Francesco Minà Palumbo + Pupi? Attorno all’ibridazione di un Museo…

(Riceviamo e pubblichiamo) – Non possiamo accondiscendere all’idea, nei prossimi giorni, di integrare tra i contenuti dell’attuale nucleo museale Francesco Minà-Palumbo una collezione di pupi siciliani di scuola palermitana.
Con tutto il rispetto per i pupi, a nostro avviso, il progetto cozza con le finalità dell’attuale museo che, giova ricordarlo, è un museo “naturalistico”, per espressa accezione già scritta nel nome.
Se “naturalistico” vuol dire attinente alle Scienze naturali, sarebbe come proporre i proverbiali “Cavoli a merenda”, prestando il fianco al tam tam mediatico che evidenzierebbe, come minimo, la nostra confusione linguistica, adombrandone possibilmente anche il valore scientifico.
Certo, è una proposta che ci si può aspettare da parte di chi confonde il teatro, centro di cultura per vocazione, con un centro poli-funzionale molto… polifunzionale!
D’altra parte, i pupi siciliani non hanno alcun nesso con Castelbuono e i castelbuonesi: sono espressione di quello spirito eroico, cavalleresco ed epico che fonda un preciso filone letterario. Il significato poetico dei pupi va rispettato ed amplificato con lo stesso rigore dei contenuti scientifici, senza diluire la portata degli uni nel significato degli altri. Verrebbe fuori un’operazione pseudo-identitaria, grossolana, che potrebbe far tacciare di incompetenza una comunità che, per la sua storia culturale, non lo merita. Inventare accozzaglie prive di nesso causa-effetto è un pericoloso boomerang.
Vogliamo ricordare che Francesco Minà Palumbo, encomiabilissima figura di divulgatore scientifico ante litteram, si è interessato anche di tradizioni popolari. Dal suo approccio e secondo intendimenti storico-biografici bisognerebbe e bisognerà partire per ampliare e dare la giusta dignità e gli opportuni collegamenti al suo eclettismo. Il tutto da un piccolo museo nel territorio di un Parco sì di lunga vita, ma poco dinamico. Per quanto di modesta portata, proprio per la qualità degli apporti del Minà, il suo museo potrebbe fare da battistrada di cultura scientifica da un presidio naturalistico qual è la Sicilia. La scommessa su cui giocare la partita professionale turismo-ambiente-essenze, in ogni stagione dell’anno.
Infine, invitiamo a desistere chi sta portando avanti questa proposta e, parafrasando l’evangelico imperativo – correndo anche il rischio di guadagnare l’appellativo di “ladri di cultura” -, suggeriamo di dare all’Opera dei pupi ciò che è dell’Opera dei pupi e a Franscesco Minà Palumbo solo ciò che è di Francesco Minà Palumbo (e volendo, anche a Dante solo ciò che è di Dante).
La Costituente per la Castelbuono di domani

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