Pensieri dal teatro comunale di San Mauro: Egregio sindaco di Castelbuono, ma pirchì?


Giovedì 23 agosto, travolto da un insolito destino in una notte d’estate, mi trovavo a San Mauro Castelverde al seguito della compagnia teatrale I Frastornati che si sarebbero dovuti esibire in piazza, portando in scena il nuovo lavoro dal titolo U figghiu màsculu, una commedia brillante in tre atti per la regia di Gabriele Perrini.

Poiché il tempo meteorologico, bontà sua, minacciava, così come nei giorni precedenti e successivi, di rovesciare svariati ettolitri di pioggia si è pensato, discutendo con l’ottimo sindaco Minutilla e con i suoi assessori, di spostare lo spettacolo all’interno della struttura coperta di proprietà del Comune. Sì, perché il solingo e semispopolato San Mauro Castelverde possiede uno spazio indoor. Più precisamente, si tratta di un teatro. Un piccolo teatro riaperto nel 1996 a seguito della ristrutturazione del vecchio edificio che, a quanto dicono gli anziani del posto, fu sventrato da un paio di palle di cannone sparate proprio da Castelbuono nel corso dell’epico luglio 1943. Dunque un piccolo teatro. Per carità, niente di pomposo, non una mirabolante struttura uscita dall’alata matita di qualche architetto, equivalente del genius loci nostrale, al cospetto del quale anche l’immenso Frank Lloyd Wright si sentirebbe un miserabile. Dunque niente di fantasmagorico, soltanto uno spartano spazio indoor dove più di duecento persone comodamente sedute possono godere, estate e inverno, festi e lavuranti, delle pièces messe in scena e di vari spettacoli, non soltanto teatrali, che vi si organizzano. A onore del sindaco Minutilla e della sua amministrazione va ricordato che la stagione di prosa 2018, oltre al cartellone estivo, prevede anche un palinsesto invernale. Tutto questo a San Mauro Castelverde. E Castelbuono? Castelbuono, invece, u paisi, Castelbuono umbilicus mundi, Castelbuono con la sua grandeur cchiù posativa di quella dei francesi, Castelbuono con la sua (signor architrave, qui sì) prosopopea, Castelbuono di cui parlerebbe l’universo mondo, quel mondo che ci guarderebbe, il MONDO!!!, Castelbuono non ha niente di tutto questo. Anzi Castelbuono non ha più niente di tutto questo.

Quando, alla fine della commedia, il sindaco Minutilla ha parlato dell’importanza sociale e anche culturale di quel sito, di quel piccolo spazio, per i suoi concittadini, Daniele Di Vuono sul palco ha casualmente incrociato il mio sguardo in seconda fila e in questo frangente, con un cenno del capo, mi ha sconsolatamente chiesto: E noi?

Noi, niente. Noi ci grattiamo la pancia. Ecco, noi viviamo di strategie e di stratagemmi. E’ la castelbuonesità, che spacciata per elemento distintivo costituisce, invece, un tarlo culturale. Ricordo che nel nome della castelbuonesità, giocando per diversi lustri, si rischiò di far cadere il castello perché B non poteva tollerare che i restauri e le pompe dell’inaugurazione avvenissero sotto la sindacatura di A e viceversa. Noi siamo questi, è inutile imbellettarci per sembrare altro.

Com’è noto, il Comitato per Le Fontanelle già con la precedente amministrazione aveva prospettato un percorso non filosofico, ma basato su dati oggettivi, per un dignitoso e razionale recupero di quel sito, imprimendo anche una certa accelerazione all’iter. Dal momento che non si tratta di una iniziativa politica ma sociale, si è ritenuto doveroso, prima ancora che giusto, continuare il percorso anche con l’attuale amministrazione. Dopo un paio di incontri interlocutori, la questione si è impaludata, l’amministrazione dà la seria impressione di fare melina nel tentativo di fare decantare le cose, di portare la questione per le lunghe, â scurdata, come si dice a Castelbuono. Dico questo perché da giugno 2017 non ci si è spostati di un millesimo di millimetro dal punto più che buono in cui ci si trovava in quel momento. In altre parole, si è perso solo un anno di tempo.

Il sindaco, da sempre un virtuoso della perifrastica attiva, tutte le volte che è stato sollecitato per un incontro ha risposto in maniera eloquentemente elusiva: stavo pensando a voi, vi stavo telefonando, stiamo vedendo, stiamo facendo, stiamo dicendo. Io non capisco se lui capisce che non può tirarla per le lunghe con questa storiella dello stiamo, perché chi cerca di interloquire con lui tentando di indurlo a prendere una posizione chiara e netta sulle Fontanelle beve vino, birra, grappa ma non beve storielle. Per essere chiari. Il sindaco, senza trincerarsi dietro silenzi che dicono tutto, senza tirare in ballo pastoie burocratiche, Patto Atlantico, buco nell’ozono e veganesimo ha il dovere di dire ai suoi cittadini, senza giri di parole e senza melensaggini comportamentali, se ha intenzione (in tempi brevi, cioè prima della prossima glaciazione) di portare avanti l’idea di restauro per Le Fontanelle proposta dal Comitato, se vuole raderlo al suolo o, ancora, secondo consolidata strategia, se intende lasciare scemare la cosa perché tanto al Comitato, alla lunga, cci siddrìa e quindi implicitamente di lasciare marcire il tutto così com’è, amianto compreso.

Egregio sindaco, se mi posso permettere, si sforzi di capire che non è continuando a eludere il problema che si arriva alla sua soluzione. Abbia l’umiltà di cambiare registro e di capire che questa è una faccenda che riguarda tutti i castelbuonesi e non è, invece, un regolamento di conti fra il sindaco e alcuni soggetti ai quali è legato da corrispondenza non esattamente di amorosi sensi. Abbia l’intelligenza di capire che il recupero del teatro Le Fontanelle è una questione di altro genere. Di crescita collettiva dei castelbuonesi, di miglioramento sociale e civile di cui, contrariamente a quello che l’egregio sindaco sostiene, Castelbuono ha davvero bisogno. Egregio sindaco, voglia intestarsi con determinazione il recupero e la riapertura del teatro Le Fontanelle e dimostri per una volta di essere non dico un tiranno illuminato, ma un amministratore illuminato e ragionevole.

Massimo Genchi

 

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