Mafia capitale, la minaccia in aula contro il giornalista dell’Espresso Lirio Abbate
Mafia capitale, la minaccia in aula contro il cronista.
L’avvocato difensore di Massimo Carminati, Bruno Naso, aggredisce in aula con frasi ingiuriose e pesanti insinuazioni il giornalista dell’Espresso Lirio Abbate, da anni sotto scorta per le minacce subite dopo aver rivelato gli affari di mafia e crimine a Roma.
[Repubblica.it] PUNTARE il dito contro un giornalista – sempre lo stesso – è come indicare un bersaglio, prendere la mira. Ma c’è un avvocato, qui a Roma, che forse non ha capito che Lirio Abbate non è solo. Una Mafia Capitalesotto processo si agita e si dimena nelle gabbie cercando disperatamente alibi e vie di fuga, i suoi difensori intanto sono a caccia di capri espiatori e di cronisti “colpevoli ” per avere raccontato un potere criminale tollerato per troppo tempo. Chi parla (o chi scrive) sta diventando giorno dopo giorno e udienza dopo udienza obiettivo di insinuazioni e di attacchi spericolati, sta diventando un’ossessione che non annuncia niente di buono ma che al contrario comincia a preoccupare tutti noi giornalisti.
Potremmo chiamarlo il “caso Abbate”, ci sembra però più opportuno presentarlo come il “caso Naso”. L’avvocato Bruno Naso, difensore del nero Massimo Carminati e di alcuni imputati del dibattimento contro i boss Fasciani, il penalista che all’apertura del processo su Mafia Capitale l’ha battezzato “un processetto”. È da settimane, da mesi, che questo legale non perde occasione in pubblico dibattimento di aggredire – con frasi ingiuriose e pesanti allusioni – il giornalista dell’Espresso Lirio Abbate, il primo che nel dicembre del 2012 ha svelato i misteri e le contiguità della mafia della capitale italiana citando i “quattro re di Roma “, Massimo Carminati, Michele Senese, Carmine Fasciani, Giuseppe Casamonica.
L’ultima imboscata dell’avvocato Naso contro Abbate è di ieri mattina, in un’aula di Piazzale Clodio di Roma, al processo d’appello contro i Fasciani, padrini e padroni di Ostia, malacarne di incerta nobiltà mafiosa ma con entrature nel crimine che conta e nelle amministrazioni locali. L’avvocato Naso nella sua arringa finale prima si augura che i giudici “emetteranno una sentenza politicamente scorretta”, poi parla della “regia inequivoca” del procuratore Pignatone “che è venuto a Roma pensando che Roma fosse una grande Reggio Calabria “, poi ancora riserva le sue azioni offensive – davanti agli imputati, particolare non insignificante – a “De-lirio” Abbate, il giornalista che prima ancora che i mafiosi di Roma fossero catturati aveva descritto come si muovevano da Sacrofano al Campidoglio, dalle miserabili periferie fino alle stanze della spartizione degli appalti. L’avvocato Naso si chiede perché “non hanno dato a De-Lirio il premio Pulitzer”, fa credere che non sia un giornalista ma che agisca praticamente in combutta con investigatori e magistrati: “Abbate, che è casualmente di Palermo, che casualmente ha lavorato a Palermo quando c’era Pignatone, che casualmente frequenta ambienti frequentati da Pignatone.. il cerchio si chiude”.
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