CARNEVALE 1983: LE DIAPOSITIVE (RI)PIOMBANO SULLA SCENA – APPUNTI PER UNA STORIA DELLA MASCHERA

(Di Massimo Genchi) – La Seconda Repubblica – a parte gli imprenditori, i finanzieri e i nullafacenti – ha imprestato diversi comici alla politica. Il Sistema Paese, per non essere da meno, ci ha regalato diversi “politici” imprestati alla comicità. La peculiarità di cotanta avanguardia consiste nel fatto che quando si esibiscono da politici fanno ridere e quando pensano di fare i comici fanno piangere. Non è da tutti, bisogna riconoscerlo. Anche quando si cimentano in questioni inerenti alla storia della maschera di carnevale.

Ora, per evitare che anche questo nostro secolare patrimonio, così come sta succedendo per diverse altre cose in questo paese, diventi ginepraio e terra di nessuno, cominciamo a fissare alcune pietre di confine, anzi alcune pietre miliari, nomi e cognomi, meriti e riconoscimenti, cominciamo a dare a ciascuno il suo, mettendo su carta spunti e appunti, per l’appunto, da servire alla storia della maschera, della satira.

Ovviamente non sarà una impresa semplice, né immediata. Pur nascendo in concomitanza con il carnevale, non si esaurirà con esso, non si può esaurire in breve tempo. Saranno necessarie ricerche, occorrerà rintracciare fonti – molto spesso orali –, contattare persone informate dei fatti, insomma tanto lavoro ma bisogna pur cominciare per realizzare questo tanto rincorso progetto.

Si tenga presente che non sarà facile rendere fruibile un testo o un frammento di tanti anni fa. La satira, com’è noto, è quanto di più effimero si possa immaginare, morendo subito dopo essere stata rappresentata. Tutti sanno che un testo vecchio, anche di un solo anno, non si apprezza e non si gode come uno appena scritto. Anche per questa ragione, il senso di questa operazione non risiede tanto nel conservare un copione o un insieme di battute, di canzoni, quanto nel salvare la struttura di una data rappresentazione. Quindi non tanto cosa si è detto ma come è stato detto. Attraverso quali forme espressive e rappresentative. Ciò posto, il fine è soprattutto quello di restituire alla memoria gli itinerari lungo cui questo spettacolo di carnevale si è evoluto nel corso della sua storia.

Oggi, vengono riproposti due sketch del Gruppo 2001 rappresentati esattamente quarant’anni fa, il 15 febbraio 1983, martedì grasso, ed estrapolati dalla maschera ARRIVEDERCI A FORSE MAI, certamente non la migliore del loro repertorio ma senza dubbio significativa per l’uso appropriato di diapositive, grazie alle quali si è riusciti a fornire più informazioni e sensazioni allo spettatore.

In quegli anni il Gruppo 2001 aveva preso a innovare la maschera introducendo, a corredo del testo, vari contenuti iconografici: nel 1979 le gigantografie di personaggi pubblici, l’anno seguente le diapositive, nel 1981 le animazioni filmate e nel 1983 si volle ripetere l’esperienza delle diapositive stavolta in modo che la successione delle proiezioni seguisse esattamente il contenuto del testo e della musica.

I due pezzi che qui potete rivedere e riascoltare sono stati ottenuti da Peppe Cucco, che qui ringrazio, montando le diapositive sull’audio, visto che i primi video sonori fecero la loro comparsa nel 1985. Non sono pezzi politici ma riprendono fatti realmente accaduti nell’appena trascorso 1982. In quell’anno I fratelli Naselli rilevarono il Cin Cin Bar e, a parte l’inevitabile tocco di novità, conferirono una certa effervescenza al palcoscenico della pubblica piazza, sia d’inverno con l’accogliente saletta rifornita di frappè e dolcini e tè bollente, sia d’estate con i tavoli posti lungo il versante ovest della fontana sui quali facevano bella mostra gelati di ogni gusto, la pesca melba e la coppa degli innamorati.

Sul lato opposto dâ chiazza nnintra l’Extra Bar, da anni una vera istituzione in ordine al servizio ai tavoli, alla produzione di gelati, da quel momento opportunamente decorati con ombrellini e altri ninnoli, nello stesso periodo importava il profiterole, una prelibatezza di grande successo, confezionato con un elegante contenitore vilipeso dal Gruppo 2001 con il turpe appellativo di bbaullu.

Da questa atmosfera di sana concorrenza prese spunto lo sketch a cui, animati dal più puro spirito castelbuonese, parteciparono volentieri Vincenzo e Rosario Naselli da un lato e un giovanissimo Fausto Fiasconaro dall’altro, i quali mimando il senso del messaggio cercavano, a più riprese, di invogliare i numerosi frequentatori della piazza di allora e preferire il loro bar a quello dirimpetto.

L’altro sketch, anch’esso relativo a un fatto realmente accaduto, fa riferimento a una questione di  lesa maestà, cose di conseguenze insomma, in quanto nella piazza c’era stato e c’era uno e un solo fruttivendolo, Antonio Venturella, e, poco più in là, una salsamenteria, un pizzicagnolo, che non è una parolaccia, ma sarebbe come dire un salumiere, anche se fra gli assortiti articoli posti in vendita non c’erano solo salumi. Il bottegaio, ma – attenzione – oggi si dovrebbe dire l’imprenditore giacché tutti i bottegai sono diventati imprenditori, si chiamava Micu Nantista, anche se il suo cognome non era Antista ma Gugliuzza, cose strane derivanti da questioni di antroponimia popolare, ma lasciamo perdere. Accadde che Micu un giorno, unilateralmente, ppî fatticìeddri sua,decise di allargare l’orizzonte delle merci in vendita ai prodotti ortofrutticoli in un periodo in cui forzare anche solo un po’ le prescrizioni imposte dalla licenza commerciale era ritenuto poco ortodosso. La novità, com’era facilmente pronosticabile, fece alquanto adombrare Antonio anche se, per questo, non c’era da mettere u Signuri dispostu. Quello che avvenne nella piazza “non posso dirvelo per intero ma lo spettacolo fu avvincente e la suspense ci fu davvero”. Rivisitata con gli occhi e con la lingua della satira, la cosa non finì lì e l’onta si dovette lavare col sangue. Antonio lanciò il guanto a Micu che lo raccolse e in breve finì in un duello, ovviamente dietro il Castello, luogo storicamente consacrato ai regolamenti di conti.

Si capisce che, diversamente dal caso dei due bar, nessuno ebbe l’intraprendenza né il coraggio di chiedere a Micu, men che meno ad Antonio, di prestarsi a farsi riprendere dall’occhio fotografico durante le fasi concitate della colluttazione: iddru ca u pitrisinu era bbìeddru… Si fece ricorso, pertanto, alle controfigure. Il duello avvenne non con spade né con sciabole e neppure col fioretto ma a colpi di salami e cucuzzi, i ferri dei loro rispettivi mestieri, anche per rendere più buffa l’atmosfera del duello.

I due sketch qui proposti, a distanza di quarant’anni, non sembrano avere perso granché della loro originaria incisività proprio per l’uso di contenuti multimediali che hanno finito col costituire il BRANDY della satira del Gruppo 2001.

A questo punto non resta che augurarvi buona visione, buon divertimento e anticiparvi che i prossimi materiali per la storia della satira riguarderanno una maschera epocale, TABARè ’73, messa in scena da I FIGLI DI NESSUNO, che determinò un cambiamento irreversibile nella struttura della maschera sia dal punto di vista dei testi che della concezione scenica. A presto.

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