Dove c’è Barilla c’è casa e dove c’è acqua (e ligna) c’è u sinnacu

(Di Massimo Genchi) – L’inquilino di via sant’Anna che constata l’inverarsi del cambiamento climatico per mezzo di comunicati addolorati espressi con toni e termini da Libro dell’Apocalisse, dopo essersi magnificamente divertito a tagliare e sfregiare tutti gli alberi che c’era da tagliare e da sfregiare, può essere equiparato benissimo a un coccodrillo, più che per la stazza, per il pianto ipocrita.

Come è noto, anche a livello planetario, tutta la questione indotta dallo sfascio climatico, ruota attorno all’acqua e al verde, due cose assai care al nostro coccodrillo. Ma ciò su cui si riflette poco, e il coccodrillo quando c’è da riflettere è messo proprio male, è che per fronteggiare il riscaldamento globale e la penuria idrica bisognerebbe incrementare il verde in maniera esponenziale, altro che capitozzare con cieco furore. Viceversa, la penuria di verde e la progressiva desertificazione, portano al crollo delle risorse idriche. Ciò significa, abbastanza banalmente, che senza verde non c’è acqua.

E il coccodrillo cosa fa? Non si può neanche rispondere: «non c’è nessuno che lo sa» perché, con l’ordinanza del 3 aprile scorso, ha reso noto che «attualmente, l’erogazione dell’acqua è garantita 24 ore su 24», dato che lui è bravo e virtuoso più di chiunque altro. Infatti, questa è fresca fresca, l’amministrazione da lui guidata è la migliore, la più efficiente di Sicilia (consiglio comunale 24 aprile 2024).  Naturalmente gli avranno fatto i complimenti per questo primato. Ma ritorniamo all’acqua. La suddetta ordinanza, per usi non domestici e non alimentari vieta categoricamente di prelevarla dalla rete. Niente paura, però. Il Comune, cioè lui, ha già bell’e organizzato un servizio di trasporto a domicilio dell’acqua, potabile e non, tramite l’autobotte di fresco acquisto.

Usufruire di questo servizio è semplicissimo: basta inviare una richiesta all’indirizzo email sindaco@comune.castelbuono.pa.it, cioè a lui, o telefonare al 09216710131219 cioè sempre a lui, specificando i quantitativi desiderati, il tipo di acqua e il luogo di consegna. Non è difficile indovinare chi, alla guida dell’autobotte, consegnerà il prezioso contenuto ricevendo i complimenti dai beneficiari e ricavando obbligazioni. Già lo si può vedere a bordo, sovraeccitato alla guida, due colpi di clacson per farsi notare, che guarda per vedere se gli altri lo guardano, insomma l’edonismo del sindaco-operaio. E non è neanche difficile immaginarlo intento a costruire preziosi database di nominativi, quantitativi di acqua, luoghi, date. Eh!,eh!, eh!, Cch’è bbellu u rrìdiri… e però cch’è ttintu u bbisùognu!!!

Quando, tante volte, il sindaco di Como, Lorenzo Spallino, volle aiutare diversi suoi concittadini in gravi difficoltà economiche, lo fece in forma rigorosamente anonima, per una questione di tatto e perché non era importante che il beneficiario sapesse da dove provenisse quell’aiuto. Ma stiamo parlando di due sindaci tutt’altro che identici, anzi agli antipodi. Con la necessaria domanda di acqua pubblica nei prossimi mesi estivi, se fossimo veramente liberi, chiunque ne avesse bisogno per le proprie esigenze, non dovrebbe essere costretto a chiederla in queste forme feudali ma sapere dove prelevarla, con sistemi automatici, anche in maniera regolamentata, a pagamento, ma senza schedature. Capisco però che queste forme asettiche sarebbero assai poco fruttuose.

