La battaglia dell’olio di Crastu

Pubblichiamo di seguito l’interessante articolo tratto da lavocedinewyork.com a firma di C. Alessandro Mauceri sugli sforzi intrapresi delle comunità siciliane per salvare le tipicità locali.
In particolare, la produzione e la valorizzazione dell’ulivo della varietà “Crastu” potrebbe dare favorevoli ricadute economiche sull’intero territorio madonita.
La battaglia dell’olio di Crastu.
Le politiche comunitarie e gli sforzi delle comunità siciliane per salvare le tipicità locali.
I prodotti locali sono una risorsa economica, ma rischiano di scomparire. Se n’è parlato in un convegno dedicato all’olio di Crastu, una delle tipicità siciliane messe a rischio da politiche comunitare che invece di proteggere i paesi membri aprono a prodotti di dubbia provenienza.
Tra gli effetti della mondializzazione il peggiore è certamente la perdita delle individualità legate al territorio. Prime fra tutte quelle legate alle risorse agroalimentari che, per secoli, hanno fatto di alcune aree dei paradisi. Un problema che riguarda la maggior parte dei prodotti agroalimentari siciliani. Come alcune specie di pesci che vivono solo nello stretto di Messina, alcune carni, e la maggior parte dei prodotti agricoli, le tipicità locali sono tante: dal pistacchio di Bronte al pomodoro di Pachino, dagli agrumi ad alcune specie di legumi, dai capperi di Pantelleria al grano (ci fu un tempo in cui la Sicilia era il granaio d’Italia, ora importiamo cereali da paesi extra UE), fino all’olio di Crastu di San Mauro Castelverde e comuni limitrofi.
Tutti prodotti che fino a qualche secolo fa erano alimenti “speciali”, che avevano qualcosa di unico e che costituivano una risorsa ineguagliabile per il territorio proprio per via della loro specificità. Ma che oggi, un po’ a causa della crisi un po’ a causa delle pressioni da parte delle multinazionali e dei centri della GDO (la Grande Distribuzione Organizzata, ovvero i supermercati) e un po’ a causa di politiche incapaci di valorizzare il territorio, rischiano di scomparire per sempre dalle tavole e dalla memoria.
Di una di queste tipicità, l’ulivo della Crastu e dell’importanza che potrebbero avere la sua produzione e la valorizzazione del cultivar, si è parlato in un convegno svoltosi nei giorni scorsi a San Mauro Castelverde. Come hanno ricordato Girolamo Cusimano, Tiziano Caruso e Rosario Schicchi, dell’Università di Palermo, in Sicilia, esistono ben 150 varietà differenti di ulivi. Ciascuna con tipicità e unicità che non si trovano in nessuna altra parte del mondo. E, ovviamente, ad ognuna di queste varietà corrisponde una diversa tipologia di olio e, quindi, un suo utilizzo e un suo mercato. Una ricchezza e un patrimonio naturale, culturale ed economico enorme: basti pensare che in Spagna, uno dei maggiori produttori di olio d’oliva che si affaccia sul mar Mediterraneo, le varietà di ulivo sono solo sette.
Eppure, spesso, di olio di Crastu sul mercato è praticamente impossibile trovarlo. Solo grazie alla tenacia e alla lungimiranza di alcuni imprenditori, qualche bottiglia fa capolino sugli scaffali di pochi negozi e sono quasi sempre destinate a mercati di nicchia (all’estero, negli USA o in Giappone, dove vengono venduti a peso d’oro, anche più di cinquanta euro al litro).
Per questo è stato lanciato l’allarme sulla perdita delle biodiversità autoctone della Sicilia e del Mediterraneo. E a farlo non sono stati solo i professori universitari che hanno preso parte al convegno dei giorni scorsi. I primi a ribadire l’importanza della valorizzazione delle tipicità locali sono stati i sindaci di diversi comuni siciliani: il sindaco di Pollina, Magda Culotta, il sindaco di Castelbuono, Antonio Tumminello, il sindaco di Tusa, Angelo Tudisca, il sindaco di Geraci Siculo, Bartolo Vienna, e, soprattutto, il sindaco del comune di San Mauro Castelverde, Giuseppe Minutilla, organizzatore dell’evento. Sono stati loro a ribadire l’importanza di questa biodiversità e a reclamare l’intervento dei governi regionale e nazionale per favorire e potenziare la filiera per la valorizzazione di tutto l’indotto.
Non solo la coltivazione, quindi, ma anche lo studio delle caratteristiche di specificità e unicità, la produzione, la trasformazione e la commercializzazione di prodotti unici.
Leggi l’articolo completo su www.lavocedinewyork.com – di C. Alessandro Mauceri
Ma magari qualcuno dei presenti dovrebbero chiedere al proprio partito perché non vogliono salvaguardare i nostri prodotti importando quelli esteri (Olio Tunisino, Arance del Marocco etc.)
Se volete saperne di più (soprattutto volete sapere chi sono i complici di tutto ciò) date un occhiata qui:
http://www.beppegrillo.it/movimento/parlamentoeuropeo/2016/03/adesso-tocca-al-gove-1.html
Abbiamo la fortuna di poter vivere in un territorio straordinario,dove i nostri avi ci hanno lasciato delle colture straordinarie,che si sono adattate alla nostra biodiversità col risultati di eccellenza.
Sta a noi e alle future generazione valorizzare tutto quello che madre natura ci ha dato, con entusiasmo ,organizzazione,e correttezza possiamo arrivare molto in alto.
E giusto combattere per la nostra agricoltura e per i prodotti del territorio, ma ormai i nostri amorevoli politici hanno svenduto il nostro territorio ed adesso in prossimità di votazioni politiche si accorgono delle nostre straordinarie colture pensando di fare inutili convegni…