Perché sottomettere ai botti il senso, il cuore, i suoni e i colori della festa?

Ogni contesto umano ha i propri suoni, i propri colori, i propri profumi.
Non capita di rado di riconoscere situazioni, persone… da un odore caratteristico…
O ambienti dal silenzio, dal chiasso, dai rumori che in essi si possono sentire.
Quando si tratta di una festa, generando essa l’incontro di memorie, attese, persone, con il coinvolgimento di intere Comunità o famiglie, ecco che tutti i sensi sono attivati, sollecitati.
Ogni festa ha i suoi suoni e i suoi profumi…
Nella grande Tradizione cristiana, suoni e profumi dalla liturgia si riversano nel cuore di ogni credente, nell’abbraccio di ogni famiglia, fino alle piazze di quelle Città, tanto più orgogliose di essere “laiche” quanto propugnatrici del senso religioso di certe tradizioni il cui contenuto è assordantemente vuoto.
Suoni e profumi di vita, quelli della Fede cristiana che annunciano con forza, anche nel silenzio della morte, il risveglio di tutti i sensi operato dalla Risurrezione.
Certo, chi della Fede in Gesù Cristo e nel suo Vangelo si accontenta di considerare, e da spettatore, solo le manifestazioni esteriori, congelate dalla tradizione generata in contesti totalmente altri e per nulla dialoganti con il presente, fa proprio fatica a comprendere e a gustare nel profondo la ricchezza e il messaggio che ogni profumo e ogni suono consegnano, trasmettono, nel senso vero del tradere, da cui Tradizione.
Anni fa, per una missione del Seminario Romano nella periferia romana, durante la Processione Eucaristica, i parrocchiani iniziarono a sparare i soliti mortaretti. Un mio compagno seminarista, proveniente dalla Bosnia, allo scoppio dei petardi, iniziò scompostamente a turarsi gli orecchi, a mettersi in posizione di difesa, a tremare di paura.
Una reazione che non passò inosservata.
A chi ebbe a chiedere spiegazioni, rispose dicendo che qui si continua a scambiare i suoni di guerra per suoni di festa, senza comprendere il dolore e la paura di chi la guerra l’aveva subita in prima persona.
Tale spiegazione ci fece riflettere.
Stiamo vivendo un tempo di grande paura e scombussolamento; venti di guerra soffiano nella nostra Europa, in tutti i Continenti, in maniera non solita e non prevedibile.
In tantissimi ancora oggi perdono tutto sotto le armi e i bombardamenti.
Noi cristiani, mettendo in atto il Vangelo di Gesù Cristo senza limitarci a ottime citazioni, abbiamo il dovere di non cedere alla paura, proponendo uno stile fatto di bellezza, fatto di segni di vita, di risurrezione, di pace.
Scommettere, da uomini di fede autentici, sulla coerenza, senza cedere alla ricerca di approvazioni populistiche, offre la possibilità di restare saldi e solidi, piantati sulla roccia che è Cristo, senza costruire evanescenti autorevolezze che poggiano sulla popolarità o sull’offerta di facili deterrenti a chi, in fondo, cerca solo il diversivo a una giornata altrimenti noiosa.
Impariamo a scendere in profondità, a gustare suoni, profumi, contesti, fino a cogliere il senso vero della Visita di Cristo, che viene a cercarci.
Restare fermi solo all’esteriorità delle manifestazioni rischia di farcene perdere il senso più autentico; rivendicare il diritto ai suoni di guerra mostra la lontananza totale dalla genuinità della Fede. Non dimentichiamo che fare memoria della Croce è aprirsi alle ragioni della speranza, è riscoprire l’interiorità e lo spazio della profondità, quel silenzio che non è assenza di vita, ma Presenza. Che ci sia musica, convivialità, colori, vivacità: anche questo è far festa, certo. Ma non confondiamo l’intensità della gioia con l’intensità del fragore e dello stordimento collettivo. Soprattutto non dimentichiamo CHI è al centro della festa.
Non “consumiamo” la festa nell’eccessivo spreco inutile di ritualità dispersive e ossessive, ma viviamola nell’attenzione e nella riscoperta del senso del sacro, dei valori più alti, nella solidarietà con i deboli, con i tanti “crocifissi” della nostra quotidianità.
“Nostra gloria è la croce di Cristo”. Siamo ancora in grado di proclamarlo, prima di tutto attraverso: “segni” di scelte che privilegino l’appartenenza a Lui e non alla logica del mondo?
Don Mimmo SIDELI Parroco Parrocchia S. Antonino M.
