L’economia circolare passa dalla riduzione dei rifiuti alla lotta agli sprechi. Conclusa la XVIII Assemblea Nazionale Coordinamento Agende 21
L’economia circolare passa dalla riduzione dei rifiuti alla lotta agli sprechi. Si è conclusa la XVIII Assemblea Nazionale Coordinamento Agende 21
Riduzione dei rifiuti, recupero, riciclo e riuso, lotta agli sprechi, riqualificazione e rigenerazione urbana sostenibile, acquisti verdi… Passa di qui la cosiddetta “economia circolare” (circular economy), ma è anche tanto altro ancora.
Si è chiusa al Polo museale “Francesco Minà Palumbo” la “due giorni” della XVIII Assemblea Nazionale del Coordinamento Agende 21 che ha riunito a Castelbuono, un centinaio tra sindaci e amministratori locali che fanno parte del Coordinamento Agende 21.
Ad aprire la seconda giornata il sindaco Antonio Tumminello che ha introdotto l’argomento del “no profit” in materia di economia circolare. Successivamente è intervenuto il senatore Stefano Vaccari, componente della Commissione Ambiente del Senato e relatore del Collegato ambientale, nonché della risoluzione italiana sull’economia circolare.
«Si tratta di un nuovo paradigma, una sfida nuova, fondata sull’innovazione tecnologica, la convenienza economica, il rispetto dell’ambiente – ha detto Vaccari -. E parte da basi già solide e avanzate, grazie a imprese e a un sistema pubblico che ha già capito su cosa investire per il futuro del nostro sistema di sviluppo».
Ma quali attese verso l’Europa e il Governo italiano, all’indomani dell’approvazione della risoluzione nazionale, nostro contributo al dibattito sul nuovo pacchetto europeo per la circular economy? «Ci aspettiamo coerenza e determinazione all’altezza della sfida lanciata – continua Vaccari –. Serve innanzitutto che la fase di negoziazione tra Parlamento e Commissione europea si esaurisca presto, e che il Governo italiano sia veloce nel tradurre in decreti le misure che saranno adottate».
E su questo sfondo, fin da ora – anzi, già da tempo – i governi locali e il Coordinamento Agende 21 Locali Italiane, che oggi conta oltre 400 realtà associate tra Regioni, Province, Comuni…., «hanno una responsabilità decisiva: promuovere la cultura dell’economia circolare attraverso attività di informazione, formazione, sensibilizzazione e di coinvolgimento dei portatori di interesse locali e di area» dice sempre Vaccari, che aggiunge: «Ci sono in corso esperienze pilota importanti che vedono protagonista il Coordinamento e possono essere replicate e divulgate in tutto il Paese».
Gli fa eco il presidente del Coordinamento Agende 21 locali italiane Maurizio Tira: «Ci candidiamo volentieri a essere interlocutore istituzionale, garantendo la nostra disponibilità a fare da “collettore” per diffondere e mettere in rete le buone prassi, le tante esperienze pilota già esistenti e attive nella promozione di un’economia circolare: progetti e percorsi che funzionano e possono davvero costituire dei modelli replicabili. Il futuro passa per un nuovo ruolo di corresponsabilizzazione delle città e dei governi locali, e noi siamo pronti a dare il nostro contributo. Esortiamo le istituzioni nazionali a guardare a questo patrimonio – aggiunge Tira – e a tenerne conto nel disegno normativo, come già avvenuto per il Collegato ambientale che ci ha visti avere un ruolo propositivo e che finalmente ha fatto diventare norma alcune buone pratiche, come ad esempio i Contratti di fiume».
Tra i capisaldi della risoluzione italiana sull’economia circolare, considerare i rifiuti, urbani e industriali come nuove “miniere” per il futuro, con una prospettiva di abbandono progressivo ma veloce delle discariche. La sollecitazione da parte del Coordinamento è di tenere però lo sguardo più ampio, e allargato a tutti i suoi aspetti, costruendo una nuova visione di economia. «È necessario un vero cambio di rotta da parte del mercato, un cambiamento del sistema produttivo, e pure in questo, accanto naturalmente al compito importate delle grandi imprese, anche gli Enti locali possono giocare una funzione strategica – spiega sempre Tira –. Ogni anno in Europa oltre 250mila realtà della pubblica amministrazione spendono una cifra pari al 18% del Pil nazionale per l’acquisto di beni e servizi: basta questo dato a far immaginare il peso effettivo degli acquisti verdi della Pa (Green Public Procurement) e da qui il loro contributo fondamentale all’economia circolare».