Maurizio Cangelosi: “Mormorii e blitzkrieg”

Dopo il doveroso silenzio pre elezioni riprendiamo, dando atto a Cicero di indubbie capacità di macchina elettorale e ammettendo un errore di valutazione: ritenevamo i castelbuonesi indisponibili verso chi, pur di candidarsi, aveva ignorato le regole di un patto condiviso ma non è stato così per la maggioranza elettorale. Questo ci ha spiazzato, convinti come eravamo del contrario e convinti come restiamo che ci sia stata una violazione dei patti che regolano le vie democratiche. Ma tant’è.
Tuttavia, se abbiamo sbagliato questa valutazione, ci consoliamo avendo ritenuto correttamente:
- Che Tumminello, nonostante le tante diserzioni e il presunto isolamento politico, aveva buone chances, a patto di trovare una valida sponda. E che però, l’assenza di una valida sponda, costituiva un handicap insormontabile in termini strettamente numerici, per essere eletto
- Che Romè aveva una formazione valida e politicamente ben radicata ma troppo simile ad un puzzle. Un puzzle è divertente da costruire e interessante da mostrare ma rivela intrinseca instabilità nei contesti elettorali locali. Non è bastato l’amalgama della “resistenza” all’atto di forza per l’auto-candidatura di Cicero, né la condivisione di linee di intervento programmatiche con concreti obiettivi
- Che Allegra non aveva numeri e valenze per concorrere a sindaco, pur se accreditato –anche da noi- di buona dotazione di voti. Avrebbe dovuto allearsi con lo schieramento a lui più congeniale, negoziando posizioni, ma non lo ha fatto o, se l’ha fatto, non ha trovato condizioni soddisfacenti. “Chi troppo vuole, nulla stringe”, salvo che… ma questo lo vediamo più avanti
- Che Polizzotto e i polizzottiti sembravano animati dallo spirito di mettersi in vista più che di mettere in atto un vero progetto politico. Poiché non ne parleremo dopo, spendiamo qui due parole. Sembravano avere la stessa coerenza del girasole: solo che il fiore gira naturalmente cercando il sole; loro hanno girato continuamente cercando … un posto al sole. Lo dicono i fatti: sono partiti in decisa opposizione a Cicero, chiedendo a Tummy improbabili passi indietro e sottraendogli assessori e adepti (per contrappasso poi sottratti anche a loro). Infine, dopo aver capito “Come è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale”, sono finiti, prima, proprio con Tummy, accettandolo (udite!, udite!) come sindaco. Quando Tummy ha fatto poi capire che per loro c’era solo una fava e una castagna, sono andati a riparare da Cicero, acerrimo nemico di sempre; ottenendo peraltro meno di una fava e una castagna. Altro che aspirazioni (iniziali) di esprimere sindaco, vice-sindaco, assessori e consiglieri! Altro che aspirazioni (intermedie) di esprimere il vice-sindaco, un assessore e 4 consiglieri! Alla fine si sono quietati con … ciò che passa il governo (o il sotto-governo). Con tutto il bene che gli possiamo volere, speriamo capiscano che questa sia la verità e che lo spettacolo non sia stato edificante
E andiamo al vincitore. Ha vinto Cicero, indiscutibilmente e senza scampo per chi cerca il pelo nell’uovo. Sono cominciati ugualmente però i mormorii, prima radi, poi più fitti e, com’è intuibile, “… Presto il mormorio si fe’ parole” per dirla con Carducci. Dalle ormai numerose parole ascoltate, classifichiamo due tipi di mormorii. Anzi tre, sebbene il terzo, più che esprimere un’opinione, è solo l’ultima, vana, speranza di contare.
Primo mormorio. Si sussurra che il risultato elettorale sia stato aiutato da un plotone di truppe corazzate, incursori da kriegblitz provenienti dal circondario, che nella settimana che porta all’11 giugno ha sbaragliato il campo, con argomenti in grado di insidiare la parte meno nobile e più sensibile del popolo: la pancia. Senza riportare l’apologo di Menenio Agrippa, diciamo solo che esso postula l’importanza di soddisfare la pancia come condizione indispensabile perché l’intero corpo sia soddisfatto. Non sappiamo se e quanto l’ipotesi ventilata da questo mormorio abbia influito sul risultato elettorale. E’ però compatibile con il fatto che Cicero è stato il candidato con il maggior saldo positivo tra voti per il sindaco e voti singoli per la lista di quel sindaco, come la tabella qui riportata mostra. I 261 voti in più di Cicero rispetto alla lista sono quasi il 12% dei voti di lista, percentuale sufficiente a confermare l’ipotesi del mormorio: facoltà di scelta per il consiglio e voto a sindaco per Cicero.
