Cimitero di Castelbuono: i cipressi segati e la segatura
(Di Massimo Genchi) – E’ di appena qualche giorno fa il polverone che si è sollevato a seguito della scoperta della discarica abusiva dietro la chiesa di Santa Lucia, degli enormi cumuli di segatura ivi riversati, accompagnato dalle dichiarazioni – come al solito random – del sindaco di Castelbuono, secondo il quale la responsabilità di cotanto degrado non è in nessun modo ascrivibile a lui ma a tutti quelli che hanno amministrato Castelbuono dal 1316 ad oggi. Si è fatto sempre così, per cui non ci sono colpe da parte di alcuno. Questa è la sua sentenza, ipso facto convertita in legge. Anche perché, ha avvertito con i suoi consueti toni ultimativi, “lo chiariamo una volta per sempre”. Come a dire: evitate di rompere le balle ché ho altro da fare. Non parlate all’autista era scritto sui pullman della SITA negli anni ‘50 e ’60.
Ma poi, perché non si dovrebbe parlare? Perché lui si disturba? Potrebbe cominciare a pensare quanto lui disturba gli altri con questo suo modo di procedere, irriguardoso di ogni norma.
Come quello di mandare operai a tagliare alberi a destra e a manca, in fondi pubblici o ritenuti tali, non si capisce bene a che titolo, con quale incarico e soprattutto la fine destinata alla legna ritratta dal taglio.
A proposito di alberi tagliati, vorrei fare presente a tutti coloro che amano il paese, che amano il bello e che aborrono ogni forma di distruzione indiscriminata e premeditata del paesaggio naturale che l’inquilino a tempo determinato di via sant’Anna, che nei confronti degli alberi mostra ormai la stessa reazione del toro nei confronti del colore rosso, nell’indifferenza di tutti e degli organi preposti in particolare, ha raso al suolo anche diversi cipressi nella parte del viale cimiteriale più vicina all’ingresso dell’Hotel Eterno.
A parte la rottura di continuità, l’eliminazione dell’ombra, l’obbrobriosa modifica del viale centrale, certamente effettuata con il conforto e sotto la supervisione di qualche genius loci, ciò che abbonda da questa desolazione è forse funzionale ad allocare nei pressi dell’ingresso qualche baldacchino-gazebo di articoli cimiteriali? Un qualche bar? O è qualcosa che, più semplicemente, si accorda con lo spiccato senso estetico dell’inquilino di via sant’Anna?

In queste settimane, durante la mirabile sistemazione della zona compresa fra il chiosco di fiori, quello che fu il viale dei cipressi e il muro perimetrale del cimitero, si dice a voci insistite che lì siano stati sotterrati rifiuti speciali derivanti dall’abbattimento delle vecchie delimitazioni. Lei può confermare? No, chiedo solo per capire la ragione per la quale il cittadino medio sia costretto a pagare 150 € a viaggio per il conferimento in discarica di inerti mentre l’Ente pubblico che, a rigore, dovrebbe dare l’esempio, possa liberamente, e in abbondanza, accantonare materiale derivante da demolizioni, per esempio, a valle del viale dietro il Castello o sotterrarli al cimitero.
Salto a piè pari la situazione all’interno del cimitero, già peraltro evidenziata da diversi altri cittadini per dire che proprio nei giorni dello scandalo della discarica abusiva di segatura a Santa Lucia, si è potuto notare che l’aiuola che adorna – si fa per dire – il parcheggio esterno (visto che ce n’è uno interno, esclusivo, certamente autorizzato) è stata ricoperta, per circa metà della sua estensione, di segatura (!!!). Lei può confermare che sarebbe stato lei, di persona personalmente, ad autorizzare questo deposito per evitare “che nell’aiuola vi crescesse l’erba”???
Se è davvero così, sarebbe interessante estendere a tutti i viali e i campi del cimitero, oltre che ai terreni pubblici, questa sua ingegnosa trovata di lotta biologica alle erbe che tanto la inquietano, così da non dovere più cummàttiri, anno per anno, con questa camurrìa del taglio dell’erba e dedicarsi sempre più alacremente al lavoro usato, per dirla con Leopardi. Vale a dire: strisce pedonali, marciapiedi, spacciare mulattiere per trazzere e autostrade per viottoli pedonali ma anche cammaruna per centri polifunzionali. E ancora: intitolazioni di camerini, sottoscala, bugigattoli e quelle, ridicole, di sorgenti d’acqua; tappezzare il municipio di tabelle di nessun significato e l’aula consiliare di fotografie autocelebrative. Senza dimenticare, mi raccomando, che ci sono ancora ettari ed ettari di alberi d’alto fusto che attendono impazienti che lei si ricordi di loro e finalmente decida di raderli al suolo.
A proposito di certo parlare che disturba, voglio qui esprimere tutta la mia solidarietà e vicinanza a Vincenzo Lapunzina non per essere balzato agli onori della cronaca in virtù di una questione per la quale, qualora si accertasse la sua responsabilità, sarebbe giusto che paghi, ma per come la vicenda è stata prontamente addomesticata.
Lapunzina, attivo cittadino delle Madonie, soggetto ritenuto da più parti indocile e pericoloso, perché aduso a disvelare opachi meandri di certe delicate questioni, con il pretesto di questa accusa a suo carico ha subìto nei giorni scorsi un vile scuoiamento mediatico, incentrato non sulle vicende pubbliche di oggi ma su questioni private vecchie di venti anni. E se l’esecutore materiale è uno zelante giornalista (uno?) i mandanti si capisce bene chi possano essere, tutti animati dal preciso scopo di intimidire e indurre al silenzio Lapunzina ed eventualmente altri. A voler dire: Attenzione, chi tocca i fili muore. Io invito caldamente le persone meno sopite di questo nostro comprensorio a fare molta attenzione perché stiamo assistendo a delicato passaggio epocale che potrebbe rivelarsi irreversibile.
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