A Castelbuono si mangiava cultura
[Riceviamo e Pubblichiamo].
C’è la crisi e lo sappiamo. Il clima di austerità dell’Europa ci “impone”, con buona pace delle defunte democrazie occidentali, di tagliare, limare e perfino seppellire voglia e possibilità di cambiamento. Qual è allora il valore della politica se non quello intrinseco di proporre ricette che riescano ad aprire e gestire prospettive per un futuro “bene comune” della società?
Gli ultimi anni non sono stati tempi di vacche grasse, anzi, ma una risposta politica ad un problema reale del nostro territorio, la classe dirigente l’aveva data: dare all’economia “paesana” un tocco di ricchezza, importarla, per dirla brutalmente, dalle tasche dei “forestieri”. Insomma la risposta politica ad un problema di sviluppo e lavoro c’è stata: mangiare Cultura.
Un percorso che ha visto in questi lunghi anni avvicendarsi idee, persone, proposte ed eventi che hanno fatto di Castelbuono un paese invidiato per la capacità di produrre una proposta culturale di livello internazionale (Jazz Festival, Ypsigrock, Museo Civico, Minà Palumbo, Castelbuono Paese Divino ed altri eventi ne sono un esempio concreto).
E’ sotto gli occhi di tutti, anche degli invidiosi e dei malpancisti, che in questo paese ci sono state delle avanguardie culturali che hanno gettato il fertilizzante per un paese pronto a grandi sfide culturali.
Ci stiamo chiedendo dall’inizio di questa consiliatura, quale sarebbe stato il contributo di idee dei nuovi uomini e donne nelle istituzioni culturali e museali.
Ce lo siamo chiesti, non per curiosità, ma poiché i Castelbuonesi sono stati abituati a mangiare cultura e a loro, agli addetti ai lavori, alle attività turistiche e alberghiere, alle associazioni culturali va data una risposta seria o quanto meno, per educazione, una risposta.
Oggi, ci sono voluti mesi di assestamenti tellurici, abbiamo tutti i CdA delle più importanti istituzioni culturali nominati ed operativi. Ci sono le teste e senza infingimenti credo pure ci siano le qualità, ma la domanda che il paese si fa è: che Cultura ci farete mangiare? Quale è il nuovo progetto Culturale per Castelbuono? Dove vogliamo arrivare fra 5, 10 o 20 anni?
A queste domande, a nostro modesto parere ancora non ci sono risposte. In più, credo che i nuovi CdA avrebbero, magari lo stanno facendo, potuto “mangiare sulla tavola apparecchiata”. Esiste, per stessa ammissione di diversi componenti dei CdA una mole di lavoro, di alto livello, che è lì pronto ad essere ultimato, esposto o ripreso.
Negli scorsi giorni il Museo Civico ha presentato la sua proposta culturale, lo prendo come esempio poiché ritengo lo stesso propositore di avanguardia e sensore dei flussi turistici, culturali e perfino economici di Castelbuono.
Come ho fatto in quella sede mi preme evidenziare la mia impressione. Credo che sia stia facendo un errore di valutazione sullo stato dell’arte del Museo, sulle sue potenzialità e sulla sua missione centrale.
Ci siamo ritrovati, con tutto rispetto a discutere di “museo relazionale”, quando per anni avevamo discusso di “museo diffuso” e “sprovincializzazione culturale del museo”. A me è parso un passo indietro che non tiene conto del lavoro fin qui fatto da tutti i passati CdA.
Un Museo che si era proiettato verso scenari internazionali che i numeri e la critica culturale hanno consacrato.
Il quadro politico si completa con le parole del Sindaco che ritiene che né i numeri né la proiezione verso mondi nuovi artistici sia fondamentale, affermando che la sintesi del progetto culturale del Museo è che “le nuove generazioni castelbuonesi possano contemplare le opere d’arte”.
Io credo che invece si possa mantenere forte il radicamento nell’identità castelbuonese uscendo dal “localismo d’altri tempi” con quello che l’arte in fondo ci insegna, la contaminazione. Fra l’altro, a me pare assurdo e fuori da politiche culturali coerenti, che in occasione del Centenario della donazione del teschio di S. Anna, il Museo non abbia organizzato una mostra, presentato un libro, omaggiato in qualche modo un passaggio storico e culturale così importante della nostra comunità. Se il Museo si fosse comportato da Museo, probabilmente avremmo visto “le migliaia di pellegrini” che il Sindaco citava in un suo comunicato e di cui, ahimé, non mi sono accorto.
Questo segna ancora di più l’azione amministrativa nel verso dell’improvvisazione. Ne è segno concreto il fatto che, come mi ricordano quelli con più memoria di me, per la prima volta dopo decenni i diretti interessati del settore turistico e culturale, albergatori e ristoratori, si sentono in dovere di superare il blocco amministrativo proponendo un programma annuale di manifestazioni.
La constatazione dei fatti è che da un lato gli attori del settore si caricano di una responsabilità legittima e fanno un gesto di responsabilità verso il paese mentre l’Amministrazione si piega su se stessa affannandosi a prendere in mano la situazione.
Il tessuto economico-sociale castelbuonese che in questi anni ha retto, cercando di farlo ancora con sacrifici, parte dell’economia di questo paese, aspetta una risposta, un cenno anche timido, un fiato per una possibile rincorsa.
Speriamo solo di non dover dire, fra non molto tempo, che a Castelbuono un tempo si mangiava cultura.
