La risposta di Enzo Sottile al sindaco Cicero

Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare.

(Riceviamo e pubblichiamo) – Pur non possedendo l’arte oratoria di Seneca, mi sono spesso ispirato a questa sua frase e da marinaio quale io sono (lo siamo tutti), ho cercato sempre di guardare il fine per individuare il mezzo, il porto sicuro a cui approdare dopo avere scelto la strada da seguire.

Rispondo a mia volta, spero con dote di sintesi, alla risposta del Sindaco Mario Cicero al mio intervento su CastelbuonoLive in merito alla cabina “Russo”. Non pensavo, onestamente, di provocare un dibattito.

La mia è sempre la posizione libera di un cittadino che ama il suo paese. Dunque, se non rischiassi di evocare oratorie imbarazzanti, affermerei senza dubbio che Castelbuono è il paese che amo…

Mi scuso se rispondo solo adesso ma ho letto in ritardo il contributo del Sindaco e, non essendo un giornaliero lettore di blog e non facendo parte della grande famiglia di Facebook, mi è difficile essere informato immediatamente su quello che succede a Castelbuono. Inoltre, mi piace preservare la lentezza dei tempi della riflessione piuttosto che entrare nel vortice della velocità e dell’immediatezza comunicativa informatica, di pancia più che di testa.

Nel mio intervento ho voluto segnalare quello che qualunque cittadino, come vigilanza attiva, avrebbe potuto fare per tutelare e proteggere il nostro territorio. In generale la nostra memoria storica, delle nostre radici, della nostra cultura antica, sta divenendo sempre più labile, non solo a causa del deperimento neuronale dell’età avanzata, a cui anch’io sento lentamente di approcciarmi, ma perché si è smesso, da tempo ormai, di insegnare ai giovani a leggere il territorio. Il fatto di non tramandare un sapere è parte attiva del processo di cancellazione di quel sapere, è azione demolitrice in partenza.

Pur non conoscendo la proprietà della cabina Russo e gli intendimenti progettuali di questa trasformazione, ho voluto, o meglio mi sono sentito in dovere di accendere una lampadina sulla prassi operativa applicata ai Beni di interesse storico. Non è nel mio stile lanciare accuse infondate, a maggior ragione non conoscendo l’iter burocratico dell’intervento; semmai ho voluto denunciare la responsabilità dei cittadini, amministratori (in primis) e non, nel manifestare indifferenza alla presenza cosciente di quei manufatti storici che languiscono e che rappresentano la nostra identità.

Mi ha fatto piacere percepire, nelle parole del Sindaco, riguardo nel ricordare le cose buone realizzate; con onestà intellettuale ho riconosciuto anche pubblicamente i meriti che si devono a lui ascrivere. Però il rammarico mi rapisce se penso alle cose non fatte, perse per strada, dimenticate, scomparse sotto gli occhi di tutti.

Riguardo l’ex mannite, signor Sindaco, sono sicuro ricorderà il Suo entusiasmo quando Le proposi, da direttore del Museo Civico, di tutelare l’edificio, così come si trovava, degradato ma ancora testimone del suo passato con l’inconfondibile profumo dolciastro di manna di cui erano intrise le pareti e i macchinari,  come simbolo identitario della nostra città (anche e principalmente perché opificio della manna, nostro oro bianco) riempiendolo di cultura alla stregua delle Corderie dell’Arsenale di Venezia, che è uno dei luoghi che ospita la Biennale Internazionale d’Arte. Secondo la mia visione doveva rappresentare nodo forza di sviluppo culturale polifunzionale: spazio alternativo del Museo Civico per artisti contemporanei e non, concerti, eventi culturali di varia natura, anche luogo di incontro e agorà con live club all’interno. Sono certo che il sapore amaro di questa disillusione assale anche Lei.

Bisogna ricordare di essere solidali con tutti coloro che hanno scelto di vivere questo nostro bel paese e fare squadra al di là delle confessioni politiche o partitiche, non dequalificando le cose buone fatte ma facendoli diventare mattoni su cui costruire il nostro futuro. Il buon operare, la buona politica, le cose buone realizzate vanno riconosciute, chiunque sia stato a promuoverle e realizzarle, e accettate per sviluppare un futuro condiviso.

