Patto per Castelbuono: “La volontà popolare non si può arginare nemmeno con il clientelismo”

Caro Sindaco,
premesso che non sono “pochi zelanti cittadini” ad evidenziare i tuoi procedimenti penali, ma sono stati tutti riportati dal Giornale di Sicilia e non penso se li siano inventati.
Per quanto poi i pochi personaggi che non avrebbero argomenti politici, vorrei sapere se lo sperpero di denaro per visiere (peraltro indossate solo dal Sindaco) e totem piuttosto che telecamere e viaggi vari non sia argomento politico. Vorrei farti notare che con tutti quei soldi avresti potuto fare i test ed i tamponi a tutti i cittadini di Castelbuono, anziché vessare ancora tutte quelle categorie di già ampiamente danneggiate dal lungo lockdown. Ritengo che l’assenza di argomenti politici sia una tua caratteristica tanto da scadere spesso sul personale (ma su questo stendiamo un velo pietoso), anche perché mi sta sorgendo un dubbio, può essere che come argomento politico dovremmo parlare di come coltivi i pomodori e le zucchine?
Eppure il giovane avvocato Gianfranco Raimondo (a cui voglio rinnovare pubblicamente i miei complimenti) ti ha dato una lezione di politica, ha evidenziato i principali e minimi requisiti che servono per potere dignitosamente fare il sindaco. Da una attenta ricerca risultano in te completamente assenti quei 5 punti, emerge però un quadro di un soggetto che guida un tir senza patente.
Caro Sindaco, i “pochi zelanti cittadini” stando alla realtà – vedi il Comitato teatro Le fontanelle, vedi la reazione dei giovani, degli esercenti, dei vari gruppi politici, dei singoli cittadini nonché dell’opposizione – rappresentano la volontà popolare e quella non la puoi arginare nemmeno con il clientelismo più sfrenato.
Sindaco, ti invito ancora una volta ad esprimere un minimo di riconoscenza nei confronti del popolo di Castelbuono, stacca la spina e metti fine a questa lunga quanto sofferente agonia.
Il Portavoce di “Patto per Castelbuono”
Pino Naselli
Una vita „altra“ per tutti. Architettura come welfare
L’ esigenza di una “buona vita” ha sempre plasmando il dibattito politico.della Germania dove il ruolo dell’architettura e della pianificazione urbana è stato focalizzato sulla pressante carenza di alloggi nelle grandi città. Una serie di conferenze e tavole rotonde continuano ad affrontare quindi la questione del contributo che l’ambiente progettato ha o potrebbe avere in un senso globale e olistico per una buona vita per il maggior numero possibile di persone.
Il punto di partenza e di forza vede coinvolti in tale processo attori di primo piano tesi al confronto di proposte e posizioni. allo scopo di affrontare il fenomeno nel contesto di una prospettiva storica. In che modo possono essere progettati il micro e macro ambiente per consentire la realizzazione di una vita in grado di conferirre connotati individuli e collettivi a breve termine alla società? Come devono essere valutati retrospettivamente i tentativi storici di risolvere problemi fondamentali della progettazione ambientale? Sotto quale aspetto, ad esempio, la normativa edilizia abitativa degli anni ’20, che in parte cementava i ruoli di genere, può ancora essere considerata come definizione degli standard oggi? Come rispondere ai mutamenti sociali in atto e quali i tentativi ed approcci, se ci sono stati, per creare occasioni di identificazione dei cittadini con i luoghi storicizzando i concetti di centro storico e di spazio pubblico che posssano contribuire a rinsaldare il processo d’ identicazione con la città e il sentimento di appartenenza?
Sono domande, queste, che attendono risposte concrete dalla disciplina architettonica applicata alla città-paesaggio nella considerazione del fatto che, oggi, l’ architettura è in primis un’ architettura di relazioni, più che di oggetti, di spazi relazionali dinamici, più che di scene statiche che deve necessariamente tendere alla modellazione delle forme del paesaggio, naturale e urbano, dilatate verso un rapporto d’ integrazione fra gestione die suoli, progetto urbano e progetto di architettura con al centro prioritariamente il tema della residenza e, così ritessere quegli studi di morfologia urbana e tipologia edilizia che particolare rilievo hanno assunto nella cultura architettonica italiana a partire dalla metà del secolo scorso per diventare un aspetto di grande rilievo nel progetto in guisa che il nuovo può prendere forma nella misura in cui viene relazionato al passato ed elaborato come continuazione di questo. E così siamo al tema della rigenerazione architettonica tanto presente nella città storica italiana da attuare guardando al passato, senza imitazione, all’ evidenza delle necessità del nostro tempo. Si tratta di una forma di rispetto della tradizione che rende possibile trarre ispirazione dal passato per poter affrontare le problematiche dell’ oggi e dal presente quanto di questo c’ è di più vivo. In tale visione la città diventa l’ oggetto dell’ esperienza progettuale e l’ architettura l’ elemento che la definisce in modo di poter trasmettere a chi verrà dopo di noi la memoria ereditata. È quanto ci suggerisce la crisi pandemica in corso che è anche crisi economica e sprone alla ricerca di nuove tipologie architettoniche capaci di permettere alla comunità di riscoprire negli edifici e nei luoghi i valori civici di apparteneza alla storia della Nazione percepita come parte dell’ Europa e del mondo e così riscoprire il senso della continuità nel tempo e nello spazio.
Condivido pienamente le parole del Sig. Naselli anche se non ne condivido il personaggio. Ma stavolta dice una verità assoluta che oggi viene sicuramente condivisa da tutta Castelbuono a parte quelle poche decine di persone che ancora continuano a ricevere vantaggi e poltrone da questa sindacatura.