Abbazia Santa Anastasia. Enoturismo responsabile nelle Madonie. Gambero Rosso intervista Paolo Riccobono

Abbazia Santa Anastasia. Enoturismo responsabile nelle Madonie. Gambero Rosso intervista Paolo Riccobono

[Fonte: www.gamberorosso.it – di Liliana Rosano]

Non finisce mai di stupirti la Sicilia. Se la esplori con l’immaginazione e la curiosità di chi ama perdersi in percorsi fuori dalle principali rotte, ti riserva momenti unici. È la Sicilia che esce da una cartolina ed entra in un immaginario dove tradizione e modernità si incontrano in un progetto ambizioso, che inizia laddove iniziano il coraggio e la voglia di di cambiare.
Immerso in un parco di 450 ettari nel cuore delle Madonie, sulle colline che dominano Cefalù e guardano con riverenza il maniero di Castelbuono, borgo medievale di rara bellezza, l’Abbazia Santa Anastasia, è un relais che nasce dalla capacità di osare, pensandosi meta di turismo enogastronomico, cantina biodinamica, sintesi di arte e cultura.

 

Tutto inizia da Ruggero d’Altavilla nel XII secolo, che ha fondato l’Abbazia, retta prima dai monaci Teatini e poi dai Benedettini. Già allora, la sapienza dei monaci produceva un vino richiesto nelle più importanti mense baronali e vescovili di Sicilia. E non poteva essere diversamente, visto che l’Abbazia sorge in un territorio protetto da madre natura: esposizione e influenza del mare a nord, altitudine compresa tra i 200 e 500 metri sul livello del mare, la benefica escursione termica tra il giorno e la notte.
Nel 1982, inizia il progetto di riconversione di questo luogo in una elegante dimora di 29 camere, due ristoranti, un maneggio, una piscina che si affaccia sui 450 ettari dove vengono coltivati solo prodotti biologici che sono diventanti la materia prima dei due ristoranti: Corte dell’Abate, e Passioni&Tentazioni, capitanati dallo chef Antonio Bonadonna. La sua è una cucina con una forte identità madonita riletta in chiave personale attraverso un gioco equilibrato di spezie che aggiungono un fascino global ed esotico a piatti squisitamente siciliani. Come definirla? “Cucina siciliana della mamma”, dice lui, che conserva ancora gelosamente le ricette in un vecchio libro. La cucina e l’ospitalità sono il complemento della vigna e della cantina: la carta vincente è la decisione di produrre solo vino biologico e biodinamico. Oggi, dei 450 ettari, 69 vengono destinati alla coltivazione delle uve.

 

Nascono così i vini dell’Abbazia Santa Anastasia, frutto dell’unione tra vitigni autoctoni (come il Grillo e per i rossi soprattutto il Nero d’Avola) e vitigni internazionali (come il Cabernet Sauvignon, il Merlot, il Sauvignon Blanc e lo Chardonnay) che guadagnano in tipicità dall’incontro con il microclima e le caratteristiche del territorio in cui crescono. È un anfiteatro naturale, quello che ospita le vigne, in cui il rispetto per l’ambiente diventa una regola imprescindibile che ha portato nel 2003 alla scelta di conversione al biologico e nel 2005 all’adozione del metodo biodinamico oltre che, due anni più tardi, all’installazione di un impianto fotovoltaico in grado di soddisfare il fabbisogno energetico della cantina e del relais.

 

Paolo Riccobbono, coordinatore dell’azienda, ha abbracciato in toto il progetto dell’Abbazia di diventare la prima cantina biologica e biodinamica in Sicilia. Lo abbiamo incontrato in una giornata di fine agosto, nei giorni di inizio vendemmia tra il profumo dell’uva Grecanico e la vista, in lontananza delle isole Eolie da lontano. Insieme a lui, Giuseppe Prisinzano responsabile produzione

 

