I Niputi dâ zza Cicca e la maschera “nazional”-popolare. Appunti per una storia della maschera

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8 Commenti

  1. giornalista o giornalaio ha detto:

    non ho mai visto rievocare il passato con una tale insistenza e continuità come negli ultimi anni. E’ un fenomeno nazionale, la televisione ci propone continue rievocazioni, ubriacature di passate glorie culturali, industriali, artistiche e anche sportive. A Castelbuono questa fenomeno ha un’incidenza anche maggiore, basta vedere quante pagine sono dedicate a celebrare presunte passate glorie, e quante a presentare prossimi o futuri avanzamenti. Se si guarda un giornale degli anni ’60 e ’70 forse anche prima metà ’80 non è così. Sarebbe da studio sociologico, ma è forse vedere un paese che inesorabilmente si svuota che porta ad aggrapparsi a queste forme di difesa, come lo studente che non capisce l’Algebra e dice che è il professore che non sa spiegare. Tacciono fragorosamente quelli che fecero pezzi “unni un ci iavi nuddri” come il Processo a Galileo, I mistero di Adamo, gli adattamenti di Pirandello…

    • Antonio Di Garbo ha detto:

      Caro amico
      “giornalista giornalaio”
      che, non firmandoti con il tuo nome e cognome, non so chi sei.
      In merito a quanto hai scritto, posso provare a darti una mia risposta, rivolgendoti l’invito a riflettere un po’ su quello che di seguito ti scrivo.
      Noi che, abbiamo vissuto la nostra giovinezza, a cavallo degli anni settanta e ottanta dello scorso secolo, a mio modesto parere, abbiamo forse vissuto la stagione più bella dell’intera esistenza umana.
      Infatti abbiamo potuto godere di tutto quello che hanno costruito i nostri genitori e nonni all’indomani della tragedia di due guerre mondiali nonché di secoli di miseria, fame e arretratezza culturale.
      Diciamo fino agli albori degli anni novanta del XX° secolo, quando poi, sia sul piano nazionale che su quello strettamente paesano, grazie anche all’intervento della Magistratura, sono successi una serie di avvenimenti che ci hanno portato allo stato attuale.
      Eccoti a mio parere, spiegato il perché spesso ci giriamo a guardare il passato.
      Un po’ come quando ognuno di noi, ormai avanti negli anni, guarda con nostalgia le foto che lo ritraevano al tempo della propria giovinezza.
      Per quanto riguarda il prezzo scritto dal professore Massimo Genchi, che anche a nome degli altri componenti del mio gruppo ringrazio, oltre a tutto quanto ho descritto io, immagino che voglia invitare tanti miei, suoi ed immagino anche tuoi compaesani, a svegliarsi da quel torpore al quale si sono lasciati andare, al punto che per il piacere di pochi (ma forse di uno soltanto, che per il momento,molti assecondano incondizionatamente) ci stanno togliendo IL TEATRO non inteso come struttura (in quanto quel manufatto andava razionalizzato sia internamente che esternamente) ma come istituzione.
      Spero di essermi fatto capire e di aiutarti a non cavalcare l’onda momentaneamente prevalentemente, soltanto perché
      ” Camora tutti dicini d’accussi’ “

      • giornalista o giornalaio ha detto:

        caro Antonio,

        leggendo la tua educata risposta a una mia riflessione, che peraltro non era contro nessuno, vedo una frattura generazionale. Eppure la vostra generazione ha visto gli anni di piombo in tv in bianco e nero, i delitti di mafia in Sicilia ma evidentemente vedevate un futuro migliore. La mia è stata da ragazzi abituata a una narrazione di incertezza e precariato, liceali a cavallo di due millenni e poi in giro per il mondo con erasmus. é stato bello ma ci ha anche fatto capire quanto eravamo messi male come paese. forse non aver avuto confronti sarebbe stato meglio, forse. forse non ci hanno educato ad accontentarci. Sullo scritto nulla da dire. sul teatro mi dispiace tanto. ma se il voto poteva sovvertire un destino, non lo ha fatto. La struttura era chiusa da che mi ricordi io. Poi non è che nell’altro teatro ci sia la rassegna di pezzi ogni domenica. Non so perchè onestamente. io non volevo cavalcare alcun onda. volevo riflettere su come oggi si tenda a vivere di passato perchè evidentemente un futuro non lo vediamo. trovare shakespeare o Bakett piacerebbe anche a me, tornando,

        • antonio di garbo ha detto:

