazione, è giusto che essa comprenda anche la sua collezione degli Autori castelbuonesi, la cui invenzione costituisce un altro grande merito dell’illustre scomparso e aiuta a farci comprendere appieno la passione e il disinteresse dello studioso e dell’uomo. È questo un altro aspetto della sua poliedrica personalità che non sottaciuto.

Assieme ai libri, la donazione della famiglia Mogavero comprende parecchie annate dei periodici Le Madonie e Corriere delle Madonie, che sarebbe opportuno rilegare per annate e mettere a disposizione dei lettori.

L’archivio contiene sia carte personali di Antonio Magovero Fina e talora anche della sua famiglia, che costituiscono la parte più consistente, sia documenti su Castelbuono in originale e in copia che il nostro ha raccolto e conservato durante la sua vita. Tra le carte che considero personali c’è un esemplare del volume Nel travaglio dei secoli del 1950, con numerose annotazioni, aggiunte e correzioni successive, su foglietti attaccati con la colla, che dimostrano come Mogavero Fina pensasse fino all’ultimo a una nuova più ampia e approfondita edizione di quello che, a mio parere, resta il suo lavoro principale. È un esemplare da non disperdere assolutamente e da conservare con molta cura.

Ci sono anche parecchi scritti inediti, bozze di lavori in corso, ma anche di articoli in attesa di essere pubblicati. Non ho avuto il tempo di scorrerli attentamente, ma forse sarebbe opportuno che si scannerizzassero e si mettessero online sul sito del Museo. Ricordo, per esempio, un elenco dei religiosi e delle religiose di Castelbuono defunti, ripartiti anno per anno. C’è anche un inedito elenco cronologico dei sacerdoti defunti dal 1585 al 1674, che completerebbe la cronologia lasciataci dal canonico Morici, conservata nell’archivio della Matrice, mi pare al n. 33. Quest’ultimo elenco dattiloscritto è però in parte superato da un lavoro più recente di Angelo Di Giorgi, il quale ha redatto due altri elenchi, uno cronologico, l’altro alfabetico, che hanno il vantaggio di essere raccolti in due file e di essere più facilmente consultabili.

Penso che tutto il materiale donato debba essere catalogato e selezionato meglio di quanto non abbiamo fatto io e Gioacchino Mogavero, basandoci, per il breve tempo a nostra disposizione, soprattutto sulla sistemazione provvisoria che ad esso aveva già dato lo stesso Mogavero Fina. La catalogazione richiede tempo e competenza, quella competenza, per intenderci, che ha dimostrato il compianto prof. Schirò nell’inventariazione degli archivi storici del Comune e della Matrice di Castelbuono. Forse è necessario anche un lavoro di scarto, che noi non abbiamo avuto il tempo di fare e che solo un archivista esperto può fare. Non possono farlo certamente i giovani del servizio civile.

I documenti in originale e in copia fotostatica su Castelbuono vanno invece conservati in blocco per l’importanza grandissima che essi rivestono. Sono carte che Mogavero Fina ha in larga parte utilizzato nei suoi numerosi lavori, ma ce ne sono parecchi che non mi sembra egli abbia avuto modo di utilizzare appieno. Penso, ad esempio, alle grazie concesse dai feudatari ai castelbuonesi nel Cinquecento; ai testamenti di alcuni esponenti del casato dei Ventimiglia nella seconda metà del Seicento; ai documenti sulle fiere; a una bellissima relazione del 1852 sul territorio di Castelbuono; al carteggio sul trasferimento del teschio di Sant’Anna nella chiesa dell’Annunziata dopo le scosse sismiche del 1819; e ancora al carteggio dell’Otto-Novecento tra gli eredi dei Ventimiglia e il Comune per ottenere la disponibilità del teschio di Sant’Anna in occasione delle processioni annuali.

Questo materiale deve essere nel più tempo possibile messo a disposizione dei castelbuonesi e degli studiosi. Altrimenti la donazione non avrebbe senso. So che rischio di alienarmi l’affetto degli amici dirigenti del Museo civico, ma mi chiedo se il Museo abbia la possibilità di occuparsene. Mi chiedo cioè se il direttore del Museo possa, ogni qualvolta se ne presenti l’occasione, destinare un addetto al controllo dello studioso che vorrà consultare qualcosa. Non vorrei essere facile profeta, ma temo proprio di no. Ho sotto gli occhi la bella biblioteca e l’interessante archivio del Museo Pitrè di Palermo, che nessuno conosce e nessuno utilizza; penso alla bellissima biblioteca di villa Niscemi alla Favorita di Palermo, che fa splendida mostra di sé nella stanza del sindaco e che nessuno ai nostri giorni ha mai consultato. Sarebbe molto meglio se facessero parte come fondi particolari di grandi biblioteche come la Regionale o la Comunale di Palermo. Ho perciò forte il timore – e mi dispiacerebbe molto se finisse davvero così – che le carte che oggi vengono donate finiscano imbalsamate dentro gli armadi, come i reperti archeologici dentro le teche e le vetrine. Da mostrare al pubblico visitatore, ma non da toccare, sfogliare, consultare. E invece i documenti e i libri sono utili solo se sono resi consultabili.

E allora, fermo restando che per la collocazione del materiale non possa esserci a Castelbuono posto più degno del castello, che è l’emblema del paese stesso, forse sarebbe molto più funzionale creare per i libri una sezione apposita presso la Biblioteca comunale e un’altra per le carte e i documenti presso l’Archivio storico del comune, annesso alla stessa biblioteca, affidando ai bibliotecari il compito di accudire gli studiosi durante la consultazione. Certo, la Badia è un luogo molto meno prestigioso del castello, ma l’aggregazione in un unico polo dei diversi servizi renderebbe molto più facile il lavoro degli studiosi e degli stessi addetti al loro controllo. Pensiamoci bene.

Orazio Cancila

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