Il castelbuonese Gioacchino Failla “uomo copertina” nel 1955 della rivista americana “Life”

Il castelbuonese Gioacchino Failla "uomo copertina" nel 1955 della rivista americana "Life"

Tra gli studi dello scienziato di Castelbuono la Fisiopatologia dei tumori maligni e la loro sensibilità al radio.

Agli inizi del 1950 uno dei progetti fu quello di analizzare la propulsione nucleare del motore degli aerei.

Da personaggio sconosciuto a Castelbuono ed Italia a scienziato affermato negli Stati Uniti. Com’è strana la vita. E dire che Gioacchino Failla non ha mai dimenticato le sue origini. Per anni intraprese una fitta corrispondenza epistolare con la cugina Sofia Rosa, figlia dello zio Luigi Failla Tedaldi. Poi il tempo, la lontananza…

 

Eppure lo scienziato castelbuonese ha lasciato un importante “testamento”: milioni di lavoratori di molte generazioni che oggi sono a stretto contatto con le radiazioni molto al suo lavoro sulla protezione dalle radiazioni. E la fisica sanitaria ebbe un ruolo predominante per i suoi studi, per le sue sperimentazioni.

 

Il termine “fisica sanitaria” nacque nel laboratorio metallurgico dell’Università di Chicago per designare, come racconta il prof. Juan Angel del Regato (1909-1999), “quei fisici coinvolti nella misurazione delle radiazioni, per salvaguardare chi lavorava con esse e per distinguere queste persone dai fisici teorici o quelli che avevano a che fare con altri aspetti della scienza fisica”.

 

Failla adoperò questo termine per la prima volta all’inizio degli anni ’40 del Novecento e grazie a lui nel 1956 fu fondata una Società di Fisica Sanitaria. A tal proposito bisogna ricordare quanto ebbe a dire Walter  Stephen Snyder (1909-1977): “Il prof. Failla fu certamente uno dei primi e dei più grandi fisici sanitari del tempo”.

 

Uno studioso assai ricercato non solo negli States ma in tutto il mondo accademico. Fu consulente, tra l’altro dei Servizi di Salute Pubblica e dell’Amministrazione dei Veterani. Parecchie istituzioni del tempo, soprattutto quelle coinvolte nella ricerca atomica, lo ricercavano per la sua esperienza nella protezione dalle radiazioni.

 

Fu consulente, tra l’altro, anche dei Laboratori Nazionali di Argonne, di Los Alamos e del progetto di propulsione nucleare del motore degli aerei. Interessante anche il suo lavoro portato a termine nel 1957 insieme alla moglie Pat sull’invecchiamento, studio iniziato tra il 1950 e il 1953. Postulò, così come racconta ancora il prof. del Regato che “sebbene l’esposizione giornaliera alle radiazioni potesse essere ridotta, l’accumulo totale delle esposizioni era molto importante e, sebbene il recupero fosse maggiore di un danno irreversibile, era vero l’inverso per ionizzazioni altamente specifiche come quella delle particelle alfa e dei neutroni, che producono danni ai cromosomi e mutazioni genetiche. Teorizzò inoltre che se il processo di invecchiamento è dovuto all’accumulo di cellule mutate per vari motivi – caldo, malattie infantili, ereditarietà – in tutti i tessuti del corpo, allora l’esposizione alle radiazioni ionizzanti altera semplicemente il tasso di mutazione e accelera il processo d’invecchiamento”.

 

Altro suo studio fu quello sulla fisiopatologia dei tumori maligni e la loro sensibilità al radio. Ricerche iniziate fin dal 1937 con la collaborazione di K. Sugiura (1892-1974) che si occupò del lavoro preliminare irradiando il sarcoma 480 in vitro e una volta impiantato in vivo. Il prof. Failla notò che le cellule di tumore irradiato spesso prima di morire si gonfiavano. Ne dedusse che ciò era causato da un’alterazione della pressione osmotica, dovuta probabilmente alla inonizzazione che colpiva la membrana cellulare. E non ultimo creò anche un’unità per contenere 4 gm di radio che fu chiamata “pack”. Aveva un meccanismo di «spegnimento» per proteggere il personale e le risorse potevano essere usate a 8-10 centimetri di distanza.

 

 

Failla non finì di sorprendere. L’1 febbraio 1955 la prestigiosa rivista di foto-giornalismo “Life” gli dedicò la copertina (nella foto). Per la prima volta un italiano, un siciliano, in questo caso un castelbuonese, conquistava la prima pagina immortalando lo scienziato davanti ad un microscopio nel suo laboratorio e dedicandogli due pagine di un ampio servizio. Failla aveva 65 anni ed era nel pieno della sua attività scientifica.

 

Cinque anni più tardi, nel 1960 divenne professore emerito di Radiologia e decise di lasciare la sua casa di New York per trasferirsi con la moglie Pat a Chicago, allontanandosi dalle due figlie Marie Luise che si laureò in Biologia e lavorò per anni al Museo di Storia Naturale di New York ed Evelyn che gli diedero anche cinque nipoti. La morte arrivò la sera del 15 dicembre 1961 sulla strada ghiacciata Downers Grove. Era a bordo della sua auto con il suo allievo John E. Rose che rimase gravemente ferito, lui invece morì sul colpo. Alla sua memoria ancora oggi si celebra ogni anno un premio scientifico. (2. fine)

(Fonte: ilsitodipalermo.it – Antonio Fiasconaro)

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