Lettera aperta di Giuseppe Norata al nuovo Segretario del Circolo PD di Castelbuono

(da Facebook)

Castelbuono, 10/09/2012

Al Segretario Circolo PD di Castelbuono

Oggetto: Lettera aperta.

 Caro Segretario,

all’indomani della Tua elezione, quale segretario del Circolo PD, raccogliendo le numerose istanze pervenute dai tanti, giovani e meno giovani, che hanno creduto nel sottoscritto e nel progetto politico amministrativo presentato nel corso dell’ultima competizione elettorale, e le continue sollecitazioni a continuare ad essere interprete del rinnovamento, voglio inoltrarTi la presente riflessione, spero utile per rilanciare l’azione politica del nostro Circolo, nella consapevolezza che un sano dibattito, anche interno al nostro partito, sia indispensabile per superare il disorientamento generale che l’attuale situazione politica (regionale e nazionale, oltre che locale) ha determinato non solo nei cittadini, ma anche e soprattutto nei militanti.

Il 28 agosto del 1963 Martin Luther King non era di buon umore. Qualche giorno prima il presidente Kennedy, suo principale sostenitore nella lotta per i diritti civili, gli aveva chiesto di cancellare la marcia di Washington per timore di spaventare l’opinione pubblica. Dagli Stati del Sud arrivavano notizie orribili di pestaggi, incendi e omicidi.

Subito prima del suo discorso, Mahalia Jackson aveva cantato una canzone tristissima dedicata ai mali del mondo. King avrebbe potuto raccontare alle migliaia di manifestanti riuniti davanti al Lincoln Memorial di aver avuto, la notte precedente, un incubo. I suoi sostenitori avrebbero vigorosamente annuito e sarebbero tornati a casa, ma più adirati di prima.

Invece, quel giorno, Martin Luther King volle raccontare un sogno. E cambiò per sempre il volto degli Stati Uniti d’America.

In Italia, nel nostro piccolo, ci ritroviamo, oggi, in un contesto simile.

La tentazione di porre costantemente l’accento e l’attenzione esclusivamente sulla crisi e sull’incertezza dell’oggi e del domani è quasi irresistibile. Giorno dopo giorno, i mercati e le istituzioni internazionali ci inviano segnali d’allarme sulla salute dei nostri conti pubblici e sulla tenuta del nostro sistema finanziario. Nel frattempo, i dati ci dicono che i redditi reali sono fermi ai livelli di dieci anni fa, mentre la pressione fiscale continua ad aumentare e la disoccupazione giovanile è al doppio della media OCSE.

Se proviamo a spingere il nostro sguardo verso lo scenario che si profila nel resto del nostro pianeta, non troviamo alcun elemento di conforto: quel fenomeno con il quale abbiamo imparato a convivere e intorno al quale tanto abbiamo discusso, la globalizzazione, sta vivendo, oggi, la sua prima crisi strutturale. E non si tratta di una difficoltà puramente finanziaria, come testimonia il fatto che il livello di insicurezza ha superato la soglia di non ritorno su molti fronti.

In questo contesto, in Italia si riaffaccia la tentazione del riformismo crepuscolare. È una reazione in parte comprensibile, ma noi, piccolo grande gruppo, ci aspettiamo qualcosa di più, così come, osservando bene, tutti quanti si aspettano di più.

E allora:

–          non possiamo nascondere la gravità della fase che stiamo attraversando. Ciò implica, però, la disponibilità a sfatare tabù consolidati anche a sinistra, senza trincerarsi in falsi idealismi, come: la sacralità della casa; l’inviolabilità dei diritti acquisiti che, nella realtà, ha sancito la disuguaglianza autentica tra chi ha beneficiato della generosità del welfare passato e chi, oggi, vive sulla propria pelle le deficienze del welfare presente; il dualismo del mercato del lavoro, che ha diviso gli addetti in lavoratori stabili (dipendenti) e lavoratori precari o, ancor peggio, in lavoratori attivi ed ex lavoratori. Sistema, questo, che ha già provocato l’espulsione di oltre ottocentomila giovani dal mondo produttivo, proprio nel momento nel quale avremmo più bisogno di innovare…

E potremmo continuare all’infinito… L’elenco dei tabù da sfatare, infatti, per mettere in sicurezza il nostro Paese e tornare ad essere credibili, prima di tutto nei confronti di noi stessi, è davvero lungo e doloroso. Illudersi di poter uscire da anni di paralisi con un semplice colpo di bacchetta magica è da irresponsabili.

–          Una visione motivante del e per il futuro richiede di affrontare con estremo rigore la crisi, senza però annullare, bensì contribuendo a imprimere, slanci positivi verso altre mete. Le due cose non sono incompatibili, anzi è necessario che convivino se vogliamo alimentare la speranza e se crediamo nella possibilità di un cambiamento reale.

