Una “progettazione partecipata” per Le Fontanelle
Lo status di comunità si ha, a nostro avviso, quando una località manifesta la capacità di ritrovarsi sodale, in comunione, quantomeno nelle occasioni topiche e nelle scelte fondanti. Castelbuono, in tal senso, vanta un curriculum invidiabile: sembrerebbe pleonastico citare l’esemplare partecipazione collettiva per l’acquisto del Castello, se non fosse per il valore iconico straordinario che tale atto, e soprattutto che il “bene castello” in sé, rappresenta per tutti. E ricordarlo oggi, a quasi un secolo di distanza da quella storica “colletta”, quale incipit al ragionamento che proponiamo in riferimento all’iniziativa del “Gruppo 2001”, diventa persino obbligatorio:
1. Perché ritroviamo simile ad allora la propulsione civica, l’interesse per la cosa pubblica ad opera di una cittadinanza a pieno titolo “attiva”, che il comitato ha saputo ben sollecitare. Innanzitutto per questo l’iniziativa merita un primo elogio: per la volontà di voler agire per il bene pubblico non ritenendo ineluttabili alcuni processi “politico-urbanistici” in corso. A nostro avviso però, lo spiegheremo meglio in seguito, l’occasione è ancora più preziosa se bocciato il progetto attualmente finanziato, e dovrebbe spingersi verso un coinvolgimento ancora più esteso della popolazione, che sfoci in una vera e propria “progettazione partecipata”. Senza nessuno, specie nelle fasi iniziali del dibattito, che possa arrogarsi il diritto di tagliare fuori l’opinione di altri. Condividere idee, visioni e necessità, saper immaginare, per un bene comune, un futuro migliore e saper condividere la propria idea immaginata non significa solo avere la maturità civica della costruzione collaborativa, ma essere coscienti del proprio ruolo di cittadini amanti del proprio patrimonio, materiale ed immateriale, del quale siamo tutti responsabili.
2. Perché è vero che, soprattutto in alcune occasioni, non è sufficiente “intervenire” a prescindere dal risultato: non basta, nonostante l’entità dell’attuale bruttura, sostituire l’obbrobrio con qualcosa di leggermente più accettabile. Concordiamo nel ritenere preferibile una “speranza non compiuta” ad un informe compromesso, da piangerci per chissà quanti altri decenni. Sono occasioni come queste, però, a determinare il livello della nostra comunità e, come accadde allora, in occasione dell’acquisto del castello, ciò è sempre proporzionale al livello dell’ambizione che la nostra comunità saprà esprimere.
A nostro avviso, se interrotto l’iter del finanziamento, è il caso di ambire maggiormente e creare le condizioni per una crescita ulteriore della nostra comunità, e ciò è possibile non cedendo né alla tentazione del finanziamento, di un intervento “sicuro” (fortunatamente è stato dimostrato non essere tale) né al gusto dolce della nostalgia che, generalmente, rischia di proporre ricordi bonificati dalle asperità.
3. Perché quel castello, il castello, è un elemento “ingombrante” non solo per la sua dimensione simbolica ma anche e soprattutto per quella sostanziale, spaziale. E’ un attore protagonista dell’intera vallata, che ha una relazione visiva con l’intero paese e persino con quelli vicini, oltre che con la cinta castellana. Ed è questo, a nostro avviso, l’unica pre-condizione che non può non condizionare ogni progetto, prima di qualsiasi altra influenza che potranno dettare altri pur validi fattori storici, funzionali, estetici o innovativi.
