Lettera aperta al Vescovo della Diocesi di Cefalù

Riceviamo e pubblichiamo di seguito la lettera aperta che la Comunità Parrocchiale di Sant’Antonino Martire in Castelbuono ha indirizzato al vescovo della Diocesi di Cefalù Mons. Marciante. Il tema è quello del trasferimento di Don Mimmo Sideli, fatto che ad oggi resta incompreso e inaccettabile agli occhi e al cuore dei fedeli

Eccellenza Reverendissima,
è con profondo sgomento e indescrivibile sofferenza che la Comunità Parrocchiale di Sant’Antonino Martire – unitamente a tutta la comunità di Castelbuono – apprende la notizia del trasferimento ad altra sede del proprio Parroco Don Mimmo Sideli.

Pur nel necessario rispetto – non formale ma sincero – che dobbiamo al Suo ruolo, Eccellenza, ci riesce assolutamente impossibile interiorizzare tale decisione, anche per le modalità con cui viene messa in atto.
In questi nove anni, la nostra Parrocchia è collettivamente cresciuta nella comunione e nella dimensione ecclesiale e ciascuno di noi ha maturato una consapevolezza cristiana sempre più radicata.
Don Mimmo ci ha costantemente accompagnati con fermezza e dolcezza, ci ha rafforzati nelle ragioni della speranza, ha dilatato in noi la gioia di credere. Ci ha orientati ad essere testimoni nell’esperienza di una fede viva, nella contemplazione come nella ferialità della vita, a essere cercatori di Dio e fratelli degli uomini. In questi nove anni, Don Mimmo ci ha amati con il cuore di Dio, ci ha accolti come siamo e ci ha aiutati ad essere migliori, credendo nelle potenzialità di ciascuno e valorizzandole come arricchimento per l’intera comunità e al di fuori di essa. Ha condiviso tutto della sua gente, si è donato senza misura, ha vissuto per noi. Si è rallegrato per le nostre piccole e grandi gioie quotidiane e ha sofferto dinanzi alle nostre lacrime, ha rasserenato il nostro dolore, ha pregato con noi e per noi, facendoci sentire preziosi agli occhi di Dio.
Non c’è stato un ambito della sua azione pastorale in cui non abbia profuso tutto se stesso, impiegando ogni energia con amore intelligente e creativo.

Ha curato la bellezza e lo splendore della liturgia come anticipazione della trascendenza e forma suggestiva di catechesi, ha fatto di ogni omelia un’occasione per farci ardere il cuore, uno stimolo per cercare più profondamente il Signore. Ha diffuso con ogni mezzo la passione per la Parola di Dio, condivisa, interiorizzata, trasfusa nella vita. L’ha trasmessa – ispirandosi allo schema della “ lectio divina” – nei contesti liturgici come nei condomini multifamiliari o nelle case di periferia. Attraverso gruppi di laici, particolarmente in Avvento e in Quaresima, sono state raggiunte centinaia di persone coinvolte in più cicli di lettura orante della Bibbia.
L’iniziazione alla vita cristiana, attraverso l’avvio ad un percorso graduale, gioioso, ha visto crescere e inoltrarsi nella vita spirituale i bambini, ed è stata una riconferma della fede anche nel percorso di accompagnamento dei loro genitori.

Gli interrogativi e il bisogno di senso dei giovani, sempre in cerca di testimoni coerenti, hanno trovato in Don Mimmo un appassionato e motivato compagno di viaggio. Le attività formative, che hanno avuto il loro culmine nella sezione estiva, sono state all’insegna della gioia, della condivisione, della fruizione del gioco e della musica, ma anche della riflessione sulle “belle storie” esistenziali di testimoni dello Spirito, con un dispiegarsi di potenzialità che rende possibile il sogno di un futuro migliore.
Sempre all’insegna della Santità come esperienza possibile per il cristiano, siamo stati in cammino con gli “amici di Dio”, con la presentazione di figure significative (a fondamento della tradizione ecclesiale ma presenti anche nel mondo contemporaneo) che hanno vissuto radicalmente l’ideale dell’amore per Dio e i fratelli.