–          La cosiddetta “questione generazionale”, in Italia, oggi è finita. Non perché le condizioni dei giovani siano migliorate, tutt’altro, ma semplicemente perché il vecchio sistema delle “paghette” del nonno, che colmavano le lacune del welfare per i nipoti, oggi non funziona più. I costi dell’immobilismo stanno creando metastasi in tutto il corpo sociale, nel suo insieme.

In modo analogo, i segnali di rinnovamento non arrivano certo, esclusivamente, dalle nuove generazioni. Le prossime primarie del PD saranno l’appuntamento di tutti gli innovatori.

Il problema è che parlano sempre gli stessi. La ridicola sovraesposizione della politica fa sì che i protagonisti del mutamento siano occultati dagli schiamazzi dei peones dell’immobilismo e di chi, a tutti i costi, vuole salvaguardare la propria poltrona: i mestieranti della politica, coloro che, fuori dal mondo politico, non hanno costruito nulla e non sanno fare altro, se non porsi come parassiti della nostra società.

L’affermazione di nuovi protagonisti non è più rinviabile.

Immettere nel dibattito nazionale i volti e, soprattutto, le idee di una nuova categoria di imprenditori, di lavoratori, di studiosi, di uomini e di donne del volontariato e dell’associazionismo, di amministratori locali e, in generale, di politici “diversi”, che hanno le potenzialità per promuovere il rinnovamento e cambiare la nostra Italia, è diventata condizione indispensabile e imprescindibile, senza la quale non si può più neanche sognare “l’Italia che vogliamo”.

–          In tutte le società avanzate, la grande barriera che tiene gli outsider (gli esclusi, gli intrusi, gli estranei) fuori dalla politica è il tempo. Se, infatti, oggi nel mondo del lavoro, come anche in quello del tempo libero, il valore attribuito a un’ora si è moltiplicato a dismisura, grazie alla istantaneità e contemporaneità della rete, in politica tutto è rimasto fermo, immobile: le forme della partecipazione continuano a essere quelle di sempre e cioè interminabili riunioni e assemblee dall’esito incerto, comitati e sottocomitati dalle discussioni infinite senza che portino a prendere alcuna decisione…Frustrante, certamente, per chiunque, ma impossibile da sostenere per chi vive nell’epoca dell’istante e della concretezza.

Un rigoroso discorso di verità unito a una visione e a una progettualità sul futuro, l’introduzione di nuovi protagonisti nel dibattito nazionale attraverso un ripensamento delle forme stesse dell’azione politica: immaginare che tutto questo accada in un weekend, quello delle primarie, appare del tutto ridicolo. Eppure un viaggio di mille chilometri inizia con un singolo passo…

Ed ecco che le primarie sono ciò che serve al PD.

Bersani ha fatto bene ad indicarle e a sancirle quale strumento democratico per animare il dibattito e rilevarne le istanze ed esigenze di cambiamento. Se esse saranno libere e aperte, noi ci auguriamo che si possa candidare anche Matteo Renzi, così come ha già dichiarato di voler fare: rappresenta ed è espressione di quel rinnovamento che serve al Paese.

Primarie libere e aperte, un confronto sereno tra candidati a premier sono proprio quegli elementi che contribuiranno a riportare al PD i consensi dell’opinione pubblica.

Ed è, sempre mediante le primarie, che ci auguriamo di essere chiamati anche a contribuire nella scelta dei candidati parlamentari.

Aspettando le decisioni della direzione nazionale, il giorno dopo saremo al lavoro, a Castelbuono e sulle Madonie, come anche su tutto il territorio, per sostenere il sindaco di Firenze.

Riteniamo, infatti, che la politica debba profondamente rinnovarsi, tornare ad essere vicina alla gente, affrontare con determinazione e buonsenso le questioni di ogni giorno, individuare soluzioni consone alle aspettative di una società in continuo mutamento.

Per il PD è vitale il confronto di idee, volto alla costruzione di un futuro migliore per le nostre città e per l’Italia tutta.

Lavoro, cultura, sviluppo sostenibile, solidarietà, nuove tecnologie, ricerca universitaria, il “genio italiano”, queste sono priorità da affrontare con il più ampio concorso di idee, perché il pluralismo è una grande ricchezza per il Partito Democratico e, più in generale, per l’Italia tutta.

Una politica rinnovata potrà tornare ad essere il fulcro della vita pubblica della nostra città e del nostro Paese e riacquistare autentica fiducia da parte dei cittadini.

Siamo pronti a discutere le nostre idee e a operare per il cambiamento e per la costruzione di una nuova stagione a Castelbuono come in Italia, nella consapevolezza che non possono esistere uomini per tutte le stagioni come, anche, non esistono rappresentanti del popolo nelle Istituzioni imposti dalle segreterie partitiche, spesso lontane dalla gente e dai territori.

Auspicando un dibattito, in seno al nostro circolo, sulle questioni evidenziate, porgo cordiali saluti

Giuseppe Norata

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