Lettera aperta di Enzo Sottile al Sindaco

(riceviamo e pubblichiamo)
Egregio signor Sindaco, caro Mario,
mi convinco solo adesso a interrompere il mio silenzio e partecipare al dibattito sul teatro Le Fontanelle.
Il mio è, come sempre, libero da ogni forma di appartenenza, il pensiero di un cittadino che ha a cuore le sorti e il futuro del suo paese e per questo auspico l’assenza, da parte di chiunque, di ogni tipo e forma di strumentalizzazione.
Anche io ho firmato il manifesto per il teatro.
Ormai sappiamo tutti che la vitalità culturale dei castelbuonesi affonda le sue radici anche su un substrato teatrale, antico e contemporaneo, in prima istanza per il fatto di avere a disposizione un edificio teatrale tale da consentire rappresentazioni tutto l’anno.
A partire dall’antico teatro dei Ventimiglia, costruito sulle mura della preesistente chiesa di san Filippo del XV secolo, al teatro con tre ordini di palchi dell’ottocento e, infine, al Cine teatro Le Fontanelle che, con il baglio grande del castello, è stato da sempre luogo di grandi eventi culturali. Dalle recite delle accademie letterarie, fra cui gli Inganni d’amore di Vincenzo Errante, alle rappresentazioni come l’Arruccata di li Vintimiglia e altre, fino all’Ypsigrock Festival e al Jazz Festival.
Il cine-teatro Le Fontanelle è stato per noi, alla fine del secolo scorso, certamente un elemento di stimolo fin dal suo nascere, come teatro, teatro di varietà, luogo di satira con i Veglioni e come cinema, in un momento storico in cui non esisteva la televisione se non in qualche sparuta sezione di camera del lavoro. Questo luogo, pregno di memoria, deve essere salvaguardato in quanto radice culturale della nostra comunità.
Il teatro, come noi lo abbiamo conosciuto e frequentato, giustamente definito ecomostro (per volumetria ed estetica) è stato, da un cinquantennio a questa parte, oggetto di dibattito pubblico al fine di individuare, assieme all’intera area castellana, possibili soluzioni di riqualificazione ambientale e architettonica (è utile richiamare anche la mia ipotesi di arredo museale e riqualificazione dell’intera area castellana, del 2003, presentata al pubblico in più occasioni). Ricorderà sicuramente, signor Sindaco, l’istituzione, già in passato, di commissioni di esperti che analizzassero e valutassero proposte pertinenti per progetti di salvaguardia, valorizzazione e riprogettazione di uno spazio pubblico così fragile e vitale per la storia dei luoghi: un’indagine del genere deve necessariamente coinvolgere non solo il gruppo di progettazione incaricato ma anche storici, storici dell’arte, artisti, intellettuali e archeologi.
Non c’è dubbio, dal mio punto di vista, che il nuovo teatro debba essere riprogettato e costruito sulle ceneri di quello vecchio: sbaglia chi sostiene che il vecchio edificio possa essere restaurato. Un volume del genere, impertinente e offensivo per il luogo, ha bisogno di essere ripensato in termini funzionali e volumetrici. Ma sento anche l’obbligo di spezzare una lancia, per amor di giustizia, a favore del tanto vituperato “ecomostro”. Non bisogna dimenticare il periodo storico in cui è stato progettato e costruito che, se si esclude l’eccessivo volume e invasività esterna, era un edificio all’avanguardia che obbediva ottimamente alla funzione a cui era destinato con soddisfacenti caratteristiche funzionali: elevata capienza di pubblico, palcoscenico e platea in pendenza, l’una opposta all’altra per favorire la corretta osservazione, pareti e soffitto fonoassorbenti, un impianto scenico fisso, fossa orchestra/suggeritore, sipario, camerini, ingegnoso schermo mobile che consentiva il suo inabissamento attraverso un meccanismo di pesi e contropesi, preparando il palcoscenico alle rappresentazioni teatrali. Non si è affievolito il ricordo di aver lavorato anche dietro lo schermo durante le proiezioni cinematografiche o dietro il sipario chiuso, col pubblico in sala, non visti, a terminare, sempre all’ultima ora, i lavori per definire la scenografia.
Ma si deve tenere a mente, nel dare forma a un’ipotesi progettuale, la storia del luogo. Le tracce, i lacerti di storia e di vita, le pietre parlanti, per chi volesse ascoltare, che ancora sono presenti, indifferenti al trascorrere dei secoli nonostante la sempre presente, imperante barbarie. Il nuovo teatro, il teatro della città, deve contenere e valorizzare la sua memoria e la sua storia già all’interno delle sue viscere; si deve sentire l’odore del suo passato, deve essere luogo della memoria.
