Il Sole 24 Ore: “Castelbuono avvia il modello concreto di South Working”

Dopo Milano Finanza, RaiNews24 ed altre testate nazionali e non, oggi anche Il Sole 24 Ore dedica nella sezione Sud un lungo articolo a firma di Nino Amadore al “South Working Castelbuono“, progetto nato dall’iniziativa di un gruppo di volontari e “smart worker” castelbuonesi e il Centro Commerciale di Castelbuono, con il supporto del Comune di Castelbuono e delle Istituzioni culturali locali. Negli scorsi giorni anche il Vescovo Marciante ha voluto incontrare alcuni volontari del progetto e ha speso parole di elogio e di condivisione. Ne approfittiamo per informare che, al termine del periodo in zona rossa, le tre sedi coworking (Museo Civico, Museo Naturalistico e Casa Speciale) saranno nuovamente aperte al pubblico e che è possibile prenotare la propria postazione attraverso il tool online su sw.ccncastelbuono.com.
È in Sicilia uno dei primi presidi nelle aree interne d’Italia con tre coworking e
un ecosistema dedicato ai lavoratori da remoto, frutto di un protocollo d’intesa
pubblico-privato e della sinergia fra south worker locali e Istituzioni comunali in
partnership con l’Associazione South Working – Lavorare dal Sud®
Coworking funzionali all’interno di poli museali e sedi storiche, pause pranzo gourmet, strutture ricettive in convenzione e una grande varietà di attività per il tempo libero per scoprire un territorio davvero straordinario. Nasce così “South Working Castelbuono” per il lavoro da remoto a quindici minuti dal mare della costa nord siciliana e attorniato dalle cime più incantevoli delle Madonie, all’interno dei principali monumenti che raccontano la storia di questa cittadina, oggi tra le più dinamiche di Sicilia.
South Working Castelbuono è il marchio di un progetto che unisce storia e futuro e fa del borgo medievale il primo presidio attivo in Italia e ufficialmente riconosciuto dall’Associazione South Working – Lavorare dal Sud®.
Tutto è partito alle fine dello scorso anno dall’iniziativa di un gruppo di castelbuonesi fra cui dei south worker locali, accolti dalla comunità fin dalle prime fasi della pandemia. “Già da fine febbraio 2020 abbiamo deciso di spostarci a Castelbuono per affrontare la pandemia in un contesto di minore incertezza sanitaria ed è subito emerso l’impatto positivo sulla nostra produttività: per questo abbiamo deciso insieme di creare un sistema locale integrato indirizzato a tutti coloro che vogliano svolgere il proprio lavoro a distanza in questo meraviglioso angolo di Sicilia” – spiegano gli ideatori.
Anche qui l’emergenza da Covid-19 ha innescato dei mutamenti che hanno generato conseguenze sia sulla società che sul mondo del lavoro: cambiamenti che resteranno tali anche quando ci lasceremo alle spalle questo periodo. Tra questi c’è l’esplosione del lavoro da remoto con la possibilità che esso diventi un’occasione di rilancio dei territori, soprattutto quelli del meridione d’Italia, grazie al controesodo della fuga dei cervelli. Questo fenomeno è stato studiato dall’Associazione South Working – Lavorare dal Sud, composta da giovani professionisti, manager e accademici.
L’obiettivo, partendo dalle agevolazioni inserite nel decreto Crescita 2019, è quello di sottoporre al legislatore proposte per far riconoscere migliori condizioni contrattuali a chi usufruisca di questa nuova modalità lavorativa, per una nuova opportunità di rilancio economico e sociale d’Italia, partendo proprio dalle regioni del Mezzogiorno.