Ovviamente, il problema dell’acqua è reale ma per fronteggiare il cambiamento climatico e la crisi idrica, anziché piantumare alberi, il coccodrillo li taglia, li capitozza, li sfregia perché, dice, si è sempre fatto così. «Basta ricordare che negli anni ’90 e tra 2002 e il 2007, si sono attuate queste pratiche di potatura». Chiariamo. Questa non è una pratica né una potatura ma una volgare sminnatura e poi, negli anni ’90, non ci sono stati interventi così devastanti. Negli anni Ottanta, invece, gli eucalipti della salita del Tribunale furono capitozzati e il professore Vincenzo Marguglio, agronomo e consigliere comunale del PCI, si batté come un leone in consiglio, sul giornale Le Madonie, ovunque, per denunciare quel taglio dissennato. Fra il 2002 e 2007, precisamente nel 2005, con il coccodrillo sindaco di prima squama, si sminnarono i frassini di dietro il castello e ciò suscitò la violenta reazione del professore Pietro Mazzola, direttore storico del Museo Minà Palumbo. Ora, se un agronomo e un ordinario di botanica,sia pure in tempi diversi, si incazzano furiosamente per uno scempio del genere, al di là della odierna vulgata alimentata dai reggicoda del coccodrillo, una qualche ragione ci sarà, o no?

Il coccodrillo, allora, andava propalando che per quella capitozzatura per la quale «un sacco di persone gli aveva fatto i complimenti», il professore Mazzola lo aveva denunciato in Soprintendenza. Per questo affronto subito, il coccodrillo sbraitava che avrebbe sollevato Mazzola dalla carica di direttore del Museo Minà Palumbo. Poi, qualcuno che contava, glielo ha impedito, facendogli ingoiare un rospo, ma al di là di tutto, si noti la delicata prassi della rappresaglia. Una specialità della Casa.

Piantumare alberi è importante e, a volte, è un atto puramente simbolico o educativo, come quello di piantumarne uno per ogni bambino che nasce (legge n. 113 del 29 gennaio 1992) ma ciò per il coccodrillo è «cosa abbastanza difficile». E dire che nel nostro paese, virtuoso anche in questo, ormai, in un anno nascono pochissimi bambini. Ma il coccodrillo, in risposta a una recente interrogazione della minoranza, liquida la questione affermando che fare ciò è una cosa molto complicata. Invece, tagliarli è semplicissimo, una minchiata. Anche perché lui, secondo il suo fare semplificato, non ritiene «necessario mettere a conoscenza la Sopraintendenza» quando capitozza. Quale Soprintendenza, quali autorizzazioni? Queste lungaggini, pastoie burocratiche, perdite di tempo; non c’è tempo da perdere. La gente ha bisogno di risposte immediate. Però, fateci caso. Parla esattamente come Salvini, non solo per quello che dice, ma anche per come lo dice: entrambi è come se parlassero con la bocca piena di frutta secca.

Ma poi, diciamolo pure, che bisogno c’è del parere della Sopraintendenza se, «come fatto con le potature precedenti, non si è mai chiesto il parere»? Non è stato fatto fino ad ora, si continua a non farlo, no? A parte il fatto che il coccodrillo sostiene di avere un rapporto di mutua stima con la Soprintendenza, «per come operiamo ci fanno sempre i complimenti» (è una fissazione quella dei complimenti), quindi, cu cci a ddiri cosa per il mancato parere?

Ma i tagli sono stati eseguiti e la legna ricavata non arriva a 2000 kg. Almeno questo è ciò che dice lui. Ma il coccodrillo, che notoriamente parla random, può dire quello che vuole senza che ciò corrisponda necessariamente a verità. Così come non è detto che corrisponda a verità il quantitativo di pietra uscita dal fiume Castelbuono. E dal momento che carta non canta affatto, il coccodrillo si può benissimo riguardare come un generatore di numeri casuali: 2000 kg di legna, 6 camion di pietra, 23 di depositi alluvionali. Ma questi numeri non risultano da nessuna parte. Pubblicando l’iban dell’Ente, in risposta a quella interrogazione, pensa di avere fatto un atto di amministrazione trasparente? Signor coccodrillo, non c’è bisogno di alcuna verifica per sapere che i bonifici eguagliano il corrispettivo di 2000 kg di legna. Il punto è che senza pezze d’appoggio non si sa a quanto ammonti realmente la legna ricavata. E lei può dire quello che vuole, compreso che «sul piano etico e morale non prendo lezioni da nessuno» (consiglio comunale 24 aprile 2024). Inoltre, ci sarebbe da domandare come mai la legna sia stata venduta 0,1 € al kg quando il prezzo di mercato si aggira sui 0,22 €? Il Comune si è messo a fare concorrenza ai legnaioli? Non solo prezzi stracciati ma anche servizio di trasporto? No, perché una domenica pomeriggio si è visto un camion carico di legna, che scendeva a ppinnina e uno dice: mah! Quando poi lo si è visto imboccare il bivio di Pollina, siccome in paese ci conosciamo tutti, e anche in campagna, uno pensa: ma come mai, visto il caldo di quei giorni, proprio a Pollina e non invece a mare? A Santa Maria? Mah!

