Estate del 1943, quando gli americani entrarono a Castelbuono – Un aneddoto tragi-comico

di Antonio Di Garbo

Ricollegandomi a quanto qualche giorno fa, scritto da Vincenzino Carollo in merito all’entrata degli americani a Castelbuono durante l’estate del 1943, (la foto ritrae l’ingresso degli stessi soldati a Pollina) mi piace raccontarvi un aneddoto tragi-comico, che ha avuto come protagonista inconsapevole mio papà, e che a parte lo sfondo doloroso del contesto in cui si è verificato, avrebbe potuto avere conseguenze ancora più nefaste.

Dunque, si era alla fine di luglio del 1943, dopo che le nostre popolazioni avevano subito e stavano ancora subendo anni di povertà, di stenti e di fame.

Il 24 giugno di quell’anno, dopo una lunga malattia, veniva a mancare mio nonno paterno, lasciando la moglie e quattro figli di cui il grande era mio papà di appena 11 anni, nella più completa disperazione.

Pochi giorni dopo quell’evento luttuoso, a Castelbuono si vivevano momenti di esaltazione in quanto facevano il loro ingresso in paese i soldati americani, a lungo attesi dalla popolazione come liberatori.

Lungo i bordi delle strade del paese era schierata una infinità di gente che manifestava la propria gioia ed il proprio benvenuto ai liberatori. In mezzo a tanti ragazzi festanti, con l’espressione dimessa di chi aveva subito un grave lutto e già cominciava ad intuirne le conseguenze, mio padre, in camicia nera, che mia nonna a costo di chissà quali sacrifici era riuscita a procurargli.

Frattanto il grosso delle truppe era già sfilato, quando è arrivato il turno degli ufficiali americani, questi notando quel giovane in camicia nera e dall’aria triste (a parere loro per la caduta del fascismo) lo hanno immediatamante “preso” caricato su un camion per deportarlo chissà dove.

Quindi è cominciato l’interrogatorio da parte dei soldati i quali accusavano mio padre di essere fascista. Mio papà, non capendo nulla di quello che gli veniva detto e non sapendo parlare nessun’altra lingua se non il siciliano, (figuriamoci l’americano!) è riuscito ad intuire di cosa era accusato e gli rispondeva : “Quali fascista? Havi di quannu nasciu ca ssì disgrazziati mi tieninu dijunu!”

La cosa continuò per qualche ora, fino a quando un nostro compaesano che conosceva la lingua inglese e che quindi era in grado di farsi intendere non intervenne per spiegare la situazione ed il perché di quella camicia nera.

A quel punto la vicenda cominciò a cambiare aspetto al punto che gli stessi americani, intanto rifocillarono mio papà con ogni ben di Dio di cibarie e vettovaglie e poi, notando che sulla coscia sinistra aveva un’infezione che chissà da quanto tempo si portava dietro, gli applicarono una pomata di cui allora non si conosceva l’esistenza (era la penicillina) curandogli la ferita e di cui ancora oggi mio papà se ne porta dietro la cicatrice.

A ricordo dell’entrata degli americani e per dirla con parole sue ” d’ì tiempi d’ù pitittu” che chiaramente non ricorda con particolare affetto, spesso rievoca ripetendo un ritornello cantato in un’edizione successiva del carnevale castelbuonese, in una satira in occasione della nascita del M.S.I.- La strofa, con il motivo di “valencia” faceva pressappoco così ” Fiamma…….ti ricuordi chi passammu quannu fù di ddrà born’arma?” (riferito a Mussolini)

 

Nota dell’autore del post:

Sarebbe bello ed interessante  se si aggiungessero a questa storia altre testimonianze simili, così da ricostruire un pezzo della nostra comunità in  quel drammatico periodo storico.

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