Giuseppe Genchi
Andiamo a fondo caro Peppe Genchi, la situazione è ben più complessa e grave! Il fatto è che oggi Castelbuono si ritrova con una classe politica dirigente vacua, che si sente tale sol perché ha “preso il potere” dopo anni di tentativi repressi, di attese e di “scientifiche diffamazioni”. Mi chiedo: è davvero classe dirigente?Ha mai mangiato Cultura metabolizzandone percorsi e obiettivi? Avevi mai visto qualcuno di loro presente o partecipe alle molteplici manifestazioni di piazza o al chiuso che non fossero strettamente politiche? Avevano mai partecipato alla vita sociale e culturale del paese?L’unico poteva essere Brancato ma…cosa ha fatto? Cosa sta facendo? Dov’è? Sopraffatto da altre presenze fameliche di protagonismo, non riesce a costruire e ad assumere una regia di quel l’assessorato…un tempo strategico e molto ben strutturato e gestito. E non alla mercè delle ultime new entry per grazia ricevuta!
Solo una serie di attività arripizzate e sconclusionate, spesso in sedi non appropriate. Folgorazioni mistiche, defezioni incomprensibili e chiusura in un provincialismo preoccupante.
Castelbuono insomma “…nave senza nocchiero in gran tempesta…”
Viene da chiedersi cosa ha fatto Genchi per la”cultura” ai tampi in cui era assessore a nonsoche’…….. Certo che le tracce lasciate non sono indelebili. Speriamo di non dover dire, fra non molto, che un tempo, Genchi assessore, si beveva cultura.
ma quanto ti pagano per reggere il gioco a tumminello?!
2 Kg. di pane e un pacco di biscotti a esse ( a settimana)
e dove si può fare la domandina? o ci vuole sempre la raccomandazzione?
Basta la raccomandazione, ma con una zeta
evidentemente l’anonimo è uno a cui hanno fatto mangiare tantissima cultura
Nel corso della storia castelbuonese la politica culturale, che le varie amministrazioni nel tempo hanno seguito, ha cercato di coniugare due fattori : la crescita culturale della comunità ,di cui un aspetto imprescindibile è stato sempre la salvaguardia del nostro patrimonio, e lo sviluppo turistico del paese stesso ; a queste linee- guida tutti si sono ispirati seppure con modalità diverse, ritenendo la promozione della “cultura”sempre strettamente connessa anche all’affermazione dell’immagine turistica di Castelbuono. Così, dalla Sagra delle Ciliegie degli anni ’50 e’60 alle “Porte Aperte” degli anni ’90, le iniziative ,più o meno riuscite e condivise, hanno mirato a realizzare questi due obiettivi.E ,io credo,complessivamente, con successo, dato che il nostro paese è ormai conosciuto e apprezzato ovunque ed è meta di numerosi visitatori e turisti del fine- settimana.
Mi pare che l’idea vincente sia quella di un turismo non di massa ,ma di qualità, in grado quindi di apprezzare iniziative che in ogni ambito ,si distinguono per il buon livello culturale.
Cosa si vuole adesso?Non ho capito le intenzioni dei nuovi amministratori,ai quali, tuttavia, vorrei dire che così come è da ritenere “provinciale ” un atteggiamento che snobba tutto ciò che è nostro per guardare sempre e comunque oltre i confini del nostro territorio, rischiando di disperdere un patrimonio di saperi, memorie, idee nuove dei nostri giovani…,( mi appaiono detestabili quanti, credendosi più moderni e più colti, in ogni occasione si mostrano esterofili di maniera, senza aver mai viaggiato e conosciuto il mondo), allo stesso modo non ci si può richiudere in una specie di orgoglioso isolamento, crogiolandoci nella nostra Identità e rifiutando il confronto con i fenomeni culturali che si agitano nel mondo. Come in tutte le cose, IN MEDIO STAT VIRTUS. ( Non, come dice qualcuno, IN MEDIA)
E allora che senso ha sostenere che non “interessano i numeri, ma solo che i nostri giovani contemplino l’arte”…? Le due cose, egregio Sindaco, non sono nè antitetiche, nè inconciliabili! Anzi, soltanto recuperando e conoscendo i valori essenziali della nostra cultura ,solo sapendo bene CHI SIAMO, potremo interloquire e interagire con le CULTURE ALTRE che la multietnicità ci impone di non ignorare.
Condivido Erba voglio.In tanti rimaniamo ancorati al bisogno di onestá intellettuale e di autentica presa di coscienza! Purtroppo non vedo nulla di buono nel panorama pubblico castelbuonese, nonostante il chiasso comunicativo, quasi ossessivo e autoreferenziale.
Come potere aspettarci qualcosa di buono per il futuro se il punto di partenza perseguito è di demolire tutto ciò che è stato fatto prima?chi c’era prima? Oscurare. Negare. Rinnegare. Quale luce dalle ombre ideologiche? Infine mi chiedo: è il bene di tutti o è il bene di pochi?
Condivido la pasizione di Erba Voglio semplicemente perchè il suo approccio è estremamente razionale. Oggi tutti i progetti o programmi culturali richiedono competenza e managerialità, al di fuori di credi politici. Ma gli amministratori pubblici, purtroppo, sono rimasti legati a schemi di immagine e a promesse vuote, col pensiero ai favoritismi di parte, senza mai vedere in modo asettico. Risultato: bene di pochi e affossamento del bene comune.