Castelbuono – la grande Bellezza. Una riflessione di Padre Paolo Fiasconaro

Durante i giorni del lockdown ho voluto approfondire e visionare per lungo e per largo le tante bellezze del mio paese, attraverso i social e mi sono reso conto che veramente il mio paese può essere annoverato tra quei Borghi che hanno qualcosa da raccontare. Si tratta di una “bellezza” non solo grande, ma capace di stupire per il suo fascino e per il suo patrimonio artistico e monumentale che affascina il visitatore e gli stessi abitanti che lo vivono ogni giorno.  Ho letto e ho visto immagini spettacolari attraverso droni, macchine da presa e quant’altro mette in luce l’incantevole borgo costruito dai nostri padri. Un patrimonio enorme che va salvaguardato da certe brutture che offuscano la “grande bellezza” del mio paese.

Partendo dalla descrizione di questa sinfonia di meraviglie artistiche e monumentale, cioè del gioiello dei gioielli il Castello dei Ventimiglia e della sua area castellana, mi imbatto nella immensa nota stonata quale è l’assetto urbanistico di quell’area.

È questo l’argomento che tormenta la storia della “grande bellezza” e la sorte di quel vecchio teatro … e mi vien da dire: quannu u sceccu un voli viviri, è inutili friscari!

Il saggio detto antico si addice bene al “paese degli asinelli” per una vicenda che vede contrapposti i fautori del “pensiero unico e dintorni” e chi ha il potere di spingere i bottoni.

Ma quale sarà il finale di questa storia?

Tutti sono in grado di fischiare, ma l’asino, cioè gli 8 mila castelbuonesi (tranne una piccola schiera) sono costretti a sentirne solo i fischi…

Si dice che “tra i due litiganti il terzo gode”.  Ma nel nostro caso il terzo non gode affatto, anzi è perdente.

A parte le battute… ho letto recentemente l’interessante excursus storico del prof. Orazio Cancila, con la sua analisi dettagliata sul vecchio teatro “Le Fontanelle”, che non è stato un teatrino di corte, ma un teatro cittadino costruito nei secoli scorsi con i canoni dei teatri comunali, con tre ordini di palchi e una capienza di 280 posti.  Naturalmente con una altezza abbastanza elevata che ostacola notevolmente la visuale del vecchio maniero.  Il prof. Cancila conclude (da storico) che “il paese merita il suo teatro”. Ma non si pronuncia se ricostruirlo in quel sito, a pochi metri dal Castello… o altrove. Sarebbe stato opportuno un suo autorevole pronunciamento. Sappiamo bene che la storia è maestra della vita, ma sappiamo pure che la storia cammina con noi e con le mutate sensibilità artistiche di tutela del patrimonio monumentale da salvaguardare dagli scempi del passato (in buona fede e in tempi diversi).

Ho seguito anche nei mesi scorsi le numerose iniziative del “pensiero unico”, che ha coinvolto una schiera di operatori culturali (alcuni dei quali altamente professionali) i quali giustamente reclamano un teatro e oggi sono una ricchezza e danno prestigio al nostro paese. Mi chiedo: come mai abbiamo una tale ricchezza di operatori culturali, pur avendo avuto il teatro chiuso da 36 anni? La risposta è chiara: anche senza il teatro Le Fontanelle, il paese è cresciuto culturalmente e ne è prova questa fioritura di ottimi artisti che dimostrano un DNA radicato nel tessuto sociale del paese e tramandato dai nostri padri.

Ritornando alla richiesta a tutti i costi di un teatro da ricostruire in piazza Castello, mi rivolgerei graziosamente all’ideologo del “pensiero unico” di frequentare un corso di studio sulla tutela ambientale, paesaggistica e architettonica di un borgo, oppure farsi una passeggiata a Matera, Assisi, Pisa, Siena e centinaia di borghi antichi, per capire che nelle zone rosse di altissimo rispetto non si ristrutturano, ma si abbattono vecchi edifici, che pur avendo avuto una storia positiva nel passato, oggi sono ingombri esteticamente inutili.

Ho scritto diverse volte che non ho niente contro il “pensiero unico” nel volere un teatro a Castelbuono… anzi mi iscrivo anche io. Ma realizzarlo lì, in quel sito, ai piedi del nostro meraviglioso Castello, è sbagliato e fuori ogni logica architettonica: TEATRO SI’… MA NON LI’. Inoltre nelle mie riflessioni fatte fino a oggi, non ho letto un argomento che confuta le mie motivazioni sulla salvaguardia e valorizzazione di quel sito nè da parte delle Amministrazioni locali, nè dalla “intellighenzia” del paese.

Recentemente ho visto un filmato della Omar Verderame (vedi link: https://youtu.be/kqOsvOhYxs8) e mi sono vergognato nel vedere all’inizio e alla fine del filmato quello sconcio di manufatto che umilia e deturpa il monumentale Castello e la sacralità di quella piazza che andrebbe valorizzata. Ho scritto che quel teatro con i suoi gloriosi passati, era un punto di riferimento per il paese e (ricordo da bambino) il Castello era un deposito di formaggi, magazzino del Comune e solo per la festa di Sant’Anna vedeva il suo lustro. Oggi purtroppo non è così… il turismo, volano di crescita culturale ed economica, ha canoni diversi e continuare ancora negli errori del passato, non è cultura con la C maiuscola ma chiusura mentale.

Mi chiedo ancora se la cultura con la C maiuscola è riposta solo nel volere un teatro, oppure è dentro un concetto più alto che ingloba il teatro e le varie espressioni artistiche e soprattutto l’identità culturale di un paese che in quel luogo ne vede realizzata la cultura con la C maiuscola.

Capisco bene che vi è un finanziamento in corso (speriamo bene) e quindi il mio ragionamento finisce qui… ma chissà se con una variante si potrebbe cambiare il tutto, scavando in profondità e abbattendo le elevazioni che hanno ostacolato sempre la visuale del castello? Miracolo degli architetti e accesso ai nuovi finanziamenti europei, potrebbe accontentare tutti  e soprattutto i ben pensanti del “pensiero unico”.

Mi dispiace se sono tornato a ribadire le mie idee e se questa lettera renderà qualche malumore per tante realtà del paese, ne chiedo scusa.

Pur vivendo fuori Castelbuono, sono convinto delle mie idee e continuo a credere e sognare la “grande bellezza” del mio paese.

Roma, 28 agosto 2020

P. Paolo Fiasconaro

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