Giornale di Sicilia: intervista a Federica Lamonica, infermiera castelbuonese in quarantena a Torino

Pubblichiamo integralmente di seguito la bella intervista apparsa oggi sul Giornale di Sicilia in un articolo a firma di Giusi Parisi. Si tratta dell’infermiera Federica Lamonica, che ricordiamo alcuni giorni fa aveva annunciato di essere risultata positiva al coronavirus, svolgendo il proprio lavoro nell’ospedale torinese «Amedeo di Savoia». Ci rallegriamo per il fatto che Federica è asintomatica e approfittiamo per rivolgerle i migliori auguri di una celere ripresa della propria attività lavorativa.
(GdS – di Giusi Parisi) Infermiera, fiera di esserlo. Federica Lamonica, castelbuonese all’anagrafe e nel cuore, il 6 aprile compirà venticinque anni. Il regalo che desidera per il compleanno? «Per quel giorno, spero di essere almeno al lavoro». Nessuna sorpresa perché quello che, da quasi due anni, Federica svolge nel reparto di geriatria dell’«Amedeo di Savoia» di Torino (ospedale destinato alla chiusura ma che ora, raddoppiando i letti, è diventato centro emergenza Covid-19) non è «un mestiere qualunque». Soprattutto adesso.
Lei è entusiasta del suo lavoro, lo considera una missione e non lo cambierebbe per niente al mondo. Nemmeno ora che ha contratto il Coronavirus e che si trova da una settimana chiusa nella sua stanza (con bagno annesso), coccolata e “pasciuta” dagli altri coinquilini. «Dovrò rimanere in isolamento fino al 3 aprile», racconta, «poi l’ufficio di Medicina del lavoro mi dirà le modalità su dove effettuare un nuovo tampone per verificare il mio stato di salute. Sto bene, sono asintomatica, non ho febbre. Sono dispiaciuta per altri colleghi che, purtroppo, stanno peggio. Il periodo di quarantena obbligatoria termina tra cinque giorni e non vedo l’ora di tornare in corsia. Mi spiace non aver potuto dare il mio contributo partecipando al bando emergenziale della Protezione civile (scaduto due giorni fa) che reclutava 500 infermieri».
Lei, con l’entusiasmo che da Castelbuono l’ha portata in Piemonte, spiega che il suo è un lavoro in cui si deve «vivere il malato» ovvero dedicarsi al rapporto quotidiano con lui «individuandone i bisogni ma anche assisterlo nella sua quotidianità, intervenendo per migliorare la sua autonomia: l’ascolto attivo fa parte della terapia». Altro che fatica, paura e dolore: dalle parole di Federica traspare solo amore. E un cruccio: lo scarso riconoscimento sociale per gli operatori della categoria che, forse, solo adesso, con l’emergenza Covid-19, sono diventati eroi ma che non hanno avuto «rispetto, risposte e revisione della contrattazione nazionale».
Insomma, mettendo da parte gli eroismi, Federica dice d’essere soltanto fiera d’essere un’infermiera. L’ha anche scritto sulla sua pagina fb, meravigliandosi di quanta eco abbia suscitato la sua storia. Con umiltà, confessa di sentirsi anche un po’ a disagio per la notorietà avuta per quelle righe scritte nel mare della rete. «Positiva al tampone ma sto bene», continua, «c’è tanta gente che soffre più di me». Ecco che ritorna il pensiero per gli altri, il suo chiodo fisso: Federica si preoccupa più per la quarantena di alcuni colleghi come Eleonora, «la super amica del cuore», che lavora all’ospedale civile “Santi Antonio e Margherita” di Tortona (riconvertito in Covid hospital) e Alessandro, il soccorritore del 118 i cui sintomi forse sono più severi.
Dopo quella triennale in Scienze infermieristiche, Federica dovrebbe preparare gli esami per la laurea magistrale ma in questo periodo di «fermo» non riesce ad avere un attimo di calma. «Tra videochiamate a papà Pino, mamma Pina e a mio fratello Antonello, le telefonate che ricevo dai castelbuonesi nel mondo, da Londra a Valencia e le “urlate” oltre la porta con i miei coinquilini, è difficile trovare la giusta concentrazione…». Poi confessa che l’angoscia «per l’emergenza sanitaria d’un Occidente che si credeva invincibile e che, invece, è stato messo in ginocchio da un virus» sparisce se pensa a qualche giorno di vacanza in agosto. Dove? «A Castelbuono, naturalmente»
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