Particolare attenzione Don Mimmo ha dato alla diffusione dei Documenti del Magistero della Chiesa, con la lettura – sempre proposta all’intera collettività- delle Encicliche e delle esortazioni apostoliche del Papa, dei Documenti della CEI, delle lettere pastorali del Vescovo, dei Documenti prodotti nelle Assemblee Diocesane.
La preghiera comunitaria, le meditazioni ai piedi della Croce, la consolazione portata agli ammalati, la gestione del coro correlata alla liturgia, la cura amorosa del gruppo preposto al decoro della chiesa, la pastorale per le famiglie e le coppie con i ritiri spirituali, gli incontri con Don Carlo Rocchetta sulla spiritualità della tenerezza, e ancora le conferenze di Padre Filippo Cucinotta(o.f.m.
) sui protagonisti della dimensione culturale e teologica contemporanea come proposta di ricerca anche per i “lontani” e i non credenti, la costituzione di un gruppo di docenti per condividere la passione educativa, “Casa Cesare” per le fiabe e il gioco dei più piccini, “Casa Betania” per l’aggregazione femminile, i mercatini solidali e le attività di beneficenza, gli incontri con le confraternite e l’Azione Cattolica … potremmo continuare.
Quante volte, soprattutto, siamo stati di fronte all’Eucaristia per la lode e l’adorazione, nelle veglie legate a momenti liturgici particolari, ma anche per implorare il dono della pace in occasione di eventi terroristici o in risposta ad istanze della Chiesa universale… o nella splendida esperienza delle “24 ore per il Signore”.
L’Eucaristia e la Parola sono state il centro della nostra vita. Ogni esperienza non è mai stata improntata all’attivismo, ma ha avuto in Cristo Signore il suo principio e il suo compimento. Don Mimmo ci ha insegnato ad operare sempre e soltanto nell’amore del Signore e alla Sua presenza.

Don Mimmo ha sempre avuto a cuore l’attenzione per tutti, la capacità di accogliere e includere, ha espletato l’esercizio della carità non come gesto di mero supporto economico, ma come vicinanza e sostegno, come capacità di farsi carico delle difficoltà nelle situazioni di povertà materiale e di desolazione spirituale. Ha sempre espresso l’amore per i più deboli, condividendo con particolare paterna tenerezza le condizioni di estrema fragilità di persone già molto provate dalla disabilità e che soffriranno ulteriormente della lacerazione provocata dal venir meno di un riferimento essenziale. Anche la condivisione con l’anziano Parroco emerito Mons. Giovanni D’Angelo è stata sempre gestita con infinita delicatezza, rispetto ed equilibrio, un equilibrio che sembra ora inevitabilmente incrinato e compromesso.

Se un parroco non è e non può essere un “funzionario di Dio”, ci risulta penoso che sia sottoposto a una prassi che nella sostanza e nelle modalità di attuazione assomiglia ad una procedura puramente burocratica, senza che si tengano in considerazione le sue interazioni positive con l’intero territorio, la cura delle relazioni interpersonali e delle dinamiche sociali a livello locale, la sua progettualità pastorale articolata in un arco di tempo che sarebbe riduttivo e semplicistico piegare all’automatismo delle scadenze. Sentiamo il dovere di considerare queste scadenze come esclusivamente orientative, comunque secondarie rispetto alle superiori esigenze del bene spirituale della collettività.
Il Signore del sabato ci ha liberati da una passiva acquiescenza alle norme. Non siamo uomini fatti per il sabato, Eccellenza, non possiamo esserne schiavi. Se le regole trascendono la carità, se incrinano la speranza nel futuro, se spezzano dei legami che non sono soltanto di natura umana e affettiva ma si innestano nella vita stessa in Cristo del credente, dobbiamo gestirle con libertà. La stessa crisi delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata richiederebbe la continuità di una testimonianza appassionata, innamorata di Dio e in grado di far innamorare altri costruendo vincoli umani e spirituali nella permanenza e nel tempo, vincoli che guardino a Cristo nel contesto in cui si vive, nell’ideale della “stabilitas”, non una continua turnazione. E, d’altra parte, ci avvilisce un’ipotesi di gestione delle Parrocchie di Castelbuono conformata a una logica “amministrativa” a tempo determinato, di stampo pressoché aziendale. Questo sì, davvero, rischia di farci avere quei preti- manager che Ella paventa e a sopprimere il “modello dell’evangelizzatore e del maestro e padre spirituale della comunità”, in una prospettiva rovesciata rispetto alle Sue linee programmatiche.