Certo, si fanno sterili polemiche ritenendo che quando il coccodrillo vede il verde degli alberi diventa furioso come il toro quando gli si agita contro il drappo rosso, ma c’è una ragione profonda in ciò, che giustifica questi tagli drastici. Gli alberi, non sembra, ma sono pericolosi: «ogni anno migliaia di alberi cadono, abbattendosi su case, strade, automobili e persone». Neca si bbabbìa!!! Quindi è per il nostro bene, per la nostra incolumità fisica che il nostro bravo e previdente coccodrillo ha «ritenuto di abbassare la chioma delle piante». E noi, ingrati e miserabili, manco gli facciamo i complimenti! Gli alberi sono pericolosi perché spesso sono fragili, dice il cocco. Anche se, a dire il vero, gli alberi di piazza Parrocchia, di sant’Agostino e i frassini di dietro il Castello e San Paolo sono tutto fuorché fragili, avendo radici profondissime e diametri considerevoli.

Anche questo però si inquadra in quel parlare random del cocco dove l’importante è aprire la bocca e quel che si dice è secondario. Durante il taglio selvaggio di alberi secolari al cimitero, per esempio, il coccodrillo sostenne che si ciò era reso necessario perché fradici e pericolanti. Qui di seguito potete osservarne tre di questi esemplari per rendervi conto di cosa il coccodrillo, in controtendenza col senso comune, intenda per albero fragile, che minaccia di cadere.

Ora, dopo avere tagliato alberi in tutto il territorio comunale, per pareggiare i conti, il coccodrillo cerca di mettersi la coscienza a posto contando e raccontando quanti ne ha messi a dimora nell’area del cimitero, al Parco delle rimembranze, nelle scarpate, quante piantine ha «consegnate ai cittadini quando conferivano i rifiuti presso l’Isola Ecologica» (ven’i rrìdiri!!) e di avere «piantumato alberi anche nelle scuole materne “Spoleto” e “Pistorio”». 

A proposito, per favore, qualcuno fra i più intimi consulenti gli faccia, non i complimenti, ma tenti di fargli capire, anche se non sarà facile, che non si tratta di Spoleto, provincia di Perugia, vicino a Bevagna dove, nella frazione Castelbuono, coi nostri soldi, il coccodrillo, sindaco di prima squama, comprò una casa per ospitare i castelbuonesi – un mare – di passaggio da lì. Non sappiamo che fine abbia fatto quella casa, un’altra delle tante sue trovate di successo, ma sappiamo del suo smisurato senso degli affari! Favoloso! “Spoleto”, dicevo, non è la città del Festival dei due mondi e non è neppure il cognome del maestro a cui ha inteso intitolare la scuola materna, senza sapere neanche chi fosse, neppure come si chiamava e, oggi, di chi stia parlando. A dire il vero, non solo per questo ricorda moltissimo la ministressa Santanché che nei giorni scorsi si è segnalata – anche – per la citazione del famoso film il Gattopardo di Lucchini. Un’altra portentosa, come lui. D’altra parte, da Santanché a Santannuzza, il passo è men che breve. In tutti i sensi. E qui ci vogliono veramente i complimenti.

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