          Caro “giornalista giornalaio”
          Premetto che non vorrei che tutto ciò si trasformasse in un dialogo tra noi due, in quanto non farebbe altro che tediare i lettori di questa pagina.
          Aggiungo che tu sai chi sono io mentre io non conosco chi puoi essere tu.
          Dallo pseudonimo che hai usato, mi auguro che non sarai la persona che io immagino.
          Nella mia precedente risposta non mi pare di avere lasciato intendere che la tua riflessione fosse contro qualcuno, cosa che peraltro non è stata la mia risposta precedente né tantomeno vuole esserlo questa.
          Ho tentato semplicemente cercato di spiegarti, secondo il mio punto di vista, perché oggi si rivanga spesso il tempo passato.
          Da quello che hai scritto deduco che tra me e te ci sia una differenza generazionale di almeno trent’anni, di conseguenza, con tutta la buona volontà che potrò metterci, non credo che di essere in grado di farti capire quello che è stato il tempo della mia adolescenza e poi gioventù.
          Si abbiamo vissuto gli anni di piombo così come i delitti di mafia, attraverso la tivvù in bianco e nero e appunto speravamo in un futuro migliore. Senza dimenticare però che, quel presente era già molto migliore del passato e ci eravamo illusi che il futuro sarebbe potuto essere ancora migliore.
          Poi sono arrivati gli anni ’90 e la tivvù già a colori, ci teneva informati su quello che interessava farci sapere, tacendo però su tutto il resto.
          Voi liceali a cavallo di due millenni, giravate il mondo con erasmus, mentre noi rimanevamo stanziali.
          Ti dico soltanto che la mia prima gita scolastica è stata in quinta elementare, al cimitero.
          Si hai capito bene.
          Con la gita di terza media abbiamo visitato Enna e Piazza Armerina e poi l’ultimo anno di scuola superiore, abbiamo fatto quello che era il classico giro per quegli anni in quasi tutte le scuole della nostra zona. Vale a dire, parte dell’Emilia Romagna, delle Marche e Venezia.
          Sapevamo di realtà ben diverse rispetto alla nostra, anche perché in quegli anni, in estate tornavano in paese moltissimi nostri compaesani emigrati al Nord dell’Italia e all’estero che ci riferivano delle realtà in cui vivevano, di conseguenza sapevamo come eravamo messi.
          Tutto ciò non era altro che uno sprone a migliorarci, sia noi che la realtà in cui vivevamo.
          Ci abbiamo tentato. Ci siamo riusciti?
          Io ho svolto il mio corso di studi superiori a Cefalù, quindi a diretto contatto con ragazzi di realtà diverse che, seppure a distanza di pochi chilometri, posso dirti che allora ogni paese aveva una propria peculiarità, anche se minimamente, diversa l’una dall’altra.
          Allora quando mi veniva chiesto di quale paese ero, io con orgoglio rispondevo che ero di CASTELBUONO.
          Per quanto riguarda il teatro a Castelbuono, devo purtroppo dirti che sei informato male.
          Ricordo infatti che sin da piccolo, con mio papà andavo spesso a teatro in quanto venivano diverse compagnie da fuori, a cominciare Franco Zappalà a finire alla compagnia “il granserraglio”
          Fino alla fine degli anni sessanta, non c’erano compagnie locali, tuttavia durante il periodo di carnevale, il veglione non si teneva soltanto per due sere come adesso o tre a partire dalla seconda metà degli anni settanta e sino a quando non è stato chiuso il teatro comunale. Ma per diverse sere, non so dirti con precisione quante, ma posso assicurarti che si avvicinavano a dieci serate.
          Tu eventualmente avrai vissuto solamente il periodo in cui è scaduta la concessione data alla gestione “ARPA” e di conseguenza, siccome la struttura necessitava di notevoli opere di sicurezza, è stata abbandonata sino al degrado attuale.
          “ L’altro teatro“ per noi “il cinema Alessandro“ non è mai stato un teatro, è stato semplicemente un cinema dove ai piedi dello schermo cinematografico è stata realizzata una modesta struttura che, quando da quando è stato chiuso il teatro le fontanelle, per necessità è stata adibita a palcoscenico.
          Senza camerini, ma con bagni all’occorrenza adibiti a tale uso, al punto che ti dico per esperienza personale, una sera mentre stavo per cambiarmi per andare in scena, mi si è presentato uno spettatore con “l’armamentario” pronto per andare in bagno.
          Nonostante tutto, qualche compagnia da fuori mi pare abbia calcato quelle tavole.
          Se non ricordo male, fra le altre, la compagnia “Armonia“ di Cefalù che ha messo in scena una commedia dialettale dal titolo “Non ti pago”
          In ultimo, non ho scritto che stavi cavalcando l’onda, semmai ti invitavo a non lasciarti tentare dal farlo, in quanto a mio modesto parere è importante il pensiero del singolo e non il movimento della massa.
          A sua volta guidata da un singolo.
          Chiedo scusa per la lunghezza, ma mi sono limitato all’essenziale.

        • Clov ha detto:

          Scusi mister, chi è Bakett?

  2. Tempo ha detto:

    Credo che da studio sociologico sia chi ritiene non degno di nota il passato che costituisce le radici di un popolo, che diventa storia maestra di vita. Ma non per chi fa tabula rasa del passato, forse perché non ha nulla di onorevole nel suo.

  3. Generazione Z ha detto:

    Incapaci di immaginare un futuro, ricordare un passato ordinario è quello che ci resta.
    Io comunque leggo con piacere i cunti del professore

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