Ci sono degli elementi che legano l’edificio teatro a un sistema di relazioni col suo dintorno, prima di tutto il castello, che non possono essere dimenticati e che dovrebbero guidare a una visione del tutto unitaria e non frammentaria o isolata: ci vorrebbe una visione globale prima di ogni approccio. La mancanza di una visione unitaria impedisce di raggiungere risultati pertinenti; sarebbe come il suono degli strumenti di un’orchestra che, in mancanza di coordinamento, suonano senza armonia.
Due foto in bianco e nero donatemi da Antonio Mogavero Fina, scattate la lui quando fu demolito l’arco scenico del teatro ottocentesco durante i lavori per la costruzione del teatro Le Fontanelle, testimoniano meravigliosamente le tracce di un affresco con rappresentazione di battaglia, di chiara fattura medievale e con epigrafi tardo gotiche. Tale straordinario documento resta l’unica immagine di un reperto, oggetto ancora di studio, che era stato salvato dal tempo proprio perché l’arco scenico ottocentesco era semplicemente addossato al muro preesistente, molto probabilmente appartenente all’antica chiesa di san Filippo, e che poi però venne demolito all’atto di costruzione del nuovo teatro (altri tempi: oggi certamente si sarebbe data priorità al salvataggio di ogni traccia). Questo documento testimonia l’importanza del luogo, come lo testimoniano i resti di frammenti di muro dell’antica chiesa all’interno del teatro ritrovati dall’archeologo Pancucci o parte del muro di cinta trecentesco ancora esistente e visibile vicino al luogo del nuovo foyer di progetto, al di sotto della scarpa difensiva in corrispondenza della porta di San Cristoforo.
Questi elementi devono avere quantomeno un peso emotivo per avanzare un’ipotesi progettuale. E’ bene ricordarlo: prima la conoscenza, poi la scienza.
Nel 1973 pubblicai un articolo-manifesto sul giornale Le Madonie in cui annunciavo la nascita di un teatro nuovo a Castelbuono, seguito, nell’anno successivo, da una mostra di bozzetti scenografici allestita nella Sala Pinta (l’attuale Sala del Principe del Castello). Lo stesso anno fondai, con un manipolo di amici, l’Associazione teatrale “Gruppo T”. Nella oltre trentennale attività del gruppo, insieme alle altre compagnie teatrali del paese, abbiamo costantemente cercato di sensibilizzare le varie amministrazioni a fornire di un teatro Castelbuono.
E’ indubbio e riconosciuto l’effetto positivo sulla formazione dei giovani e della comunità castelbuonese, messa a confronto con un linguaggio culturale contemporaneo a volte astruso, psicologico e di difficile comprendimento: opere di Beckett, Brecht, Ionesco, Dario Fo, Malerba, De Benedetti, Lorca, Pirandello, Fabbri, Molière, Cechov, Mrozek, Tardieu, Feydeau e molti altri hanno investito e nutrito generazioni di appassionati. Laboratori didattici per le scolaresche e rappresentazioni come “Pinocchio con gli stivali” o “Cappuccetto rosso”, con testo del Gruppo T, opere teatrali in corso d’opera e mai portate a compimento, anche per l’assenza di un teatro, come la “Passione di Cristo” (Martorio), “Inganni d’amore” di Vincenzo Errante, e poi Shakespeare e altro ancora. In assenza di un Teatro si è fatto teatro anche nelle strade, nell’ex chiesetta di san Giuseppe in via sant’Anna, dentro un magazzino all’interno del complesso di san Francesco, nelle piazze, nella chiesa del Crocifisso, nel chiostro di san Francesco.
Caro Sindaco, lo dico non solo come artista ma principalmente come scenografo, maturato in un’Accademia di Belle Arti prestigiosa e con esperienze lavorative al Teatro alla Scala e al Piccolo di Milano: il Teatro ha bisogno del teatro, del suo luogo ben definito, del suo spazio. Sempreché un teatro si voglia per Castelbuono. In caso contrario, forse è meglio lasciar perdere, non costruire nulla lasciando nel cuore quantomeno la speranza che in un futuro prossimo, migliore, con animi sensibili si possa realizzare un vero teatro.
