Adriana Scancarello: “lettera aperta alla mia Comunità”

Castelbuono, Madonie (Pa), 07 December A  2022

LETTERA APERTA

Immaginiamo per un attimo di svegliarci una mattina e di non trovare più il castello.

Immaginiamo anche di non vedere più “le quinte” del bosco.

Immaginiamo così, per assurdo, un contesto differente e, quindi, una storia diversa della nostra Comunità.

Chissà se i nostri nonni avrebbero avuto gli stessi sogni. Avremmo oggi la stessa indole creativa, gli stessi legami, le stesse intuizioni, le stesse tradizioni, gli stessi monumenti?

Cosa sarebbe Castelbuono, come saremmo noi?

Voglio costruire il mio ragionamento partendo proprio da queste immagini e da alcune riflessioni che mi hanno portata a leggere nella candidatura del nostro paese a Città creativa UNESCO, un’ambizione visionaria che ci interroga tutti e che dà l’occasione storica di immaginare, e magari di riscrivere uno sviluppo socio-economico e culturale della Comunità: il completamento di un percorso e un nuovo punto di partenza plurale verso cui convergere.

Potrei dire che innestarsi nel network UNESCO Città creative è di per sé un privilegio perché consente di entrare nel circuito (mondiale) di coloro che hanno proposto i trend dettati dall’agenda 2030, come “la coltivazione diretta delle materie prime, nuovi metodi di coltivazione a basso impatto ambientale, modelli di consumo e produzione sostenibili, riduzione degli sprechi, cibo biologico” e molto altro. Che le città creative riconosciute hanno avuto l’opportunità di conoscersi meglio e di unire le forze, provando a creare nuove sinergie e proposte turistiche per i tanti visitatori dei loro territori.

Potrei dire che i sindaci di sette delle tredici Città Creative italiane – Alba, Biella, Bologna, Carrara, Fabriano, Parma e Pesaro – il 4 giugno 2021 avevano scritto al Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi, al presidente e ai componenti della Commissione Bilancio per sottoporre alla loro attenzione, con il sostegno dell’Anci, una proposta di emendamento all’art.7 c.4 del Decreto legge 73/2021, il cosiddetto «Decreto Sostegni bis». E che l’emendamento è stato approvato e che le Città Creative hanno ricevuto un contributo extra da 5 milioni di euro.

Potrei dire che una parte dell’Italia, da Roma in giù, non è rappresentata in tale network e che il nostro Sud non merita certo l’oblio considerata la rilevanza del suo capitale sociale, del suo patrimonio culturale, monumentale, naturalistico e di biodiversità. Che i 2/3 delle specie endemiche d’Europa sono presenti nelle sole nostre Madonie. Che il nostro grande nonno, il naturalista Francesco Minà Palumbo (1814-1899), già nell’800 scriveva diffusamente e aveva contatti copiosi con la gran parte del mondo scientifico dell’epoca.

Potrei dire che mettere il “bollino” di Città creativa UNESCO su tutta la nostra offerta (culturale, turistica, scolastica, gastronomica, produttiva … ) genererebbe ricadute socio-economiche rilevanti. Una sorta di giro di boa su tutta la linea.

E’ tutto vero ed è così.

Ma invece dico semplicemente che ce lo dobbiamo, che tocca crederci proprio in nome della nostra storia: ce lo dobbiamo come siciliani, come madoniti e come castelbuonesi.

Ce lo dobbiamo proprio nei confronti dei nostri nonni che negli anni ‘20, all’indomani della prima guerra mondiale, quando gli stenti erano inimmaginabili e l’Italia piangeva già i suoi tanti giovani morti sui campi di battaglia, in un Meridione arretrato e aspro, quando davvero poco arrivava sulla tavola delle case, ecco in quegli anni, in un giorno di aprile, il fiero e coraggioso Sindaco dei nostri nonni, a nome di tutti i suoi concittadini, con un sogno in tasca rappresentato da un gruzzoletto di 20.500 lire, raccolto chissà con quale fatica in quel dopoguerra funesto, si recava all’alba con il suo calesse a Termini Imerese per acquistare all’asta il Castello dei Ventimiglia, riuscendoci.

Ecco, la nostra memoria ci chiama all’appello e come allora i castelbuonesi si inventarono una colletta popolare per tutelare il castello – che è diventato di tutti – e ci identifica perfino nel nome, così oggi, per una sorta di circolarità della stessa storia, spetta a noi, cento anni dopo, dover “osare” e percorrere questa opportunità che ci si sta presentando. Perché in questo riconoscimento della creatività castelbuonese vi è una visione che non va declinata solamente in ambito culinario, seppure non possiamo disconoscere il fatto che sia questo un comparto ormai portante per la nostra economia. Diviene obiettivo culturale, nel senso più alto e profondo, tale da saper raccontare al mondo la straordinarietà della dieta mediterranea attraverso i tanti saperi e i sapori del nostro territorio e delle sue produzioni: la manna, le cultivar dell’ulivo e della vite, il fungo e la ricotta salata di basilisco così come la provola delle Madonie, le verdure spontanee, il miele dell’ape nera sicula, le conserve o il fagiolo “badda” e poi ancora lo sfoglio e la testa di turco, capostipite dell’arte dolciaria castelbuonese elevata a eccellenza con i prodotti da forno e con il panettone, diventato siciliano per il suo profumo e i suoi azzardi. Deve insomma rappresentare una spinta evolutiva verso un’economia proiettata al mondo della biodiversità e della sostenibilità.

Andrea Zanzotto, conosciuto come il poeta del paesaggio, sosteneva che “noi siamo il paesaggio che vediamo” e solo nell’armonia di tutte le sue componenti se ne ha la percezione e la restituzione democratica, quindi uno sviluppo virtuoso e duraturo. Quel castello e quel bosco che ci siamo trovati in eredità dai padri e dalla storia, vanno custoditi e valorizzati con strumenti nuovi e con l’entusiasmo di sempre.

E allora ecco un invito, che è a un tempo un auspicio: si faccia fronte comune perché c’è in gioco la vocazione del territorio e la sua identità, perché quel fare e quel saper fare possano prendere l’unica direzione che vale la pena percorrere: quella della crescita felice.

L’invito perché quella “proiezione della città in un futuro pensato come tempo corale” consegni un territorio armonioso a tutti noi: a chi c’è, a chi è lontano ma ritorna sempre. A chi verrà dopo di noi.

Io ci credo.

Adriana Scancarello

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