“A Castelbuono – raccontano vari south worker – per via della sua posizione geografica e del suo fermento socioculturale, la qualità della vita è eccellente. Siamo nati qui e anche se i borghi delle aree interne sono lontani dallo stile di vita tipico delle città in cui ci siamo trasferiti, operando da remoto nei coworking sparsi per il paese non abbiamo avuto alcun disagio, riuscendo ad essere felici senza ridurre gli standard di produttività a cui eravamo abituati. Per questo abbiamo pensato che lavorare da Castelbuono fosse un’esperienza da vivere e condividere e quindi abbiamo accolto con entusiasmo il progetto con l’intento di diffonderlo all’interno dei nostri network di colleghi e amici: è un’opportunità da sfruttare anche quando sarà più semplice spostarsi fra le regioni e dall’estero”.
South Working Castelbuono è un modello che accoglie il lavoro agile di ogni professionista: da chi è nativo di questi luoghi ma ha dovuto lasciarli per il Nord Italia ed Europa, a chi ancora non conosce questo splendido borgo medievale dove tutto è raggiungibile a piedi, e vuole sceglierlo per trascorrere una parentesi di lavoro green.
“Crediamo molto nell’efficacia delle soluzioni che abbiamo iniziato a immaginare a partire da marzo 2020. Castelbuono sarà tra i primi esempi in Italia che vedrà il coinvolgimento della comunità locale e quella dei south worker nello svolgimento di un progetto di grande importanza e replicabile in numerose aree interne d’Italia” – ha dichiarato Mario Mirabile, vicepresidente di South Working – Lavorare dal Sud®. La presidente, Elena Militello, ha aggiunto: “A Castelbuono è già diventata realtà la visione che ci ha spinto, come South Working, a impegnarci in tutto questo ultimo anno per immaginare una risposta positiva alla negatività di questo periodo storico, con benefici per i nostri territori, da cui normalmente i giovani vanno via per studiare o per lavorare, ed è una realtà entusiasmante”.
La sinergia con le Istituzioni comunali e con il Centro Commerciale Naturale Castelbuono è stata cruciale per la realizzabilità del progetto: dalla concessione di spazi pubblici per i coworking e di un avanzato sistema di WiFi, fino al coinvolgimento del personale comunale che ha accolto con entusiasmo l’impegno di gestire le attività ordinarie degli spazi. “Abbiamo subito assecondato i promotori di questa iniziativa e reso disponibile quanto necessario – dichiara il Sindaco di Castelbuono, Mario Cicero – consapevoli delle potenzialità e del contributo che avrebbero potuto fornire alla sua realizzazione e diffusione grazie alle loro competenze e al loro network”.
“E’ un’occasione d’oro per il Sud per dimostrare le proprie capacità in fase di progettazione e di velocità di realizzazione, elevando la qualità dei servizi sia per la comunità locale che per i turisti, senza alcun investimento economico” affermano gli assessori al Bilancio, al Turismo e al Welfare di Castelbuono.
“Il ruolo dei musei, specie in tempi di pandemia e distanziamento, deve evolversi in quello di dispositivi culturali dinamici, capaci di rispondere a funzioni civiche del tutto nuove e diventare anche poli aggregativi di competenze – afferma Laura Barreca, direttore del Museo Civico di Castelbuono, una delle tre sedi coworking, posta all’interno del trecentesco Castello dei Ventimiglia.
Lo confermano anche Francesco Toscano, Direttore del Museo Naturalistico e Concetta Fiasconaro Presidente del Centro Polis, rappresentanti delle Istituzioni culturali a cui sono affidati gli altri due splendidi luoghi che ospitano i coworking, uno all’interno di un chiostro francescano e l’altro nelle stanze di una casa ottocentesca che si affaccia sulla suggestiva piazza principale di Castelbuono.
“Per lavorare bene bisogna mangiare bene – dichiara Natale Allegra, Presidente dell’Associazione Ristoratori Castelbuono – e quindi i south worker devono essere coccolati anche in pausa pranzo con delle agevolazioni sul prezzo dei piatti che esprimono la celebre enogastronomia locale che da sempre attira molta gente”.
