Precari scuola: con la sentenza della Corte di Giustizia al via i ricorsi per ottenere il contratto a tempo indeterminato. Analisi giuridica cura dell’avvocato Angela Maria Fasano
Dopo anni di lunga attesa è finalmente arrivata la sentenza della Corte di giustizia europea sui precari della scuola in Italia, ed è una sentenza dura, che non lascia aperte possibili interpretazioni attenuanti.
I giudici sovranazionali hanno spiegato che la direttiva comunitaria contrasta con la nostra normativa nazionale che autorizza, in attesa dell’assunzione del personale di ruolo, il rinnovo dei posti vacanti e disponibili, senza indicare tempi certi ed escludendo possibilità di ottenere il risarcimento danno.
In pratica, secondo la Corte, non esistono criteri «oggettivi e trasparenti» per giustificare la mancata assunzione del personale con oltre 36 mesi di servizio, né l’Italia ha fatto niente per impedire il ricorso abusivo al rinnovo dei contratti. Tutto nasce dalla direttiva europea n. 70 del 1999, secondo cui dopo 36 mesi di servizio i precari hanno diritto ad essere assunti a tempo indeterminato, a meno che non sussistano “ragioni oggettive”.
Una norma che l’Italia ha recepito con il decreto legislativo 368/2001, tanto che nel 2010. Un castello di sabbia che l’Europa ha smontato in maniera definitiva: come recita la sentenza “la normativa europea osta a una normativa nazionale che autorizzi, in attesa del l’espletamento delle procedure concorsuali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili”. Pertanto il sistema italiano è illegittimo. La notizia interessa, inevitabilmente, tutti i precari della pubblica amministrazione e, con riferimento al mondo della scuola, il suo impatto si ripercuote sui docenti in attesa di stabilizzazione (inseriti nelle Graduatorie ad Esaurimento e di Istituto) e sul personale ATA, che possono far valere il proprio diritto all’assunzione con contratto a tempo indeterminato. Il riflesso di tale sentenza sul personale di ruolo, consiste invece nella opportunità di chiedere ed ottenere la retrodatazione della decorrenza giuridica dell’immissione in ruolo.
Contestualmente tali lavoratori potranno ottenere il risarcimento del danno patito per l’illegittima reiterazione dei contratti a termine, e, in particolare, per le differenze retributive e per la ricostruzione degli scatti di carriera. Il parere della Corte è vincolante per lo Stato Italiano: toccherà quindi ai giudici nazionali, investiti della questione, decidere discrezionalmente nel concedere la stabilizzazione e/o il risarcimento economico, con una preventiva verifica sulla sussistenza dei requisiti necessari.
Il principio di fondo che dovrà trovare applicazione nei tribunali italiani è che chiunque ha prestato servizio per almeno 36 mesi presso una scuola statale dovrà essere assunto con contratto a tempo indeterminato.
Ecco i requisiti necessari per poter presentare ricorso:
- aver sottoscritto almeno 4 contratti a tempo determinato (fino al 30 giugno o al 31 agosto) presso una scuola statale per l’insegnamento su posto vacante e disponibile ( non possono essere considerate le supplenze brevi in sostituzione di personale titolare assente);
- è possibile far valere i mesi di servizio prestati in ragione dell’ultimo contratto sottoscritto nel corrente anno scolastico e, tuttora, in corso di svolgimento;
- i contratti a tempo determinato possono essere anche non consecutivi, purché tutti relativi a servizio prestato presso scuole statali;
- valgono anche i contratti stipulati su spezzone orario (cattedra non completa), purché si tratti di posto vacante e disponibile;
- è necessario il possesso del titolo abilitante, che può essere stato conseguito anche successivamente alla stipula dei contratti a t.d.
La sentenza della Corte di giustizia europea dello scorso 26 novembre fornisce finalmente uno strumento alle centinaia di migliaia di insegnanti precari per ottenere una stabilizzazione.
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