I punti su cui Lei, signor Sindaco, mi sollecita risposta sono tanti e meriterebbero spazio a sufficienza; voglio comunque rimandare ai numerosi temi affrontati nelle molte iniziative congressuali promosse dal Museo Civico durante la mia direzione, sui molteplici temi sulla conservazione e valorizzazione, ai molti interventi, sia pubblici sia privati, in cui ho sostenuto la necessità di fare tesoro della nostra eredità culturale, materiale e immateriale. Chi lo desidera può trovare negli atti del museo o della stampa locale tutti i temi trattati: in questa sede può essere utile richiamare ad exempla l’improcrastinabile salvaguardia e restauro degli ambienti ancora nascosti del castello con la sua intera area castellana, il ponte trecentesco di Panarello, le fornaci dell’antica vetreria dei Ventimiglia a san Guglielmo, la fontana di san Paolo, la torre “saracena” nel castagneto di san Guglielmo ecc. E che dire della ciminiera-torre in mattoni rossi di via Geraci? Della perla preziosa della Chiesa dell’Annunziata, degradata e abbandonata a se stessa? O della carcara ancora pressoché integra di San Guglielmo, sopra il Ranch? E del bellissimo filare dei cipressi che dalla circonvallazione raggiunge contrada Giammina col suo antico e fascinoso cancello in ferro e pilastri in  pietra e mattoni in parte demolito dal tempo, in parte dall’uomo, oggi scomparso… i cipressi, e il paesaggio tutto, vanno tutelati perché non si assista alla stessa “sparizione improvvisa”. Quel cancello dava senso compiuto al viale dei cipressi, come una soglia di passaggio. O, ancora, che dire, estesamente, della variopinta cultura contadina e artigiana, la cui memoria è sempre più un vago ricordo, un ricordo sfocato di un passato sempre più lontano e incompreso. C’è bisogno di un serio piano di recupero dell’intero patrimonio culturale, materiale e immateriale. Ma non basta recuperarlo: una volta recuperato deve produrre cultura viva, altrimenti rimangono solo pietre mute.

Un suggerimento istantaneo che mi sovviene, intanto, è quello di porre rimedio, con la spesa di pochi euro, al dichiarato degrado (causato da incuria) dei pannelli didattici dell’Itinerario nella ceramica delle Madonie finanziati dall’ormai defunta AAPIT di Palermo e realizzati a cura di Tommaso Gambaro nel 2003, rovinati e illeggibili agli occhi attoniti dei turisti: di questi pannelli ne esiste uno in piazza Parrocchia e, a mia memoria, uno davanti il campanile della Matrice Vecchia e un terzo davanti lo stazzone Pinsino in via Aia Mercanti.

Riguardo l’incarico per il restauro delle edicole votive, progetto quasi trentennale che forse si concretizzerà a breve, dopo un poco di esitazione dettata anche dall’età che avanza ma non solo, mi sono convinto ad accettare l’incarico non fosse altro che per quell’amore verso il mio paese di cui parlavo prima. Per correttezza d’informazione, visto che tutto si fa , com’è normale che si faccia, alla luce del sole e senza segreti per nessuno, devo precisare, a scanso di equivoci, che l’importo dei lavori a base d’asta per l’intervento di restauro è di molto inferiore rispetto all’importo totale di progetto.

Il nostro territorio, infine, per numero e qualità di Beni Culturali presenti, è pregno di interesse per la crescita nostra e delle nuove generazioni: chiedo a chiunque sia a governare questo paese in futuro, di avere a cura la loro sorte e il loro stato di salute e di fare in modo che siano da tutti conosciuti e riconosciuti prima di ogni cosa. Prima la conoscenza e poi tutto il resto.

Un’ultima cosa, Signor Sindaco: non me ne voglia, ma devo correggerla quando dice che, riguardo la cabina “Russo”, sarà ripristinato lo stato dei luoghi. Questa prassi non sempre è percorribile quando si parla di Beni Culturali: il più delle volte, e questo rientra in questa casistica, ciò che si distrugge non si può ricostruire, è perduto per sempre.

Bene, a questo punto non mi resta che dichiarare l’inadeguatezza del proposito di sintesi posto in premessa, e di questo chiedo scusa.

Buon lavoro a tutte le donne e gli uomini di buona volontà.

Enzo Sottile

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