“A Castelbuono esistono diverse strutture ricettive che ogni anno accolgono numerosi visitatori provenienti da tutto il mondo, soprattutto durante la stagione estiva. Questa iniziativa, che arriva in un momento difficile per il nostro settore, ci dà l’occasione di offrire ospitalità anche in periodi di minori presenze, proponendo tariffe agevolate dedicate ai south worker” – dichiara Marianna Mitra, property manager che gestisce diverse case-vacanza a Castelbuono.
Il sito web dedicato sw.ccncastelbuono.com raccoglie tutti gli elementi necessari per permettere agli utenti di pianificare il proprio South Working a Castelbuono: i tre spazi coworking con un sistema WiFi avanzato (minino 20Mbps) offerto da Fiber Telecom e un tool di prenotazione delle 20 postazioni disponibili, accoglienti strutture ricettive, ottimi ristoranti per la pausa pranzo e molte idee per il tempo libero. Castelbuono è famosa per il senso di ospitalità e di accoglienza della sua comunità e attraverso questo progetto si potranno creare ulteriori opportunità di sviluppo sostenibile incentivando una contaminazione culturale e professionale che avrà certamente un impatto positivo sulla crescita dell’intera comunità.
Mah!, un finissi mai di diri mah!
Iniziativa probabilmente fuori tempo, di circa un anno. Perché si è capito che comunque l’interazione in presenza vale comunque di più in termini di produttività, google sta iniziando a invertire la tendenza;
https://www.trend-online.com/tecnologia/smart-working-google-amazon/#:~:text=Google%20chiamer%C3%A0%20i%20suoi%20dipendenti,a%20casa%20in%20smart%20working.
https://www.milanofinanza.it/news/google-fa-tornare-tutti-in-ufficio-202103182118239964
sebbene questa ondata pandemica, che si spera sarà risolta con la vaccinazione di massa, abbia portato grandi mutamenti ed accelerato fenomeni in essere, ha anche evidenziato che l’alienazione atomistica del lavoratore terziario produce effetti collaterali sia sulla salute psichica dello stesso (e questo è interesse della società) e sulla produttività aziendale (e questo interessa le aziende e gli azionisti delle Public Companies)
Se piuttosto che postare, senza leggere solo il titolo, leggeste anche il contenuto degli articoli leggereste che:
“Con l’avanzare della campagna vaccinale statunitense, Google sta già programmando l’addio allo smart working e il graduale ritorno in ufficio dal 1° settembre 2021: sono stati fissati una serie di paletti restrittivi per i lavoratori che decideranno di rimanere in smart working (anche in altri Paesi). Tutti i dipendenti saranno posti di fronte a una scelta: continuare a svolgere le proprie mansioni con le modalità di lavoro agile (da casa) o abbandonare la propria casa per tornare in ufficio (senza obbligo vaccinale).”
Google chiederà semplicemente ai suoi dipendenti di SCEGLIERE
Uno dei tanti ingegneri di Castelbuono che vive fuori, torna e lavora a distanza. Ma perché se ne dovrebbe andare a lavorare a Casa Speciale e non starsene comodamente a casa sua, magari mezzo nudo o vestito come gli pare? E perché dovrebbe andare a dormire al B&B e mangiare al ristorante?
Al ristorante magari ci va quando vuole e non quando è in pausa pranzo. Al B&B non andrebbe in ogni caso.
Uno dei tanti ingegneri o bancari della provincia di Agrigento o Ragusa o Siracusa che torna a casa sua per lavorare a distanza. Ma perché se ne dovrebbe venire qui al castello a lavorare? e pagarsi il B&B e il ristorante e tutto? E forse anche la tassa di soggiorno?
E’ infatti di tutta evidenza che l’oriundo se ne va a casa sua, con internet che va…così cosi. il cellulare che non prende, ma per enogastronomia sta a casa sua che è il miglior posto del mondo, idem dicasi per il letto. I nostri ingenui amministratori sperano di attrarre evidentemente un alloctono, magari anche non italiano, che si stabilisca qua a lavorare. Senza voler fare il menagramo, però la mia umile opinione è che le postazioni di Co-working resteranno libere. ben felice se potro vedere Mr.WIlson o Herr Schultz occuparle
Forse andrebbe nei coworking perchè vuole evitare il burnout e vuole stare in compagnia creando network e conoscendo persone sempre diverse che lavorano in posti diversi per arricchire la propria cultura e il proprio modo di lavorare?
ma Mr.WIlson o Herr Schultz qualora decidessero di fare una cosa del genere (e qualcuno c’è già a Castelbuono) si affitta una casa si mette la fibra e si prepara da mangiare.