Cosa ha significato per voi la scelta del biologico e del biodinamico?
Siamo in regime biologico da 11 anni, poco dopo siamo entrati nel biodinamico.Fino alla vendemmia 2011 l’Unione Europeariconosceva solo il Vinop rodotto da uve biologiche a cui era possibile aggiungere degli additivi in cantina previsti dal protocollo e non il Vino Biologico, dicitura riconosciuta a partire dalla vendemmia 2012, quindi ammessa in etichetta. Ma per quanto riguarda la produzione in cantina non è cambiato molto: è sempre possibile utilizzare gli additivi consentiti dal disciplinare europeo per la produzione di vini biologici. La nostra scelta, nel 2005, di applicare ai nostri prodotti, sia uve che vino, il metodo biodinamico nasce dalla convinzione che si possa produrre un vino naturale di alta qualità senza l’ausilio di prodotti diversi dall’uva, tranne piccole aggiunte di metabisolfito di potassio. Seguendo i postulati di Rudolf Steiner secondo il quale le viti crescono eproducono senza l’ausilio dei prodotti chimici.

 

Quindi come procedete?
L’uva da agricoltura biodinamica viene raccolta a mano all’aurora, quando la temperatura è più bassa. I grappoli vengono diraspati e gli acini di uvabianca vengono fatti macerare fino a24 ore in serbatoi di cemento a bassa temperatura. Dopo la pressatura, il mosto fermenterà per effetto dei propri lieviti senza l’ausilio dei lieviti selezionati, enzimi e chiarificanti. Il controllo della temperature di fermentazione avviene senza liquidi refrigeranti ma mediante rimontaggiall’aria e delestage. A differenza della produzione biologica e convenzionale, quella biodinamica utilizza in tutte le fasi di produzione,vinificazione, affinamento e maturazioneserbatoi in legno,cementoo terracotta,e non in acciaio. La differenza dal punto di vista organolettico potrebbe sfuggire al consumatore distratto ma quellopiùattento si accorge subito che si tratta di un vino piacevolee di grande morbidezza, determinata dalla vinificazione con lieviti indigeni, un buon grado di longevità ma con una grande digeribilità e naturalezza.

 

Oggi il settore del biodinamico in Italia sta crescendo ma siamo ancora lontani da certi esempi europei. Cosa manca all’Italia per fare il grande salto nella biodinamica?
Bisogna dire che in Italia così come nel Nord Europa e nel resto del mondo il biodinamico rimane un settore di nicchia, sia nella produzione che nel consumo. Quella del biologico e biodinamico è stata per molti una moda che ha portato a un certo scetticismo nel mercato perché alcuni produttori hanno commercializzato prodottibiologici che presentavano difetti di vario tipo e che hanno screditato tutta la categoria dei vini biologici e biodinamici.

 

Solo questo?
C’è anche un problema di comunicazione e marketing su cui si deve lavorare. Quando un’azienda passa al biologico è come se rinnegasse le scelte diverse (opposte in qualche caso) fatte in passato. Poi diciamolo chiaramente: i vini biologici e biodinamici danno fastidio all’industria enologica: dire che si può ottenere un gran vino senza l’uso della chimica è come dire alle case farmaceutiche che si può curare il raffreddore senza l’aspirina. Il trend però è in crescita.

 

Il successo dei vostri vini è legato anche alla tipicità del territorio, le Madonie.
Credo proprio di sì, siamo fortunati a vivere in questo territorio, la nostra azienda di 450 in agro diCastelbuono si trova all’interno del Parco delle Madonieche occupa una superficie di 40.000ettari. Quinon ci sono fonti di inquinamentoagricolo o industriale. Ci troviamo in un territorio collinare caratterizzato dalle forti escursioni termiche, con un clima ventilato dovuto all’esposizioneverso nord con una splendida vista sul mar Tirreno. Il nostro sistema produttivo dona ai nostri vini caratteristiche uniche, tipiche del territorio che li ha prodotti.Se volessimo dare un’impronta di banana al nostro chardonnay basterebbe utilizzare i lieviti in busta. Noi, invece, utilizziamo solo i lieviti in buccia protetti in agricoltura grazie a un sistema agricolo etico e rispettoso dell’ambiente. Il nostro ragionamento non è sulla quantità ma sulla qualità, lavoriamo il vino in vigna, non facciamo variazioni in cantina: il vino nasce dalla vigna con la stessacura e lo stesso amore con cui si cresce un figlio.

