Ricorsi respinti: l’Abbazia S. Anastasia e i beni restano a Francesco Lena

[Livesiciali.it] – La Corte di appello respinge il doppio ricorso della Procura e della Procura generale. I beni, già dissequestrati due anni fa, restano a Francesco Lena e ai suoi familiari.

Si tratta della tenuta “Abbazia Sant’Anastasia”, comprensiva dell’azienda vinicola e del relais, e delle imprese “Lena Costruzioni”, “Co.Stra”, “Lena 2009”, “Led Italia”, “Saices, “Lena Edilizia 2000”, “Ata, “Feudo Zunica”, “Lena Distribuzioni”.

Secondo il collegio di appello per le Misure di prevenzione, presieduto da Antonio Caputo, si legge nella sentenza depositata il 14 gennaio scorso, non ci sono prove “di una appartenenza mafiosa” di Lena e “di
conseguenza della sua asserita pericolosità sociale qualificata”. Tesi sempre sostenuta dai difensori di Lena, gli avvocati Andrea Dell’Aira e Rosario Vento.

Il collegio fa propria la ricostruzione dei giudici penali che hanno assolto Lena perché “all’ipotesi dell’imprenditore colluso con la mafia si affianca quella altrettanto possibile dell’imprenditore in perenne difficoltà con le banche e pronto ad alcuni compromessi pur di salvare le sue imprese e che, pertanto, non collabora stabilmente con Cosa Nostra traendone vantaggi anche per se”.

Il patron dell’azienda “Abbazia Santa Anastasia” di Castelbuono (uno dei beni finiti al centro dello scandalo misure di prevenzione che ha travolto l’ex giudice Silvana Saguto), oggi ultraottantenne, era stato pure arrestato con l’accusa di essere un prestanome dei mafiosi, un riciclatore di soldi sporchi per conto dei clan. Il processo penale si è concluso con l’assoluzione definitiva.

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