Bellissima iniziativa. Ma se poi il “south worker” per rispondere al telefono deve uscire dal castello o da San Francesco perché il telefono dentro non gli prende, preferirà andarsene altrove.
Ringraziamo gli illuminati amministratori degli anni 90 (che sono sempre gli stessi di oggi) che non hanno fatto installare i ripetitori dei telefoni atll’interno del centro abitato.
Solo per i giornali
Solo per la consulenza
E per quanto è costato (tutto compreso)
Il nulla
“South Working”….. “coworking”…. “burnout”…. “network”…..
“Maremma la maia….a impestata! Ma ché lo scritto a fare la Divin Commedia ne lo volgo italico, se secoli dopo avessi lo saputo che avreste usato lo volgo de li britanni! Maremma bucaiola”
diffidate da chi usa tutti questi anglismi; solitamente chi lo fa è perché non sa che cosa dire
Voglio dire ai detrattori, ovviamente anonimi, che forse hanno solo guardato il dito mentre chi ha lanciato l’iniziativa voleva additare la luna. Come è naturale che avvenga quando qualcuno innesca idee innovative, pur se già presenti altrove.
Il “South Working” potrebbe essere, e il condizionale non è dettato tanto dalla forza dell’idea ma dalla capacità di amministrazioni e popolazione di comprenderla e sfruttarla appieno, una leva formidabile per spostare, finalmente, il lavoro nei luoghi dove le persone stanno meglio, invece di spostare le persone dove il lavoro è disponibile. E tutto questo mantenendo tutti i requisiti di sicurezza, efficacia, facilità, che può offrire un ambiente progettato a questo scopo, molto più che la propria casa.
Che poi l’ambiente di “South Working” creato a Castelbuono, possa aver ancora bisogno di messa a punto, è naturale e comprensibile come avviene in tutte le cose che iniziano dal nulla.
Magari bisognerebbe chiedersi se per migliorarlo, oltre alla capacità di chi lo ha creato, serva una maggiore disponibilità di chi potrebbe agevolarlo
Sì, andiamo dietro alle minchiate dal gustoso sapore anglofono e continuiamo a dimostrare a tutti che al Sud non è possibile investire e fare impresa! Trasformiamo Castelbuono e tutta la Sicilia nel più grande “dormitorio” del Nord, dove le aziende hanno la sede e operano. Ma vi rendete conto di quanto sia impossibile, negativa oltre che infantile la vostra proposta? Le aziende sono comunità sociali, proprio come la scuola. Dove si apprende, ci si confronta, si lavora insieme per un obiettivo/progetto condiviso. Questa forma di flessibilità sul lavoro può essere utile in questo periodo di pandemia, ma di certo non è la soluzione in quanto rappresenta un isolamento, ma soprattutto non è possibile amministrare a distanza il cento per cento del lavoro.
Torniamocene tutti a Castelbuono così da affermare davanti a tutto il mondo (quello che ci guarda) che siamo buoni solo a cucinare, mangiare e a far festa. Mai che ci sia un amministratore, un presidente di qualche associazione, che si sprema le meningi per fare in modo che i tanti lavoratori siciliani che vivono al Nord possano ritornare, investire e far impresa in Sicilia. E con impresa non intendo il piccolo ristorante di paese, tanto meno il pub o il localetto di periferia (che sembrano solo le uniche alternative alla pedata in culo per un più sicuro lavoro in uno dei tanti stipendifici regionali). Perché non iniziare mettendo a disposizione idee e, perché no, anche qualche locale (dei tanti abbandonati/chiusi) dove sarebbe possibile produrre/ingegnerizzare qualcosa? Anche se questa fosse solo una minima parte di un prodotto assemblato poi altrove.