Secondo mormorio. Mentre le eventuali promesse di cui sopra sono a carico di esterni e non gravano direttamente sull’attuale amministrazione, è sentire comune che la campagna elettorale di Cicero abbia fatto ricorso, a sua volta, a promesse in prospettiva. Sicuramente promesse di buon governo da parte di uno che il sindaco lo può/sa fare (secondo ciò che sostiene lui e i suoi fans). Ma non solo. La ricerca spasmodica delle famose 723 firme in un paio di giorni (la consistenza del numero ormai poco importa), la strategia di piazzare tanti elementi guastatori nelle cerchie familiari, di amicizie, di gruppi elettorali, dichiaratamente schierati con gli avversari, l’arruolamento di numerosi militanti attivi (alcuni anche iper-attivi) per campagna elettorale e porta a porta, seppur coronati da successo, anzi proprio per questo, a detta di molti richiede il rispetto di tantissime aspettative. Niente di diverso, dal punto di vista etico e giuridico, da ciò che avviene come prassi legittima ad ogni elezione. La diversità semmai è nei numeri. Numeri importanti per un paese, non soddisfacibili con il consueto spoils system o manuale Cencelli che dir si voglia: biblioteca, musei, centri civici, presidenza del consiglio, assessori, ecc. Ma ecco che qui è venuta in soccorso la creatività. Sembra siano state create figure istituzionalmente sconosciute (addirittura vice-assessori, cosa che speriamo sinceramente sia smentita ma che è stata affermata da un esponente dell’entourage) e sono state ampliate le figure note, per esempio creando coppie sinergiche di consulenti per lo stesso argomento (che fanno tanto ricordare la barzelletta della ronda di carabinieri intellettuali in coppia: uno sapeva leggere e l’altro scrivere). Oppure ha portato alla richiesta di incarichi in altre amministrazioni comunali. Oppure ancora ha determinato la nomina di consulenti ad hoc per portare in strada, letteralmente, la creatività quasi poetica di questa amministrazione: si sarà probabilmente colto il riferimento alla segnaletica stradale, che il mondo ci invidia già (dopo gli asini). Un’opera che passerà agli annali per il suo futurismo, confermato anche dal sindaco che, con un comunicato dei suoi, la giustifica dicendo: è solo l’inizio. Allora, come ci dice un amico, di quelli di tutta una vita e che nessuno potrà mai toglierci: “Sa c’ami a vidiri”. Il mormorio, in verità, reputa l’intervento segnaletico in linea con la campagna elettorale di questo schieramento: confondere le idee. A voi il giudizio.
Terzo mormorio. Sommesso, meno di un bisbiglio e nel riportarlo sentiamo la necessità di dissociarcene. Sostiene che a far pendere il risultato dalla parte di Cicero, sia stata la scelta finale (nel senso di ultima scelta elettorale o forse di ultima in assoluto) dei Polizzottiti. Ora, se per un momento abbandoniamo la nostra incredulità, dobbiamo comunque ragionare sul numero di voti effettivi che potrebbero essersi spostati verso Cicero con questa scelta finale. Premesso che quelli di Allegra (Gioacchino) non rilevano perché, ovunque questi si fosse candidato, tali voti erano comunque di Cicero in merito alla scelta del candidato sindaco, azzardiamo un’ipotesi (per eccesso): 30. Se la nostra ipotesi fosse vera, come pensano i mormoranti di aver determinato il risultato elettorale se non solo nel campo, congeniale, delle congetture?
E veniamo a Tummy che ha “Capito tante cose”, come canta Bobby Solo. Ma come la stessa canzone continua, è rimasto con “Una lacrima sul viso”. Focalizzato solo sulla sua candidatura a sindaco, ha (voluto) capire troppo tardi che il piede in più staffe non gli consentiva di colmare le sue lacune, prima fra tutte l’assenza di un alleato. La cerchia era in realtà ristretta, vuoi per l’indisponibilità di Allegra (Vincenzo) verso soluzioni che non prevedessero primarie, vuoi per l’irricevibilità, prima, e l’instabilità, dopo, delle proposte dei Polizzottiti. Abbiamo seri dubbi però che Tummy abbia davvero sondato l’ipotesi Allegra come alleato; e siamo addirittura certi che Tummy abbia gestito i Polizzottiti ambiguamente. Pur senza credere ai presunti patti da questi espressi pubblicamente (da molti considerati autoreferenziali e viziati da madornali artefatti che ne inficiano l’attendibilità), è vero che Tummy li ha fatti entrare nella sua casa elettorale senza chiarire le condizioni. Anzi, peggio, sperava che le condizioni pretese fossero quelle che lui voleva sentirsi dire. Così, quando Polizzotto (nel comizio domenicale dove consumò il suo harakiri politico -inizio della nuova fine per i Polizzottiti, che da lì in poi hanno capito che in realtà contavano come il 2 di bastoni con briscola a coppe- e fine del nuovo inizio -per Tummy-) “c’a ‘mpiattavi”, usando le parole dello chef in questione, il re è rimasto nudo. La reazione di Tummy è stata composta ed efficace ma il guaio era successo: nessuno avrebbe più accettato di allearsi con lui. Tummy ha trovato una squadra appassionata, capace, giovane e decisa con un programma credibile. Solo che i numeri, come supponevamo, non sono bastati. C’era la sostanza e l’idea, non la consistenza. Il movimento creato però, secondo noi, ha un bel futuro. Oltre Tummy.