E’ solo una scelta politica. E una politica con la memoria corta non può programmare il futuro che, invece, si costruisce proprio con i mattoni della memoria.
Inoltre, è fuorviante asserire che il teatro non necessiti di uno spazio scenico perché oggi il teatro è moderno e quindi si può fare ovunque. Vero! Ma in un certo senso è sempre stato così eppure ciò non significa nulla: tocca al regista o all’autore decidere se una determinata forma di linguaggio ha bisogno o meno di ambientazione scenica. Il teatro ha bisogno di un suo spazio fisico privilegiato che è fatto di palcoscenico, di sipario, di proscenio, di arlecchino mobile, di ponte luci, di graticciata, di un pavimento in pendenza che si può maltrattare, su cui si possono inchiodare le scene, di pareti attrezzate per l’ancoraggio di funi, di un fondale con panorama mobile… poi si può decidere anche di farne a meno, altrimenti non di teatro parliamo ma di oratorio parrocchiale.
Caro Mario, vorrei poterti convincere a condividere un coraggio creativo, come quando, nel 1993, io assessore alla cultura e tu capogruppo di maggioranza, sindaco Ciolino, abbiamo iniziato un percorso culturale di incontestato valore che ha giovato alla nostra comunità o come quando, dal 2003 al 2008, tu sindaco e io direttore del Museo Civico, insieme alla tua Amministrazione e a quella del Museo, abbiamo dato vita a una visione ampia e coraggiosa per il nostro castello conclusasi con l’arredo museale che lo ha elevato nel novero di uno dei migliori musei del sud d’Italia, di cui bisogna darti attestazione di merito.
La grande vivacità del popolo castelbuonese verso l’arte, la musica, il teatro, in breve verso il bello è un dono prezioso che va coltivato. Questo bisogna ricordarlo e ancor prima di ricordarlo ricordarselo, sempre.
Vorrei, in sintesi e per concludere questa lunga riflessione, convincerti a pensare ad un vero teatro per la nostra città, che sia un teatro prima di tutto e che possa, poi, essere anche sala funzionale per convegni, concerti, dibattiti pubblici e altro ancora.
Cordiali saluti
Enzo Sottile
“L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire.”
Stimatissimo Maestro Enzo Sottile , ho avuto modo di leggere la tua lettera, ed il primo sentimento come membro della comunità Castelbuonese è di gratitudine per la tua scelta di vita , potevi continuare di vivere a Milano dove sicuramente ti saresti affermato come Artista ma hai scelto di tornare in provincia e dare il tuo grande contributo alla crescita culturale del nostro Paese.
Ho molto apprezzato i contenuti della tua lettera e cercato di comprenderne le ragioni .
Come ho avuto modo di dire nel mio intervento non ho alcuna competenza per stabilire se il progetto di riqualificazione del Cine Teatro Le Fontanelle è valido o meno , e non avendo in precedenza seguito il dibattito solo adesso ho la possibilità di leggere le diverse posizioni .
ho cercato di porre dei quesiti che sicuramente non sono affermazioni , e penso che la Politica (con la P Maiuscola) abbia il dovere al di la degli schieramenti di indirizzare le scelte , e lo ripeto indipendentemente dai propri orientamenti , giustamente tu hai ricordato come il legislatore dell’ epoca negli anni 50 ha cercato di coniugare le diverse esigenze della comunità magari con una scelta che con il senno del poi si è rilevata ” Scellerata ” abbattere un gioiello architettonico” per fare posto ad un moderno e funzionale edificio che coniugasse le diverse esigenze il Cinema , la sala conferenza ed il Teatro , erano glia anni 50 , quelli del dopoguerra , dove la sensibilità era assai diversa verso il passato ,e dove i bisogni e le aspettative erano il progresso e la modernità ( e però all’ epoca le scelte e le opere la Politica le faceva) .
Ho un grande rispetto per la tua posizione , e di tutti coloro che con passione ed abnegazione si dedicano all’ Arte .
Ma mi chiedo il legislatore come negli anni 50 ha il dovere di andare oltre i legittimi interessi di una parte e cercare di coniugare le aspettative e le esigenze di tanti , e se il progetto di realizzare un centro polivalente va in questa direzione ? ed allora chiedo di superare le strumentalizzazioni che poi la politica partitica ( qua va messa la minuscola) ahimè alimenta e concentrare istanze e richieste propositive per il Bene della nostra comunità . Con rinnovata Stima Antonio Alessandro
Riconoscendone l’autorevolezza, per consonanza di idee ed esperienze, per aver condiviso progetti politici e culturali, ringrazio Enzo di aver espresso le più profonde ragioni di un appello che un’Amministrazione davvero democratica e rispettosa dei cittadini, della cultura, della storia, e del bene pubblico non può non accogliere.