4. In ultimo, ma non per ultimo, la qualità di un luogo, e nel nostro caso quello dell’area più significativa dell’abito cittadino, non è data soltanto da singoli monumenti chiaramente riconosciuti (come il castello) ma soprattutto dalla relazione di questi con “l’insieme”. E ciò vale, come già detto nel punto precedente, soprattutto nel caso del castello, per la sua natura profonda che è ciò che lo fa diventare più o meno risolto, più o meno prezioso. Non riteniamo possibile quindi affrontare interventi nell’area a compartimenti stagni; non ci sembra possibile la modifica, la sostituzione o la cancellazione di un solo “pezzo” se non in una rilettura complessiva condivisa, cui i singoli elementi si devono attenere, che può risolvere nella maniera più propria l’intervento nell’area indagata. E ciò non è detto che ostacoli la risoluzione della necessità immediata, ma è “certamente probabile” che aiuti a perseguire un fine più alto e duraturo. Nessun progetto, per quanto funzionale, innovativo, ammaliante, può attenuare la priorità del suo impatto e della sua congruenza con l’area castellana, negli anni, nei secoli, sempre più snaturata e privata della sua coerenza.
Per queste ragioni, quindi, l’atto della “colletta” di novant’anni fa ha un valore esemplare ancora oggi e ci suggerisce la strada: collettività necessaria nel processo, livello dell’ambizione, valorizzazione dell’area castellana.
Ad esempio. Posta l’inutilità dell’ennesima sala da 150 posti, nel caso della realizzazione di un teatro riteniamo fondamentale – al pari del numero dei posti per il pubblico – che vi siano le condizioni e gli spazi innanzitutto per chi il teatro lo fa: non quindi una sala per fare spettacoli ma un luogo per il teatro, se teatro appunto dev’essere. Condividiamo con quanti “magnificano” la vocazione locale, evidenziandone anche la lunga e nobile tradizione storica, e per questo crediamo che il problema non stia soltanto nella quantità di pubblico potenzialmente presente agli spettacoli ma nel disporre innanzitutto delle giuste infrastrutture per chi a quest’arte si dedica. Sono tanti i gruppi teatrali locali, è vero, ma sono tutti sprovvisti di una sede e, se non fosse per il mecenatismo di alcuni e per l’incredibile passione e necessità di adattarsi di tutti, la vocazione sarebbe ad oggi del tutto defunta. Se abbiamo davvero a cuore il teatro a Castelbuono assicuriamoci di risolvere i veri problemi che ne scoraggiano la pratica.
Altro esempio: se ci permettete, noi non vogliamo “Le Fontanelle”. Le Fontanelle per noi, forse perché non siamo influenzati dalla stessa legittima nostalgia che pervade chi ha calcato quel palco o si è divertito nelle vesti di pubblico, resta innanzitutto quell’intervento folle che nel 1954 ha scempiato la nostra piazza più preziosa. In nome di un aumento dei posti fu cancellato il teatro storico; per godere trent’anni di alcune centinaia di posti in più, ne abbiamo passati trentatre di anni (ad oggi) di completo inutilizzo e di convivenza con quella mostruosità ambientale. E’ evidente che paghiamo ancora oggi per quell’intervento scellerato, che ha procurato alla nostra comunità un danno incalcolabile, rovinando il nostro paesaggio da ogni punto di vista, rendendolo meno attraente e attrattivo. Nessuna nostalgia dunque per “quel” teatro: se teatro dev’essere – a nostro avviso – devono esserci le condizioni, occuparsi di “produzione teatrale” e certamente dovrà risolvere definitivamente il suo rapporto con l’area castellana.
Trasformiamo pertanto il problema “Le Fontanelle” in un’opportunità di vera crescita collettiva, raccogliendo quante più esigenze, idee e proposte.
In sintesi, i firmatari della presente propongono al Comitato di estendere il dibattito, ringraziando il Gruppo 2001 per averlo aperto, invitando quanti vogliano fornire ulteriori proposte – più o meno organiche e strutturate – all’interno di un’ulteriore iniziativa pubblica, da realizzarsi il prima possibile ma dando il tempo necessario a quanti vogliano adoperarsi nel proporre qualcosa di più articolato. Tra i firmatari, ad esempio, sussistono almeno due ipotesi diverse che potrebbero essere presentate in quella sede e che affiancherebbero quella attualmente “ufficiale” (finanziata?) e quella proposta dal Gruppo 2001. Tutti i giorni abbiamo il dovere di modellare, anche con le piccole azioni, il paese che vogliamo. Ma oggi, in particolare, abbiamo l’occasione per costruire insieme una tessera importante del mosaico cittadino, occasione per noi tutti di riflessione e di sperimentazione della compattezza delle nostre immaginazioni civiche.
