Performance teatrale “Passi a piedi, passi a memoria – Omaggio ai poeti castelbuonesi”. La recensione della Prof.ssa Rosanna Cancila
Riceviamo e pubblichiamo la recensione della Prof.ssa Rosanna Cancila sulla performance teatrale “Passi a piedi, passi a memoria – Omaggio ai poeti castelbuonesi”
Ricordiamo che le prossime repliche sono in programma il 17 e 18 gennaio 2015 Castelbuono, presso casa Speciale, in piazza Margherita.
Per esigenza logistiche la performance potrà essere fruita a gruppi di massimo 15 persone.
Il calendario per le prenotazioni è il seguente:
Sabato 17: turno ore 18.30 / turno ore 19.30 / turno ore 20.30
Domenica 18: turno ore 18.30 / turno ore 19.30 / turno ore 20.30
Prendendo a prestito dallo scrittore Antonio Castelli il titolo “Passi a piedi, passi a memoria”, l’artista castelbuonese Stefania Sperandeo ha ideato e realizzato una performance di rara suggestione estetica ed artistica, nella perfetta fusione di tutti gli elementi propri di uno spettacolo: parola, musica, movimento, composizione scenica, una miscela sapiente di espressioni artistiche finalizzate allo scopo di esaltare la poesia di alcuni tra i tanti poeti castelbuonesi dell’ultimo cinquantennio.
Una vera e propria operazione culturale, dunque, una sorta di viaggio attraverso la memoria – intesa sia nel senso dei versi da mandare a memoria, propri della vera poesia, sia nel senso del ricordo di un vissuto e di un contesto che fanno da sfondo ai componimenti poetici dei vari autori locali e che, proprio per il fatto di essere locali, nostri, sono immediatamente percepiti dal pubblico presente. Al punto che numerosi spettatori, quasi sopraffatti dalla bellezza di quelle evocazioni, non riescono a contenere la forte emozione, né a trattenere le lacrime…
“Passi a piedi”, allora, come quelli dei presenti guidati, attraverso le stanze della Casa, in una progressiva scoperta della parola poetica e delle sue sonorità, scoperta che diventa tutt’uno con la raffigurazione di un mondo ora antico, ora contemporaneo, ma sempre affascinante, perché è il nostro mondo, la realtà dei nostri luoghi, della nostra lingua, del nostro sentire, trasfigurata, però, dalla visione interpretativa di ciascun poeta e consegnata, perciò, ad una dimensione universale.
E questo itinerario passo dopo passo, all’interno della Casa, ha senso in quanto è nello stesso tempo itinerario “a memoria”, cioè della e nella memoria, perché ognuno dei presenti lo percorre a sua volta secondo la propria sensibilità, i propri ricordi, le proprie emozioni; e, come se non bastasse, la magia della parola viene amplificata da quella del suono: dallo stupendo violino di Alessandro Barrovecchio, ad esempio, che accompagna Stefania nell’esecuzione di “Ciuri di ciuri” (struggente sottofondo ad un percorso visivo che mostra squarci fotografici particolari e inconsueti del paese), alle vibranti chitarre di Roberto Apicella e di Gabriele Norato, fino al suono del campanello che scandisce il passaggio da un quadro all’altro, da una stanza all’altra.
E così, momento dopo momento, si viene totalmente coinvolti, con ogni fibra sensoriale, e spinti come per incanto ad osservare uno scenario di cui ci si sente parte: Castelbuono, i dintorni, le case, le piazze, le fontane, le chiese, i boschi, le montagne, il cimitero, i giochi dei bambini, i proverbi dei vecchi, tutta la nostra identità si condensa nei versi dei poeti e si esprime nelle bellissime fotografie di Valentina Minutella, Michele Di Donato e Michele Puccia, che fanno da cornice splendida e insostituibile a tutto il contesto, assieme alle originali installazioni di Vera Carollo.
E il paese diventa protagonista assoluto grazie anche all’introduzione di alcuni espedienti, come quando all’attore di turno, prima di recitare i versi, si affida il compito di illuminare la stanza spalancando le imposte sulla luce di Piazza Margherita, o quando, nella ripetizione dell’ultimo verso delle filastrocche, le due deliziose bambine riproducono quella cantilena tipica dei giochi di un tempo, presente nel ricordo di tutti noi… “Memini ergo sum” dice il grande Gesualdo Bufalino, quando afferma che “di ricordi mi ammalo, e coi ricordi mi curo… per ritrovare la mia dilapidata immortalità di bambino”.
È fin troppo evidente che questo straordinario lavoro di Stefania Sperandeo affonda le sue radici proprio nella memoria del suo vissuto infantile, dei gesti, dei linguaggi, dei giorni, dei luoghi magari scomparsi ma vivi dentro l’anima: è un omaggio al proprio paese e nasce da un forte senso di appartenenza. E dall’orgoglio di tale appartenenza. Ogni scelta della regia rivela questo legame d’amore.
Detto ciò, la performance risulta apprezzabile per tante altre ragioni. Perfettamente curata la recitazione dei giovani “attori” – che attori non sono (il che non è affatto un male quando si leggono o recitano poesie), nella dizione, nel timbro vocale, nella sobrietà ed efficacia della gestualità. Sempre indovinata la scelta dei pochi elementi scenici, perfettamente integrati con il luogo e con i contenuti poetici, mai ridondanti. La lunga dimestichezza della regista con il fatto teatrale si evidenzia nell’uso dei vari generi, dal tragico al comico, dal cabaret alla satira, un registro stilistico appropriato per valorizzare al massimo ciascun messaggio poetico.
Bravi tutti. Dai giovani e giovanissimi ragazzi del laboratorio teatrale (Samuele e Gabriele Castiglia, Francesco Prisinzano, Nadia Prisinzano, Antonia Biundo, Giuseppe Carrozza, Giusy Bruno, Anna Studiale, Georgeta Quagliana, Simone Sottile, Maria Grazia Cascio, Marianna Cannizzaro, Sofia Cammarata) ai musici, dai fotografi all’autrice delle installazioni: hanno dimostrato come sia possibile creare con pochi mezzi un evento significativo, quando si è mossi da una passione autentica.
C’è, infine, un altro merito da attribuire al lavoro di Stefania Sperandeo (coadiuvata egregiamente nella regia da Maria Angela Pupillo): quello di avere perseguito anche l’importante obiettivo didattico di far conoscere ai giovani la vasta produzione poetica locale, di cui molti non sospettavano neppure l’esistenza, sollecitandoli quindi alla lettura dei testi e alla conoscenza di un mondo che, probabilmente, non avrebbero mai visitato.
E, dulcis in fundo, anche ai presenti viene rivolto esplicitamente l’invito a riscoprire la bellezza della poesia tramite un dono singolare: a ciascuno di loro in segno di augurio e commiato viene consegnato un foglio con su scritto “a mano” uno dei testi ascoltati e, sul retro, i nominativi dei poeti scelti per questa occasione.
Rosanna Cancila
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