“Sig. Cicero, vistu-ca di l’opposizzioni un ci scrivi nuddru, un ci dùnanu nuddra mportanza, cci scrivu ia du paruleddri”

(Di Massimo Genchi) – C’è una ragione profonda che l’altro ieri ha indotto il sig. Cicero a buttare giù quel turbinio di parole che sembrava l’effetto di una colossale sbornia di vino di infima qualità. Il pretesto di quel delirante scritto sono le Fontanelle ma anche un cretino capisce che sotto c’è, soprattutto, dell’altro. Qualcosa che lo rende nervoso, teso, che gli ha cancellato il risolino dal volto. Per ora c’è poco da ridere e sogghignare. In questo periodo se c’è uno che non riesce a prendere sonno è lui.

Ma ritorniamo a quel suo post. Già il titolo “Governare per il bene di tutti, contro la cultura del sospetto” si presenta per metà patetico e per metà comico. Proclama di governare per il bene di tutti quando lo sanno pure i paracarri che governa soltanto per il bene proprio. La ragione di oltre venti anni di ostinazioni, forzature, spallate, colpi bassi e agguati, finalizzati a rimanere a galla per quattro sindacature risiede nel fatto che l’indennità di sindaco è l’unica fonte di sussistenza che ha, oltre che l’unica strada per la pensione. Però, aggiunge, si propone di governare contro la cultura del sospetto, che storicamente è una accusa rivolta all’ideologia marxista e comunista. Quindi sta dicendo che ha intenzione di intraprendere una azione politica contro sé stesso: il comunista per antonomasia. Non è mai troppo tardi. Il paese, quello realmente reale, ringrazia.

C’è da dire che la sua è stata una carriera costellata da una prassi politica da paesi d’oltre cortina: giochi al massacro, strategia del mettere tutti contro tutti, paventati dossieraggi anche nei confronti del Padreterno, le neppure tanto larvate minacce di rivelare segreti inconfessabili, l’indottrinamento all’odio di tutti i suoi fidi contro chi rappresenta la controparte politica, il configurare l’avversario politico con il nemico da annientare. E’ questo il brodo di coltura della politica teorizzata e messa in pratica dal sig. Cicero in carriera. E se il fine è il mantenimento del potere, i mezzi per raggiungerlo sono giustificati. Qualunque mezzo.

Nel suo scritto senza né capo né coda, dove ogni parola è in contraddizione con la precedente, viene messa alla berlina l’opposizione che ha il grave torto di fare l’opposizione basandola sullo scrupoloso ossequio di leggi e regolamenti (e non invece a forzarle, come il sig. Cicero si vanta di fare), sulla lealtà dell’azione e sul rispetto dell’avversario politico. Non il rispetto mancato che blatera lui, lo sgarbo istituzionale. Ma cosa va dicendo? Dopo quattro sindacature non ha ancora capito che il più alto in grado nel Consiglio comunale è il presidente e il sindaco è un ospite senza diritto di voto. A meno che, dietro le quinte, il sig. Cicero, oltre alle mansioni di sindaco, non svolga pure quelle di presidente del consiglio e quindi lo decide lui quando si devono convocare i consigli. E cu cc’è cc’è. E poi, dimenticandosi di sdoppiarsi, pensa di avere subìto un torto, uno sgarbo istituzionale. Lui che, bisogna dire le cose come stanno, è stato sempre un esempio di garbo. Certo, avere tra i piedi una opposizione che fa l’opposizione è un grosso problema, si capisce. Assai diverso è avere quattro che pettinano le bambole e qualche volta abbaiano alla luna. Sarebbe stato più comodo per il sig. Cicero avere quattro belle statuine, incaprettate concedendo loro la vicepresidenza del consiglio, magari – pensava lui – si faceva finta di altercare e poi il tutto si sarebbe risolto a riflettori spenti, nelle secrete stanze. Come sempre.