L’appello di Enzo Sottile, accorato e articolato , riassume in modo magistrale le ragioni per cui si chiede un teatro a Castelbuono: non si poteva dire di più’ e meglio. Il pensiero del prof. Sottile coincide perfettamente con quello di quanti , al di fuori e al di sopra delle parti o degli schieramenti politici, hanno sempre privilegiato storia, memoria, istituzioni, cultura, sviluppo e crescita per Castelbuono.
Grazie Enzo Sottile per il tuo alto contributo. Anch’io ho firmato il manifesto per il teatro e non l’ho fatto certo per ragioni politiche. Riconosco al sindaco Mario Cicero i dovuti meriti per avere contribuito a creare l’immagine virtuosa ed accattivante del nostro paese fin da “Castelbuono Porte Aperte” dei primi anni ’90 fino alla costituzione del Centropolis. Il teatro-teatro è prima di tutto per i castelbuonesi e per i madoniti tutti, poi è anche un forte elemento attrattivo che accresce parecchio lo spessore culturale della nostra città. C’è il finanziamento, c’è un progetto che può essere adeguato con poche modifiche quasi esclusivamente interne. Non vedo i motivi per rinunciarci adesso, per sempre.
La lettera aperta di Enzo Sottile rappresenta, con lucidità ed autorevolezza, lo spirito della parte più sana della Comunità castelbuonese che ha saputo mantenere sempre vivo il legame con la propria storia, preservandone con tenacia il valore identitario e culturale.
Ad amministrare la Cosa Pubblica, nella stragrande maggioranza dei casi, viene chiamato un eletto dal popolo e quindi una figura politica. In taluni casi, pochi per fortuna, una persona speciale che si chiama Commissario o più in genere ” figura tecnica”. Si capisce che nei casi ordinari , chi viene eletto avverte intimamente tutta la responsabilità che lo stesso potere politico gli conferisce ed in forza di ciò pensa di essere intoccabile e infallibile. Spesso questa determinazione, tradotta in un misurato decisionismo, diventa persino un’arma vincente per superare inerzie e steccati burocratici. Persino utile per dare ai cittadini risposte tempestive e prive di fronzoli. Questo nella amministrazione ordinaria della cosa pubblica. Ma quando si parla di costruire uno “spazio teatrale” si parla di un’opera pubblica ordinaria? Certamente no. Allora ti vien voglia di desiderare al governo del Paese un tecnico (un attore, un regista, uno scenografo ecc..) un po’ come avviene per formulare un bilancio o un piano regolatore se questo non viene approvato, nei termini di legge, dagli apparati politici preposti. Caro Sindaco e caro Mario insieme (ormai si usa così) tu non sei un tecnico ed un Teatro non è un’opera pubblica qualsiasi come una strada o una rete illuminante. Un Teatro è una struttura con un corpo e un’anima. Deve necessariamente possedere dei requisiti tecnici e fisici che ne fanno il corpo, specie dentro l’area Castellana e deve possedere un’anima, memoria di culture passate dei nostri antenati. Affidati a mani e cuori esperti come gli amici del Comitato per Le Fontanelle, al generoso, appassionato e competente contributo del bravo Enzo Sottile, fai da cerniera per stabilire un contatto costante con gli attuali progettisti. Siamo ancora in tempo. Nascerà un vero Teatro, il paese dimenticherà presto questo inutile e snervante braccio di ferro e persino tu potrai dormire più tranquillo. Sei ancora in tempo ed evita di indugiare ancora.
Ho appena visto e sentito su Rai1 ospiti di Carlo Conti i Ricchi e Poveri. Ebbene alle Fontanelle hanno fatto uno spettacolo. So che non parliamo dei Genesis e neanche dei Pink Floyd ma la loro presenza contestualizzata in quegli anni, non in piazza ma al teatro poneva Castelbuono su un livello culturale diverso rispetto alla media siciliana. Io credo che tutte le posizioni..teatro si..teatro no..hanno posizioni più o meno legittime, credo altresì che se si vuole una Castelbuono superiore alla media a Le Fontanelle bisogna realizzare un vero teatro. Castelbuono se l’e’ permesso in passato e se lo potrà permettere in futuro.