 

L’Abbazia Santa Anastasia è anche un relais cinque stelle che porta avanti una certa idea di turismo enogastronomico e si inserisce perfettamente nel territorio.
Siamo molto contenti di poter offrire all’enoturista tutti i servizi tipici di una struttura ricettivacompleta: 29 camere, 2 ristoranti,piscina,scuola di cucina, corsi di degustazione, escursioni, visite guidate, conference room, e altro ancora. Con I nostri due ristoranti, gestiti dall’executive chef Antonio Bonadonna, portiamo avanti l’idea del cibo a km zero perché utilizziamo prodotti vegetali e animali che vengono dalle nostre coltivazioni biologiche e da allevamenti responsabili, l’ospite può partecipare alla vendemmia evolendo può raccogliere i prodotti della terra e chiedere allochefditrasformarli insquisite pietanze.

 

Secondo gli ultimi dati Nomisma, la Sicilia nel primo trimestre 2014/2013 segna un -0,8% nell’export del vino, il vino più esportato resta il Marsala.
Il calo dell’esportazione è dovuto alla crisi generica mondiale, e alla forza dell’euro rispetto al dollaro. È un discorso di crisi economica. Nella nostra produzione, l’export pesa per il 50% in paesi come 50 Germania, Svizzera, Austria, Belgio, Russia, America, Canada. Stiamo lavorando per far crescere la nostra presenza nel mercato cinese consapevoli che si tratta di un mercato complesso e che il nostro vino può intercettare solo una categoria di consumatori più attenta e sensibile ad un certo tipo di qualità.

 

Producete anche rosati: secondo voi perché ancora non decollano completamente?
Stanno ritornando nelle tavole e noi abbiamo ripreso la produzione da un biennio. È un vino facile da abbinare ma difficile da capire perché per noi italiani è stato sempre un vino di serie B, un bianco-rosso di bassa qualità. E il consumatore è ancora scettico. Il nostro rosato è un chiaretto natoda una macerazione brevedelle uve rosseper estrarre il colore e i profumi dalla buccia ottenendo un vino fruttato e piacevole dal basso contenuto tannico.

 

Nel mercato del vino a dominare è ancora la Francia?
I francesi oltre ad avere grandi vini hanno ottime strategie commerciali e di vendita che puntano molto anche sulla differenziazione delle annate. Hanno unito ilnome Francia al vino trasformandolo in un brand che rappresenta nel mondo la nazione.I primi ragionamenti sulla conservazione del vino sono stati fatti in Germania nel XV sec., in Francia nel XVIII sec. e successivamente in Italia, da questo si può comprendere come la commercializzazione dei prodotti sia partita prima in questi paesi già attenti alla conservazione del vino. Noi italiani siamo stati dei pionieri se pensiamo alle epoche antiche, quella dei greci nel Sud Italia e dei romani e anche in Sicilia, e con il Marsala abbiamo iniziato a commerciare il vino per primi. La Sicilia ha sempre prodotto vino per tutta l’Italia ma mai abbiamo iniziato la produzione e la promozione dei nostri vini come negli ultimi dieci anni. Le cose stanno migliorando ma siamo indietro rispetto alla Francia.

 

Che annata sarà questa del 2014 e quali sono le novità dell’Abbazia?
La novità che ci riguarda è che dalla vendemmia 2014 saremo certificati anche dalla Demeter, unico ente di certificazione di vini biodinamici. Abbiamo iniziato il passito di uve grecanico nel 2011 in biodinamica con una micro vinificazione. Un prodotto molto particolare. Quest’anno sarà un’annatadi bassa resa. Quello che abbiamo guadagnato lo scorso anno lo perdiamo in questo.

 

Tra dieci anni come ti immagini l’Abbazia?
L’obiettivo è di arrivare al 100%di produzione in biodinamica. Così si ridurrà forse la produzione ma noi vogliamo comunicare al consumatore la nostra scelta: qui si produce un vino sano, davvero. Quando si dice che un bicchiere di vino rosso fa bene si generalizza un po’ troppo.

 

Fonte: www.gamberorosso.it – di Liliana Rosano

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