Il passaggio delle gru su Castelbuono – [VIDEO]


(di Anna Maria Cangelosi e Massimo Genchi) Una delle esperienze più emozionanti che possa capitare è senza dubbio il sentire, nel cuore di una notte piovosa o di una grigia ed umida mattinata, il verso delle gru accompagnato dal ritmato battito delle grandi ali. Si tratta di un verso particolare, quasi curioso, di quelli che catturano l’attenzione, perché strano e poco frequente. Una volta che lo hai conosciuto, però, ti rimane dentro e lo riconosci fra tanti, anche a distanza di tanto tempo. Questi grandi ed eleganti uccelli migratori, dopo aver nidificato nel nord Europa, a stormi di decine, a volte di centinaia, volteggiano nel cielo siciliano, prima di dirigersi verso i più caldi lidi africani, dove trascorrono l’inverno.

Parlando di gru, non si può non andare con la mente a Chichibio, il cuoco di Boccaccio che, per compiacere l’amata Brunetta, si ritrova in una situazione incresciosa nei confronti del suo padrone Currado Gianfigliazzi, da cui riesce a venire fuori, grazie a una battuta di spirito rimasta celebre: “Messer sì, ma voi non gridaste ho ho a quella di iersera; ché se così gridato aveste, ella avrebbe così l’altra coscia e l’altro piè fuor mandata, come hanno fatto queste”. Alludendo, lo spasimante di Brunetta, al fatto che la coscia dell’arrosto di gru, che la sua amata aveva preteso, mancava solo perché Currado non aveva intimato all’uccello giacente bell’e cotto nel vassoio, di cacciar fuori la zampa che notoriamente l’animale, in posizione di riposo, ritira sotto il corpo.

Le Gru cenerine o eurasiatiche, Grus grus, hanno attraversato un periodo di drastica riduzione a causa dell’unica specie “pensante” che riesce a danneggiare l’ambiente vitale, la Terra. La distruzione degli habitat per la riproduzione ha influito pesantemente sulle popolazioni di gru. Oggi, grazie alle azioni di protezione ambientali intraprese da diversi paesi, assistiamo ad un loro progressivo aumento che rende più facile l’avvistamento di questo bellissimo uccello.

Le rotte migratorie delle gru seguono tre strade. Dall’Europa Nord-orientale, attraversando i cieli della Polonia, dell’Ungheria, della Germania e dell’Austria, le gru si dirigono verso la Spagna e il Marocco, attraverso le Alpi e la Pianura Padana. Una seconda rotta è battuta dalle gru che nidificano nelle regioni baltiche e che raggiungono l’Etiopia sorvolando l’Ucraina e il Mar Nero. La terza rotta punta verso il Nord-Africa (Tunisia e Marocco) e l’Africa orientale (Etiopia) dopo una sosta in Ungheria, in una grande area protetta, dove gli uccelli trovano l’ambiente ideale per ricaricarsi per il lungo viaggio. E’ quest’ultima rotta che porta le gru sui territori italiani e, in particolare, sulla Sicilia dove gli avvistamenti sono storicamente attestati.

Il grande naturalista di Castelbuono Francesco Minà Palumbo scrive nei suoi Studi agrari sulla campagna settentrionale delle Madonie (1853), meglio noti come Proverbi agrari: «La Nonna, Ardea cinerea Lin. chiamata nel nostro dialetto gru, gròi, nell’està abita i paesi settentrionali, sul finir di settembre comincia ad emigrare, e fra noi in taluni anni passa nel principio di ottobre, sino al venti novembre, di raro in dicembre, e va a svernare nell’Egitto, ed in altri paesi più caldi dell’Africa. All’avvicinarsi i primi tepori di primavera si mettono nuovamente in cammino, e facendo svariate evoluzioni nel grande Oceano atmosferico ritornano nel Settentrione visitando le Isole di Malta, del Gozzo, Lampedusa, poi la Sicilia e le Isole Eolie, vanno in contrade favorevoli per la loro propagazione».

L’esemplare di gru disegnata da Minà Palumbo nell’inverno 1855

Quest’anno il passaggio su Castelbuono è avvenuto nella mattina del martedì 18 dicembre, confermando che il periodo varia con il variare del clima: la migrazione si sposta tanto più in avanti nell’anno solare quanto più le temperature sul nostro continente si mantengono miti. Il passaggio delle gru nei cieli madoniti ha un risvolto collegato alla pratica agricola della semina che, nella tradizione popolare viene testimoniato da un proverbio, un tempo assai conosciuto: Quannu passa la groi punci lu voi. Il passaggio delle gru veniva considerato un orologio agricolo in quanto l’aratura dei terreni (nel corso dei quali era sovente necessario pungolare i bovi) e la semina del grano sono naturalmente più proficue se eseguite nel periodo delle piogge. Gli animali che notoriamente avvertono prima degli uomini il cambiamento, nel caso in esame le gru con la loro migrazione, venivano considerati un riferimento attendibile per l’arrivo della stagione favorevole alla semina. Consiglia sagacemente il Minà «Nel primo passaggio il bifolco deve affrettarsi a riarare, ad interzare, ed a seminare, perché le piogge autunnali, i freddi, ed anco le nevi sono prossime; il passaggio di questo uccello è un buon indizio per la semina, perché costantemente due o tre giorni dopo succede la pioggia, che è favorevole a far germinare subito il grano. Nel ripasso che suol succedere nella settimana di San Giuseppe, 19 marzo, si deve affrettare il bifolco a compiere la semina del grano marzuolo (quello che ordinariamente si chiama ancora oggi tumminia), e da dissodare le naturali erbaie onde preparare il maggese per la futura semina».

Oggi, persa la valenza agricola delle migrazioni delle gru sui nostri cieli, in un’epoca in cui sono disponibili previsioni meteo sempre più scientificamente attendibili, rimane fondamentale conoscere e tramandare. Perché alla base della salvaguardia del nostro pianeta e della biodiversità c’è la conoscenza. Alla lunga amiamo ciò che conosciamo e proteggiamo ciò che amiamo. La storia delle gru, il ripopolamento dei nostri cieli, legato a politiche di salvaguardia ambientale serie, ne è la dimostrazione e deve incoraggiarci a fare sempre di più.

Video del passaggio delle gru su Castelbuono il 18 dicembre alle ore 7, gentilmente concesso da Mario Di Maggio

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