Invece no, culliamoci su quanto è bello il panorama, su come si mangia bene, su quanto è bello passeggiare a chiazzannintra. Il più grande fallimento di questa comunità è che non si dà, non si è dato e non si darà spazio ai propri figli, a quelle generazioni del futuro (costrette invece altrove), così tanto acclamate in comizi e programmi elettorali, ma buone solo a fare numero in riunioni (che quasi sempre finiscono “a cura i surci”) per progetti già falliti in partenza (si veda Fondazione Con Il Sud: che ha portato realmente? Il progetto manna, sembra essere svanito nel nulla; eppure doveva essere il più valido).
Immaginate un proprietario di uno dei tanti ristoranti/imprese del paese con diversi dipendenti. Amministrerebbe lui, il suo lavoro e i suoi dipendenti, da remoto? Mandando email, facendo video/telefonate/whatsapp ecc comodamente seduto in un museo a centinaia di km di distanza dalla sua attività?
La verità cari amministratori castelbuonesi è che voi non avete mai realmente lavorato, altrimenti non vi sorgerebbe mai il pensiero, nemmeno per un istante, di scrivere e proporre queste colossali puttanate. Fate una cortesia a coloro che veramente vogliono lavorare e proporre qualcosa di utile a questa comunità: tornate sugli alberi!
Vorrei rispondere al BeyondTheAlpsWoker che non si interroga, da dietro le alpi, su alcuni aspetti fondamentali dell’iniziativa portata avanti dai ragazzi.
Se c’è la fame in Africa, vuol forse dire che in parallelo non può esserci la guerra in Libano?
E se ci si impegna a risolvere la guerra in Libano, non abbiamo risolto forse uno di due problemi di grossa importanza?
Con questo voglio dire che l’iniziativa punta a risolvere uno dei grossi problemi che affligge la nostra terra: impedire che le competenze dei nostri giovani e dei nostri ragazzi vadano altrove non arricchendo, con la loro partecipazione alla vita attiva del paese, il nostro territorio.
Non è volta a creare impresa, quello è un altro grosso problema che affligge il sud italia ma ciò non vuol dire che non possiamo risolvere un problema per poi pensare all’altro.
Dal di la delle alpi, non arriva forse l’idea che questa iniziativa possa portare anche solo un lavoratore del nord italia al sud? Non è forse questo un successo per noi e per il nostro paese? Non è forse un’iniziativa da lodare lo sfruttamento di locali pubblici altrimenti non utilizzati per far si che si abbia un centro e un punto di aggregamento per i professionisti?
E se quei lavoratori diventano più di uno? E se da quelle sinergie, altrimenti impossibili da creare, nascesse qualcosa? Nascessero progetti per il territorio? Voglia di mettersi in gioco DA VICINO alla propria terra?
Queste domande, qualcuno, non se le pone?
L’idea che questa idea faccia schifo solo perchè sponsorizzata dalle istituzioni pubbliche e nell’attuale presente da Mario Cicero fa ribrezzo. A nessuno viene mai in mente il senso civico? L’amore per il proprio paese? L’amore per i propri affetti che sono stati strappati con forza perchè al sud purtroppo non riusciamo a fare impresa?
A nessuno viene in mente che se le aziende vedono una grossa affluenza di gente che porta avanti l’iniziativa di South Working possano pensare di stanziare qui una propria sede?
Domande, così, nel vuoto. Perchè prima di sparare a zero sulla solita amministrazione da cui prendo le distanze perchè privo di interessamento politico, si pensi che dietro questo ci sono dei giovani e dei ragazzi che stanno lottando contro i retaggi di una terra che li ha allontanati e nonostante tutto ce la stanno mettendo tutta per tornare
Un saluto, da chi è purtroppo costretto ad andare oltr’alpe ma vorrebbe tornare.