I rapporti di Francesco Minà Palumbo con il Museo de La Specola di Firenze

(Di Massimo Genchi) – Prendo spunto dal bel lavoro di Fausto Barbagli e Marta Poggesi “I rapporti di Francesco Minà Palumbo con il Museo de La Specola di Firenze”, cortesemente segnalatomi dal prof. Orazio Cancila che qui ringrazio, per mettere a fuoco l’interesse scientifico di Minà nei confronti della fauna vertebrata, estrapolando dalla stessa memoria l’importante rapporto di collaborazione scientifica fra l’illustrissimo castelbuonese e Enrico Hillyer Giglioli, direttore del Museo zoologico de La Specola, il più antico museo scientifico d’Europa. I lettori più interessati ad approfondire possono consultare la versione integrale dell’articolo di Barbagli&Poggesi all’indirizzo www.francescominapalumbo.it

Per cominciare è bene ricordare che all’epoca in cui Minà scrisse i suoi lavori più importanti sui vertebrati, vale a dire il Catalogo degli uccelli delle Madonie (1853-59) e quello sui mammiferi della stessa regione (1858) Giglioli era appena un bambino benché già alquanto incline alle scienze naturali. Infatti, a venti anni era a bordo di una nave che in tre anni fece il giro del mondo; un viaggio scientifico, un po’ come quello che aveva effettuato Darwin trent’anni prima.

Il credito acquistato con il suo “Viaggio intorno al globo”, consentì a Giglioli di arrivare alla cattedra di zoologia dei vertebrati a Firenze dove, a partire dal 1875, costituì La Collezione centrale degli animali vertebrati italiani avvalendosi del contributo di naturalisti di ogni parte d’Italia i quali spedirono alla Specola reperti appositamente raccolti.

Fu certamente grazie all’antica amicizia che legava Minà a Filippo Parlatore, all’epoca direttore dell’Erbario centrale italiano, che nel 1869 si instaurarono i rapporti fra il Castelbuonese e il Museo de la Specola, quindi prima dell’arrivo di Giglioli a Firenze. In quell’anno, infatti, sono documentati invii alla Specola di reperti di fauna ittica, erpetologica e mammalogica della Sicilia da parte di Minà.

La collaborazione con Giglioli iniziò a maggio 1877. In quell’anno Minà effettuò cinque spedizioni alla Specola che comprendevano reperti di mammiferi, rettili, anfibi e pesci per un totale di 192 esemplari e 33 uova di uccelli, fra i quali due uova di gallina prataiola, oggi estinta in Sicilia. Dei 33 esemplari di uova, solo una decina sono giunte fino ad oggi subendo, purtroppo, la stessa fine di quelle che erano custodite nel museo di Minà a Castelbuono. I rimanenti reperti sono arrivati a noi pressoché integri e, ancora oggi, sono visibili nelle collezioni della Specola. Fra questi, di molto interesse sono un maschio di tritone punteggiato, raccolto sull’Etna, gli esemplari di Arvicola nebrodensis, taxon descritto da Minà Palumbo nel 1868, e un pesce del genere Mugil pescato dapprima alla foce del fiume di Isnello e successivamente nel Monalo, vale a dire ô Miliuni, dove il pesce suole risalire il corso d’acqua per qualche chilometro prima di fermarsi in corrispondenza di un ostacolo insuperabile che presenta il fiume. Minà tribolò alquanto per riuscire a trovare il muggine ô Miliuni per via del mal vezzo di avvelenare le acque del fiume con l’euforbia, u rrizzitìeddru, più volte all’anno, per la pesca di frodo, pratica questa che secondo Minà avrebbe determinato l’estinzione di diverse specie, compreso il Mugil.

E’ interessante rilevare che nell’Iconografia di Minà, nell’unica tavola dedicata ai pesci, è raffigurato il muggine – che poi è un cefalo – senza alcuna indicazione dell’anno e del sito in cui fu pescato. Ma incrociando i dati è facile convincersi che quel disegno, con ogni probabilità, fu eseguito su uno degli esemplari spediti a Giglioli e forse quella tavola, nelle intenzioni di Minà, doveva costituire l’inizio di una sezione dedicata alla fauna ittica che però rimase solo un proposito.

I meriti di Minà per la costituzione della Collezione centrale furono largamente riconosciuti da Giglioli il quale, per esempio, in un discorso tenuto a Firenze al cospetto di Pedro II imperatore del Brasile, in occasione dell’inaugurazione di una sala, menzionò espressamente il grande castelbuonese come fra i benemeriti del museo della Specola. Dal momento che Minà in Sicilia era una celebrità e aveva costruito una fittissima rete di corrispondenti, collaboratori e di conoscenze fra i naturalisti e i semplici cultori di scienze naturali, si adoperò per creare un gruppo di informatori nell’Isola in grado di fornire a Giglioli reperti per la sua Collezione centrale degli animali vertebrati italiani.

Minà collaborò con Giglioli anche per l’inchiesta ornitologica in Italia (1885-1890) i cui risultati furono pubblicati in volume fra il 1889 e il 1891. I dati relativi al distretto di Castelbuono e delle Madonie furono pubblicati nella seconda parte dell’opera (pp. 599-609) e introdotti da un discorso di carattere geoclimatico sulla regione delle Madonie curata dallo stesso Minà Palumbo. Si tratta di un elenco di 177 specie di uccelli silvani, rapaci, passeracei, razzolatori con i rispettivi nomi scientifici e vernacoli, corredati da note sulle loro abitudini e sull’habitat.

L’elenco delle specie di uccelli osservate nel distretto delle Madonie – avverte Giglioli in apertura del capitolo – è stato compilato a partire da tutte le notizie fornite dal dott. F. Minà-Palumbo, “un veterano e chiaro naturalista, ben noto pei molti lavori pubblicati sulla Storia naturale delle Madonie”. Dunque, quello tributato da Giglioli a Minà, scrivono Barbagli e Poggesi a conclusione della loro memoria, è un “riconoscimento quantomai meritato per questa nobile figura del panorama culturale dell’Ottocento siciliano” a ulteriore conferma del valore assoluto nella comunità scientifica del naturalista di Castelbuono.

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Visto che dell’opera di Minà Palumbo si tende a parlare sempre di meno, specialmente da parte di coloro che dovrebbero occuparsene maggiormente, per evitare che il nostro illustrissimo concittadino possa essere traghettato nella posterità come un non meglio definito personaggio nel cui museo si teneva l’opera dei pupi, oltre che l’istituzionalizzata e incontrollata gozzoviglia annuale a base di vino, beveraggi e cibarie varie, ribadiamo per chi non lo sa, per chi non è interessato a  saperlo, per chi ha una idea monotematica di cultura e dei suoi risvolti, che il titolare di quel sito non è stata una mezza calzetta qualsiasi, uno sfaccendato e ozioso che visse di espedienti, ma un celebrato uomo di scienza, instancabile ricercatore, la cui notorietà e i cui meriti esorbitarono sicuramente dalla grande e fitta rete di relazioni intessute con studiosi di tutta Europa.

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