Questa opposizione, diversamente da quanto ha fatto il sig. Cicero in carriera, ha accettato il responso delle urne e sta facendo l’opposizione, nell’accezione più istituzionale del termine, non certo nel modo che il sig. Cicero avrebbe gradito. Con correttezza, innanzitutto. Diversamente da quelle cose vergognose che inscenò il sig. Cicero quando fu all’opposizione dal 2012 al 2017. Le sue battaglie politiche di spessore furono per la bandiera che mancava sul prospetto del Municipio, per le sedie degli spettacoli al Castello, per l’ora di arrivo della mail di invito alla processione. Quelle, però, non erano sterili polemiche ma battaglie politiche serie. La stessa serietà e alto senso della politica e dei ruoli che lo contraddistinse allorché sottrasse sette consiglieri alla maggioranza, inscenando un penoso Aventino per far mancare sistematicamente il numero legale e paralizzare i lavori del consiglio. Il tutto, dal suo punto di vista, nel pieno senso di una opposizione politica seria, costruttiva e proficua. Ma il punto più alto dell’opposizione costruttiva lo toccò con le denunce del 1992 allorché per cercare di annientare un sistema di potere, molto meno scandaloso di quello che gestisce lui oggi, non esitò a uccidere Sansone con tutti i Filistei regalando la poco entusiasmante esperienza della galera all’ingegnere Filippo Botta, al professore Egidio Barreca, all’ingegnere Tano Mitra e al geometra Mario Ignatti. Una esperienza devastante per i familiari, specialmente per i figli poco più che bambini, risoltasi poi in una bolla di sapone con l’assoluzione di tutti gli imputati. Essendo stata la sua lunga carriera politica edificata su questi atti di alta dignità, oggi si interroga pure sulle ragioni del distacco e sull’indifferenza di molta gente nei confronti della politica.

Ma in questi giorni, in queste ore, in cui qualcosa non sta andando per come lui aveva programmato, mette in atto un altro pezzo forte del suo repertorio, che fu anche il pezzo forte di Silvio. Distogliere l’attenzione dal calderone che bolle indirizzandola verso un’altra questione, Le Fontanelle, importante sì ma non quanto quella o quelle che attualmente non lo fanno dormire.

Ma sulle Fontanelle, non so perché, ancora una volta riesce a dare il meglio di sé. Una centrifuga di fesserie: “Le vicende o i fatti che accadono nel presente hanno una sola verità” la sua, magari. In effetti lui ritiene di essere il depositario della verità assoluta, ci crede veramente. Neanche gli viene da ridere.

“il centro polifunzionale che si sta realizzando sorgerà sullo stesso sito del fabbricato che è stato demolito” per evitare che qualcuno possa pensare che l’aborto progettato da Monaco si costruirà per esempio al posto della Matrice Vecchia, così magari facciamo un’altra bella sessione di ruspe, dopo quella delle Fontanelle e della Scuola media.

Ma il passo più bello è questo: “E’ facile comprendere che, se si sono arrecati danni ai reperti archeologici, sia della Chiesa di San Filippo che del Teatro seicentesco sono avvenuti con la costruzione del Cine Teatro le Fontanelle”. Quindi la responsabilità, non potendola dare, agli uffici, all’opposizione, al riscaldamento globale, a Israele, la addossa all’impresa Minà e Raimondi che demolì il teatro comunale e costruì le Fontanelle. Mi sopprende come mai non abbia detto che negli anni Cinquanta ci andarono con le ruspe a desertificare il sito dove sorse il seicentesco teatro e la chiesa di san Filippo, danneggiando volutamente tutto ciò che c’era sotto. Peccato che i reperti, durante gli scavi del 2013 sotto il teatro, furono ritrovati tutti in perfette condizioni. Domanda: oggi, 6 gennaio 2024, sono ancora lì sotto ancora in perfetto stato?????

Nel 2013, però, la Soprintendenza, retta da altri soprintendenti, il dott. Volpes, e da altri archeologi, il dott. Vassallo, impose la conservazione di tutti i reperti, esattamente nel punto dove erano stati rinvenuti, prescrivendo inoltre che sarebbero dovuti rimanere visibili mediante un pavimento in vetro. Prescrizioni strettissime. Altro che “a quel livello non hanno trovato niente di interessante”!!!! Le prescrizioni al progetto Monaco, da parte della Soprintendenza, chissà perché, furono rilasciate giusto giusto un paio di giorni prima che il successivo soprintendente, l’architetta Bellanca, andasse in pensione. Stavolta nessuna esposizione dei reperti come nel 2013, tetto in rame, vetratone, autostrada e palificazioni. Eh, la Madona, che sbracamento! Per la cronaca, subito dopo, la stessa architetta Bellanca è candidata di punta nella lista che sostiene Iano Monaco a presidente dell’ordine degli architetti di Palermo. Anche la questione delle Fontanelle è una vicenda a tinte fosche, come spesso accade quando l’attore protagonista è il sig. Cicero. Altro che una schermaglia fra Guelfi e Ghibellini, come dottamente commentato, per minimizzare, da un suo strenuo e acritico difensore.