Grazie,di cuore .Avere fede significa gloriarsi della Croce di Cristo .Entrare in questo mistero dove il dolore e
la gioia non si ecludono l’un l’altro ma si incontrano e completano.Grazie ancora carrissimo parroco testimone fedele di CRISTO
un po’ masochista come commento….ma se piace a lei…
Caro don Mimmo cosa dire di più spero che la tradizione non si confonda con lo sparo di qualche petardo. I cattolici o quanti si professano tali a volte dimenticano che la nostra gloria è soltanto la Croce di Cristo.
Su un quotidiano vedo l’immagine di una fragorosa risata di Papa Francesco di fronte al primate anglicano Welby che fraternamente esordisce con ironia: “Qual’è la differenza tra un terrorista e un liturgista? … Col terrorista si può trattare… (col liturgista no!)”. Ho tanto apprezzato e condiviso la riflessione di Don Mimmo sul barbaro uso di certe manifestazioni (botti e fuochi pirotecnici) in occasione delle feste pubbliche e private, religiose e laiche. Qualche anno fa in un mio intervento citavo i versi di Angelo Guarnieri: “La tradizione è / sant’Anna bombardiera./ A ogni benedizione,/ vespro, mattutino,/ a ogni rito sacro degli uomini,/ scoppi, botti, sventagliate. / Il modello è il cannone, / la mitragliatrice leggera, / l’obice per la conclusione./ E tutti a battere le mani.” Ben vengano dunque le iniziative formative e pastorali quali il presente intervento, alcuni incontri in parrocchia e tante profonde omelie. Meno efficaci sul piano educativo della comunità, invece, i rimbrotti o il dare sulla voce. La formazione liturgica se vuole essere vitale dovrebbe uscire dalla ritualità e dalle forme per divenire vera convivialità e fraternità. L’auspicio è quello di una Chiesa che “tratti”, ovvero dialoghi ed accolga, nell’anno della Misercordia, più di quanto giudichi e imponga. Grazie don Mimmo
Perchè accettare solo alcuni simboli della Fede? Se i fuochi d’artificio sono simboli pagani che non rappresentano Cristo è giusto escluderli dalla Celebrazione, ma se si segue questo filo logico sarebbe giusto escludere anche altri simboli pagani. Un esempio tra tutti? i paramenti che lei indossa durante la processione secondo il suo pensiero dovrebbero essere esclusi perchè sono rappresentanti di una fede esteriore ed aggiungo, sono rappresentanti dell’avere e non dell’essere e di un potere (ecclesiastico) che il prete detiene rispetto ai poveri fedeli (cosa che crea distacco). Per non parlare di tutti i calici d’oro che sono espressione del potere economico della Chiesa e ancora delle stesse statue che vengono portate in processione. Se dovessimo seguire la fede esclusivamente nel nostro cuore allora neanche la chiesa (come struttura) e il suo ministero (la figura del prete) avrebbero senso di esistere. A me le tradizioni piacciono e dovrebbero essere tutte mantenute e curate dalle più stupide alle più importanti perchè sono il mezzo tramite il quale il popolo si avvicina a Dio ed inoltre sono la carta d’identità di un popolo utile ad escludere l’omologazione. Un’ultima cosa. Non mettiamo in mezzo sempre per ogni cosa quei poveri popoli che vivono nella miseria e nella guerra, perchè la chiesa (come Stato) detiene una ricchezza economica tale da poter risolvere buona parte della fame del mondo, quindi si abbia la decenza di non strumentalizzare certi problemi che pur potendo non si vogliono risolvere.
Bravissimo Giovanni concordo pienamente ma visto che mi sento in campo come pirotecnico e per di più castelbuonese vorrei ricordare che non bisogna confondere l’arte pirotecnica con armi da guerra . E vorrei aggiungere anche che l’arte pirotecnica da lavoro a tantissima gente che tiene famiglia e che ha bisogno di lavorare. E poi non credo che uno spettacolo pirotecnico sia pagano, c’è chi canta, chi suona della musica, chi fa spettacolo bene, noi facciamo spettacolo che porta gioia e allegria.
si confondono i suoni di guerra con i giochi pirotecnici, uno spettacolo di luci e suoni che nulla hanno a che vedere con la guerra. Certo non i tratta di una nostra tradizione (nascono in Cina) ma sono ormai diventati parte integrante della nostra cultura. Personalmente trovo decisamente più fuori luogo l’esposizione delle sacre reliquie con addosso l’oro donato dal popolo o le vesti sfarzose del clero (Gesù era povero). Non si può seguire la fede a giorni alterni o solo quando ci conviene.
Mi convinco che c’è una grandissima ignoranza per quanto riguarda la nostra fede.Non possiamo fare altro che pregare fiduciosi che lo Spirito Santo trasformi e converta i nostri cuori.