CAPACI DI RICORDARE. 31 anni di Memoria per Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani e le vittime di tutte le mafie

(Riceviamo e pubblichiamo) – Dell’Attentatuni che il 23 maggio 1992 sventrò la storia politica italiana si è detto tanto, anche se la Verità rimarrà tra le pieghe segrete del tempo. Le sentenze di morte, seppur definitive, non sono mai condanne di estraneità al mondo se si fa appello al valore del ricordo che così diventa storia.

Non fu solo un’aggressione di mafia ma l’occupazione terroristica di una infrastruttura pubblica – l’autostrada che collega Palermo con l’aeroporto di Punta Raisi – col controllo del relativo traffico di mezzi e persone, un atto di guerra calcolato che aveva messo in conto non solo il tritolo necessario per una grande esplosione ma anche le conseguenze collaterali. Potevano esserci vittime civili oltre a Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli agenti di scorta.

Si dice che sia il tempo delle Donne e del loro ruolo politico nella Storia ma dalla polvere sollevata dalla deflagrazione della strage di Capaci, in questo primo trentennio, ha fatto fatica ad ergersi nella sua reale grandezza la figura di Francesca Morvillo. Ha subito il peso della tragedia umana e politica che ha travolto il suo destino e quello dell’Italia intera ma il suo ruolo, a latere della indiscutibile e incommensurabile grandezza di Giovanni Falcone e della straordinaria abnegazione degli uomini della loro scorta, è stato determinante. Nella narrazione pubblica dell’evento ha pesato per troppo tempo la sua condizione di “moglie”, sempre discreta e sorridente nelle rare fotografie pubbliche con Giovanni Falcone.

Francesca Morvillo non è solo l’unico nome femminile sulla stele di Capaci, è stata e resta una Donna dal grande valore personale e professionale, figlia della Sicilia e dello Stato che ha servito come magistrata, impegnata sul piano sociale e culturale oltre che giurisdizionale, per contrastare la criminalità soprattutto minorile, convinta che solo la formazione e le pene rieducative potessero salvare i giovani dalla strada e dalla mafia. Scelse di stare accanto a Giovanni Falcone oltre la normale misura dell’amore, oltre la buona e la cattiva sorte, gli impegni, i rischi, i sacrifici, le soddisfazioni, la maturata e sofferta scelta di non mettere al mondo “orfani”. Prima che un legame romantico li univa una profonda sintesi intellettuale fondata sul rispetto. Camminavano accanto e si sostenevano mentalmente, oltre la vita fino al comune destino di morte, condivisero intelligenza, sensibilità e visione, insieme hanno respirato e vissuto fino in fondo le ataviche, plurali ed eterne contraddizioni della Sicilia.

Oltre un volto gentile, un sorriso schietto e una encomiabile capacità di ascolto c’era il suo lavoro compiuto con straordinaria e brillante passione. Le motivazioni ragionate delle decisioni assunte nei processi gestiti da Francesca Morvillo sono patrimonio culturale e giuridico dello Stato Italiano e tutte ruotano sull’acclarato principio che i diritti inviolabili della persona sono il presupposto logico e l’antecedente storico di qualunque legge. Non era facile negli anni in cui, con orgoglio, esercitò la funzione giurisdizionale praticare e concretizzare il principio della risocializzazione del condannato, investire sulle misure alternative alla detenzione per contrastare la recidiva e conciliare le esigenze punitive con l’importanza di concedere opportunità di ravvedimento ai minori.

Il suo stile, le sue parole, il suo garbo, lo straordinario senso della misura, il suo lucido e indefesso impegno, le sue doti giuridiche e umane di altissimo valore devono essere un modello per tutti i giovani che così tanto ha amato e per tutti quei magistrati e soprattutto quelle magistrate – che oggi sono la spina dorsale dell’ordine giudiziario – chiamati ogni giorno ad assolvere con rigore, impegno, professionalità e umanità l’altissimo compito di essere servitori del popolo italiano nel cui nome amministrare quella Giustizia che ogni cittadino attende e merita. E anche la politica avrebbe tanto da imparare da questo esempio, non solo nella Giornata della Legalità.

Castelbuono, 23 maggio 2023

La Coordinatrice, Luciana Cusimano

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