Un delirio, quello pubblicato dal sig. Cicero due giorni fa, il nostro sig. non sa più che argomenti tirare in ballo e soprattutto come metterli in fila. Financo il fatto che “i tre reperti ritrovati sono stati fotografati a spese della collettività”. Giusta e doverosa precisazione per evitare che qualcuno possa pensare che siano stati fotografati a spese sue, iddru ca è sfrazzusu…. Allora, mentre da un lato lascia intendere che i reperti archeologici furono danneggiati durante la costruzione delle Fontanelle, due righe dopo dice che quelli trovati sotto la motta verranno interrati “così come è stato fatto negli anni ‘50 quando fu costruito il cine teatro “le Fontanelle”. Ma se ha appena detto che durante la costruzione delle Fontanelle furono danneggiati, li interrarono per farglieli ammirare, oggi, come li avevano danneggiati bene allora??? Ma com’è! Mi sembra un poco disorientato il sig. Cicero. Anche perché mentre parla della datazione del teatro, seicentesco per Magnano e per Cancila sulla base dei documenti, ottocentesco per Monaco sulla base del niente, inferisce che l’illibato Monaco, il suo illuminato progetto e la sua direzione dei lavori forniscono “l’occasione per alimentare una sterile polemica”. Avìeva assai! E aggiunge: “possiamo assicurarvi che per il paese reale non cambia nulla”. Detto da lui, storica bocca della verità, ci sentiamo tutti garantiti del fatto che “per il paese reale non cambia nulla”. Specialmente per il suo modello di paese reale costruito sui saldi valori del mangiare, bere e ingozzarsi fino a scoppiare.

E ancora, mentre blatera del fatto che lui non ha responsabilità in ordine a ciò che gli viene addebitato dal gruppo di minoranza, perché ancora doveva nascere, si produce in un volo pindarico per raggiungere (mica se li era scordati) quelli che non si vedono “mai a nessuna rappresentazione teatrale, anche se con entrata gratuita si battono per il Teatro perchè vogliono la sala per il Veglione”. Intanto tengo a precisare che io, certamente fra questi, a differenza sua, non frequento eventi e rappresentazioni teatrali solo perché a entrata gratuita. A teatro, di solito, vado al Teatro Grifeo a Petralia, al Teatro Cicero a Cefalù, al Teatro Massimo, oppure al Piccolo Teatro Strehler a Milano. Sig. Cicero, lei sapi cu è Giorgio Strehler? Penso di no perché non era uno che vendeva quarumi strata-strata. Se devo andare a teatro sicuramente non vado in quel fondaco che è il Cine Astra né in altri posti dove si va non per lo spettacolo ma a fare tronfio presenzialismo e a compiacersi di chi prende a calci una bottiglia di plastica per tutta la durata della pièce. U teatru non è quello che fa lei, sig. Cicero.

Vorrei altresì rinfrescare la memoria al sig. Cicero ricordandogli che col Gruppo 2001 facciamo satira politica, non quella asservita al potere ma quella che lo dileggia. Le ricordo anche che il Gruppo 2001 ha finito di fare maschere di carnevale da quasi venti anni per cui della sala del Veglione, come lui la chiama, non saprei che farmene e non me ne può fregare di meno. Questa è una volgare mistificazione del sig. Cicero per non fare un teatro, abbattere quello che c’era, e cercare di dare un senso ai suoi perversi disegni lungamente accarezzati: u cammaruni e la stradella. Salvo poi fare il coccodrillo e riconoscere come giuste le “critiche che abbiamo raccolto in queste settimane per la mancanza di spazi idonei, per le molteplici attività culturali che portiamo avanti nella nostra Comunità”. Le attività culturali cui si fa riferimento, se al sig. Cicero non dispiace, sono opera del Gruppo Teatro Incontro e degli allievi della Scuola Media, anche quella distrutta dalla sua incapacità di programmare con raziocinio. Le uniche attività culturali che il sig. Cicero ha veramente privilegiato in tutti questi anni sono quelle attinenti alla panza, al cibo, alle abbuffate e a tutto ciò che induce una idea smodata e distorta della gastronomia.

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