Romè è stata una bella nota di queste elezioni. Ha avuto concrete chances ed ha orgogliosamente condotto la campagna elettorale, fronteggiando l’arroganza di chi ha calpestato le regole condivise. Prosit per la forza e la decisione dimostrata, anche davanti a tanti problemi che avrebbero fatto “tremar le vene ai polsi” a chiunque, per la capacità di gestire una compagine ampia ed eterogenea e per la lucidità con cui ha costruito linee programmatiche credibili. Purtroppo la sua candidatura ha incontrato tre ostacoli. Il primo, già accennato, uno schieramento puzzle che, per quanto affascinante, non garantiva certezze sulla disponibilità dei voti a sindaco. Parte dei voti possibili si è indirizzata verso altre liste e altri candidati sindaci, parte è andata alla lista ma non a Romè come candidato sindaco. La testimonianza di ciò è da cercare nei tanti voti attesi e non arrivati e negli altrettanto numerosi voti andati a consiglieri di Romè ma anche a Cicero, come sindaco (e siamo convinti che non ci sia stato dolo nei candidati consiglieri che hanno subito il voto disgiunto). Il secondo ostacolo, magari non decisivo ma consistente, è stato la carenza di oratori capaci di trascinare gli animi e convincere gli indecisi, assieme alla scelta di non stigmatizzare appropriatamente chi aveva calpestato gli accordi. In altre parole se Cicero, pur parlando alla pancia con eloquio naif, ha trascinato un numero sufficiente di persone, molti di Romè hanno avuto difficoltà, nei comizi, nel creare il colpo d’ali che blinda i propri indecisi, cattura quelli degli altri e fa nuovi proseliti. Il terzo ostacolo è la rilevazione di un’assenza: non ci pare di aver scorto sostegni tangibili dai deputati nazionali, che pure potevano essere decisivi. Se è vero che Cicero, parafrasando, è ricorso alle truppe corazzate, Romè sarebbe potuta ricorrere ai caccia-bombardieri. Ma non è successo. Così le strategie di Cicero e dei presunti incursori, complice anche la confusione del puzzle, sono state irresistibili. Romè però ha raggiunto tre risultati personali innegabili: dimostrare che un candidato donna -il primo- può essere formidabile, compattare la sinistra (nucleo del puzzle) e creare in essa la consapevolezza di potercela fare, magari imparando da qualche errore. Alla prossima, con tanta speranza.
E infine Allegra. Ha confermato i voti attesi ma non la pseudo speranza che accarezzava: i suoi numeri, per quanto consistenti, non potevano portarlo alla poltrona di sindaco. Amiamo pensare che lui lo sapesse, lucidamente. E allora, chiederete, perché si è intestardito a pretendere improbabili primarie a chiunque gli proponesse un patto elettorale? Partendo dal presupposto che non fosse suo intento programmare una sconfitta, siamo arrivati alla conclusione che forse gli interessava accreditare un pacchetto di voti. E in questo senso, il fatto che in 683 lo abbiano scelto (149 in più dei voti singoli di lista), conferma che Allegra abbia un pacchetto di almeno 500 voti fedeli. Ora, se questo pacchetto è insufficiente per diventare sindaco, ha un appeal irresistibile per le elezioni regionali del prossimo novembre. Infatti, potrebbe interessare qualcuno che si candiderà, soprattutto considerando che, a partire proprio dalle prossime elezioni di novembre, l’assemblea regionale passerà da 90 a 70 deputati.
Ora ci godremo l’estate restando vigili: è giusto concedere al sindaco il beneficio dei primi 100 giorni. Dopo capiremo se è un sindaco per tutti i castelbuonesi o per i soli suoi elettori e grandi elettori. Cicero sostiene che il mondo ci guardi. Bene, ma oltre a un sindaco piacione, agli asini e a una segnaletica improbabile, vorremmo che il mondo potesse apprezzare progetti e opere di ampio respiro, per Castelbuono e tutti i castelbuonesi.
Maurizio Cangelosi
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