Oppure i Pooh al Ranch?
Negli ultimi 30 anni siamo andati indietro (a parte qualche rara eccezione come Fiasconaro o Ypsigrock) e non avanti come qualcuno vuol farci credere.
Purtroppo in troppi credono ancora alle favole e questo è il risultato.
La lettera-APPELLO del M° Enzo Sottile al Sindaco Mario Cicero mi ha commosso e turbato. Dalla Germania ho seguito, e continuerò a seguire, la passione morbosa con la quale noi castelbuonesi, in Italia o all’ estero, ci sentiamo saldati al “luogo”. Sarà sempre così.
Del progetto di teatro “polifunzionale” ho maturato la mia visione che anticipo con la pubblicazione di una breve informazione sul Musikrat (Consiglio della Musica) della Germania, intesa a focalizzare l’ attenzione sul rapporto inscindibile esistente sin dai tempi di Grecia Antica, Magna Grecia e Roma Antica tra , incastonato nel rapporto, col tempo divenuto vieppiù legame consolidato, più ampio tra .
Alla pubblicazione del mio articolo seguirà la pubblicazione dei lineamenti propositivi sulla mia “Idea-progetto” di “teatro polifunzionale” supportata, in mancanza di elementari elaborati grafici, da uno “schizzo” (idea-prima) che – mi auguro – possa essere meritevole di attenzione.
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German Music Council
Dichiarazione di missione
Convinto che la Germania debba svilupparsi in una società della conoscenza e della creatività e che l’istruzione e la cultura giochino un ruolo decisivo, il German Music Council (www.musikrat.de), insieme ai suoi partner, è coinvolto in tutti i settori della vita sociale che sono legati alla musica, per un vivace paese musicale Germania.
Il German Music Council, insieme alle associazioni membri e ai consigli regionali per la musica, si considera un consulente e un centro di competenza per la politica e la società civile. Con il suo lavoro vorrebbe aumentare la consapevolezza del valore della creatività, dare impulsi alla vita musicale nella sua apertura a tutte le forme di espressione musicale, promuovere i giovani nel loro accesso al mondo della musica in aree selezionate di importanza nazionale e costruire ponti di comprensione. In quanto componente centrale di una società umana, l’educazione musicale è il fondamento del lavoro di politica musicale del German Music Council.
In questo senso, il German Music Council, come il più grande movimento civile nel settore culturale, è impegnato in un vivace paese musicale in Germania. La produzione musicale laica come esponente dell’impegno civico e parte indispensabile della vita culturale ne fa parte tanto quanto un’infrastruttura musicale-culturale accessibile e accessibile nella responsabilità pubblica al miglior livello possibile, sostenendo la protezione della proprietà intellettuale, e condizioni quadro adeguate per un’industria creativa orientata alla diversità culturale nel senso di una catena del valore che può essere utilizzata dalla società nel suo insieme e una politica estera della musica che, come terzo pilastro della politica estera, si concentra principalmente sull’effetto moltiplicatore dei giovani nei suoi sforzi per raggiungere la comprensione e quindi ha un effetto interno ed esterno. I progetti di finanziamento continuo del German Music Council sono una parte indispensabile e formativa del panorama culturale tedesco. Forniscono impulsi importanti per la vita musicale nazionale ed europea e consentono e promuovono risultati eccezionali.
Enzo, grazie, grazie due volte.
Una per questa forte testimonianza.
Due, per tutto quello che il Gruppo T ha culturalmente costruito nella comunità e fuori. Il Teatro ha la sua forma e la sua sostanza storicamente date, nonostante tutte le avanguardie e le innovazioni.
C’è poco da girare intorno, o è teatro o non lo è. Il turismo culturale non è quello di “cca si mancia”, né quello “vrum vrum” fin sulla scalinata del Castello.
Grazie Enzo. VIVA IL TEATRO!
Grazie per questa lucida ed interessante riflessione.
Ritengo anch’io che il teatro debba tornare a vivere come un tempo e condivido quanto da lei espresso sulle inutili polemiche politiche che girano, da un po’ di tempo, intorno all’argomento.
Pensiamo solo all’Arte…Nel suo più alto significato.
Pensiamo alla possibilità di avere un palcoscenico su cui farla vivere e trionfare.
Tutto il resto lasciamolo da parte in modo da andare verso un’unica direzione e verso un progetto capace di far rinascere qualcosa che, da troppo tempo, è sopito.