Natale Allegra
Stefania Cordone
Annamaria Guzzio
Michele Puccia
Angela Sottile
Michele Spallino
Stefania Sperandeo
“finalmente si comincia ragionare”
Ma questi personaggi in cerca d’autore fino a stasera in quale comunità virtuale sono stati?
Le idee sono tutte meritevoli di essere considerate e ponderate. Ma le idee se non vengono tramutate in progetti concreti si traducono in pura fantasia. Mi dispiace dirlo ma alcuni dei firmatari li ho visti presenti alla riunione pubblica indetta dal gruppo 2001.
Nella vita bisogna adoperarsi sempre per la proposizione di idee progettuali realizzabili e che nell’immediato possano essere trasformate in concretizzabili.
Nessuno pensa che non si possa ipotizzare un piano di recupero dell’area castellana, liberandola dalle recenti costruzioni che ne hanno nel tempo compromesso l’originaria conformazione, con le più disparate idee che rimangono ipotesi ideali stante che nè il Comune né altri Enti, oggi come oggi, abbiano tanta disponibilità economica da finanziare tali proposte.
A questo punto l’idea del comitato promotore del progetto di consolidamento con piccoli interventi di ristrutturazione riportano il vecchio teatro “Le Fontanelle” ad essere riutilizzato per un numero di posti significativo, nella sua originaria composizione , oggi discutibile, ma ai tempi pensato e realizzato con finalità innovative.
Oggi in ogni caso trattasi di un manufatto di una certa entità storicizzato a piazza Castello.
I lavori ipotizzati concretizzano, con molta probabilità, anche la salvaguardia del finanziamento trattandosi di semplice ristrutturazione con recupero e consolidamento statico.
Personalmente ritengo concreta e fattibile l’idea illustrata a dicembre, stante anche la competenza tecnica evidenziata nella illustrazione per il richiamo di norme tecniche concrete
Speriamo che non si realizzi un altro “pugno nell’occhio”. Se finisce come il municipio, tanto vale abbatterlo e lasciare la piazza larga, libera e bella.
Caro Filippo,
sollecità con me la pubblicazione su questo Blog di nomi e cognomi dei progettisti, strutturisti e respomsabili comunali (Sindaco & derivati del tempo) degli immobili a rischio smottamento e poniamoci di fronte a quanto potrebbe da cambiare pel rilascio di ogni permesso a costruire, trasformare e ristrutturare immobili a Castelbouno e in tutta Italia e se obbligatorio dovrebbe essere l’ imposizione alla committenza pubblica e privata di allegare ad ogni richiesta di rilascio del permesso a costruire una relazione geologica sui suoli dei luoghi preventivamente già messa a disposizione dello strutturista per l’ elaborazione del calcolo strutturale da sottoporre alla verifica preventiva di un ing.-verificatore all’ uopo abilitato, come da noi, in Germania, prescritto dai Regolamenti edilizi “regionali” (Diritto edilizio pubblico) e da me mille fiata sollecitato in passato alle disoneste istituzioni responsabili per competenza di questa caotica Italia.
Il caso del “Passetto” e la vergogna del “muro di Liccia” a salvaguardia della “domus Caroli> sono fratelli germani che come madre degenerata hanno avuto la malapolitica settanciquennale italiana. Si deve andare avanti così e, inoltre, trastullarsi con del tipo “Fontanelle” mentre l’ Italia continua a crollare seminando morte, tragedie e debito pubblico?
Con i consueti cordialità e affetto,
nicolino piro