L’avv. Raimondo risponde al sindaco: “Breve lezione sulla Costituzione della Repubblica Italiana”

(Riceviamo e pubblichiamo)

Cara Comunità di Castelbuono,

nell’accingermi a commentare i recenti fatti accaduti nel nostro territorio, non posso nascondere i sentimenti di delusione, amarezza mista a preoccupazione per il livello dialettico raggiunto.

Per contrastare tale scadimento, con condivisione umana e professionale del cittadino Fabio Nappi, faccio allora riferimento ad alcuni principi fondamentali contenuti in norme costituzionali sconosciute all’attuale amministrazione di Castelbuono.

Art. 1 L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che le esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. 

Per lavoro ho scelto di fare l’avvocato, altri l’insegnante, il manovale e la commerciante.

Altri ancora, e in Italia ne siamo ricchi, hanno scelto per lavoro la politica.

Ma il mio lavoro, l’avvocato, non interferisce con la poltrona del politico di turno. Ma se il politico di turno, quando io esercito la mia professione, ha l’ossessione per la sua poltrona a vita, scambiando lo scrittoio di via Sant’Anna col balcone di piazza Venezia, allora si consiglia di eliminare ogni forma di elezione, facendolo pure con ordinanza, grazie alla sua visione di Castelbuono.

Art. 4 La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

Facendo l’avvocato, il mio compito è di fornire la migliore assistenza tecnica nel caso di bisogno. Sarebbe un errore di enorme gravità morale, etica e professionale rifiutare un incarico per evitare lese maestà.

In più, bastava masticare i basilari rudimenti di diritto e approfondire gli aspetti specifici della materia, come di norma compete ad un avvocato, per comprendere la fondatezza del ricorso richiesto.

Non basta, ma l’impostazione processuale è stata condivisa dai giudici già nella fase cautelare, in attesa della definitiva fase di merito che affronterà tutti gli argomenti articolatamente esposti.

Scopro, invece, che il mio diritto al lavoro che si traduce nell’assistenza legale ai cittadini non sono ammessi, esercitabili e possibili grazie alla sua visione di Castelbuono.

Art. 21 Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

A seguito della sospensiva ho legittimamente espresso un pensiero tecnico, fondato e incontrovertibile che conteneva informazioni utili alla parte della popolazione coinvolta, come spesso accade a tanti avvocati che hanno la necessità di dare contezza a più soggetti su questioni di rilevanza pubblica, specie se amministrative.

Evidentemente non ho fatto i conti con un’amministrazione intangibile per definizione divina.

La strategia di cui siamo vittime è quella di additare e accerchiare chiunque ostruisca al divino incoronato la strada diretta per entrare nella storia, anzi nella Storia, perché grazie alla sua visione di Castelbuono le maiuscole si mettono pure ai Cavatappi.

Art. 25 Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge.

Art. 101 La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge.

Art. 111 La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge.

La sede per affrontare le questioni processuali, in questo caso, era il TAR con la possibilità di argomentare ogni singolo punto contestato nel ricorso nella dialettica riconosciuta alle parti.

I giudici hanno così statuito, ma il tanto sbandierato rispetto dovuto alle decisioni della magistratura si scopre essere un’affermazione di facciata a convenienza, e lo dimostra il pietoso tentativo di arrampicarsi sugli specchi.

Il comunicato dell’amministrazione è stato artatamente costruito, estrapolando pezzetti del ricorso, solo allo scopo di mettere un lavoratore contro delle categorie sempre rappresentate e sostenute nel senso civico della mia umile vita sociale e cittadina.

Il contraddittorio è previsto nelle fasi processuali e non ci si affatica dietro i like di Facebook tralasciando di argomentare compiutamente negli atti dibattimentali.

L’amministrazione pubblica non è una fazione politica, ma lo è qui diventata grazie alla sua visione di Castelbuono. 

Art. 32 Nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario se non per disposizione di legge.

E’ un principio fondamentale, lo è per me, quale cittadino e quale avvocato. In un’amministrazione assennata, i politici o i tecnici sanno come raggiungere ugualmente un obiettivo per non incappare nella scure di illegittimità incostituzionale o di un annullamento giurisdizionale.

Non si trattano di pancia le questioni così delicate, senza un adeguato bagaglio giuridico e amministrativo, per il narcisistico edonismo di specchiarsi in un articolo di stampa.

La legge impone determinate prescrizioni e ciò vale per tutto il territorio della nazione.

Le città stato esistevano nel medioevo, oppure oggi, grazie alla sua visione di Castelbuono.

Art. 113 Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa.

Se un atto appare illegittimo, si fa un ricorso e se ne accettano le conseguenze.

Si scopre adesso che i cittadini o il cittadino non possono difendersi con successo senza il rischio certificato di finire nella gogna mediatica per l’irresponsabile azione comunicativa ufficiale calunniosa e diffamatoria con precise responsabilità penali.

Questo accade qui, adesso, grazie alla sua visione di Castelbuono.

1 gennaio 1948.

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo ed è un autentico baluardo contro ogni regime dittatoriale, primo fra tutti quello fascista.

Ricordo la barbarie del processo farsa contro i congiurati del fallito attentato a Hitler posti davanti ai giudici privi di difensori e senza cintura ai pantaloni per mortificarli davanti a tutti.

Quale difensore avrebbe avuto il coraggio o la possibilità di difenderli?

Non c’è stato di diritto senza diritto alla difesa e come avvocato non potrò mai tollerare questo attacco per il ruolo tecnico che la mia professione impone.

Giammai, gli avvocati sono fin troppo vituperati per sopportare un’onta spinta laddove nessuno mai era sprofondato in tale tugurio.

Questo ci hanno insegnato i martiri della libertà e non certo a rinnegare i propri ideali per una misera prebenda economica o inutile incarico.

Una, due, tre, quattro, cinque, dieci, cento volte ripassi in piazza Matteotti:

“Or ti piaccia gradir la sua venuta

libertà va cercando, ch’è sì cara,

come sa chi per lei vita rifiuta.”

Si tracci pure una netta linea di demarcazione ora  dove sta il mio pensiero e dove sta il nefasto uso del potere.

Non nel mio nome e fedeli alla linea come recitavano i partigiani sacrificatisi per il dono del 25 aprile e l’orgoglio dei principi fondamentali della nostra Costituzione per la visione di un paese normale.

Ad Anna Politkovskaja, a Giulio Regeni.

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