Non ci costringa a mortificare l’identità spirituale di Sant’Antonino Martire in un appiattimento corporativo che non ci fa pensare alla fraternità ecclesiale, né all’inclusione delle diversità, ma all’ omologazione e alla spersonalizzazione. Piuttosto che tendere tutti insieme alla “misura alta” della vita, ci ritroveremmo ad erogare sacramenti in chiese espropriate di sacralità, con un gregge disperso che non sa riconoscere la voce di nessun pastore perché da nessun pastore si sente conosciuto. La coesione nasce da un comune orientamento verso uno stesso orizzonte che desidera un “oltre”, da una scelta condivisa che fa parte di un percorso, non da un “pacchetto ” preconfezionato. Una pastorale unitaria non è il frutto di un meccanico assemblaggio di “unità pastorali”.
Crediamo fortemente che la Chiesa-istituzione sia davvero espressione di Cristo solo nelle persone che la incarnano e le danno un volto, pur senza legare i fedeli a se stessi ma accompagnandoli a Dio. Non ci faccia preconizzare tristemente la nostalgia dei pastori di cui parla Papa Francesco, che hanno “l’odore delle proprie pecore” perché con loro possono sostare, di fronte al mistero che tutti trasforma, i pastori ed il gregge. Non pastori ridotti ad una sorta di precariato spirituale “a tempo determinato”, che non possono impregnarsi di nessun odore né far gustare il profumo di Cristo.

Lei ha sempre chiesto, fin dal suo arrivo, la corresponsabilità del popolo di Dio. La abbiamo amata, Eccellenza, anche per questo. La corresponsabilità nasce da quella dignità regale, profetica, sacerdotale che appartiene da sempre al popolo di Dio, sacramentale perché conferita ad ognuno di noi dal Battesimo, rinnovata dalla Confermazione.
Ci ha chiesto di operare insieme, secondo uno “stile sinodale”: è soltanto uno slogan, soltanto oggetto di convegni tecnicamente perfetti ma forse destinati a restare soltanto coreografici o soltanto pura teorizzazione? Ai tavoli sinodali, tra i vari elementi di discussione, è emerso forte il disagio di varie comunità che sperimentano drammaticamente una continua frammentazione provocata dal cambiamento del proprio Parroco. Ci chiediamo se Le sia arrivata l’eco di questo grido dalle verbalizzazioni stilate. E ci chiediamo: questa prassi scaturisce davvero da ragioni pastorali e spirituali? O pianifica un organigramma continuamente in movimento dove i pastori (e le comunità con loro) appaiono trascurabili pedine? Ed è possibile apportare dei correttivi a disposizioni consuetudinarie e discrezionali (non dogmi di fede), qualora non reggano l’impatto con le istanze e le verifiche della vita reale? Nella “Traccia per gli Esercizi di Sinodalità” del 5 luglio 2019 (p.1), citando Papa Francesco, Lei annota che per realizzare il cammino indicato da “Evangelii Gaudium”, occorrerà “un percorso temporalmente più lungo, ma fruttuoso se ‘si camminerà insieme sul sicuro’ dell’esperienza quotidiana di tutte le comunità e non su progetti costruiti a tavolino o in laboratorio”.
Non abbiamo paura del rinnovamento, Eccellenza, né vogliamo opporre resistenza al rinnovamento per puro pre-giudizio, ma rinnovare non è distruggere quanto nel tempo è stato costruito e attende di essere ulteriormente consolidato, né è snaturare l’essenza stessa della Parrocchia.
Avremmo voluto essere, in ogni caso, coinvolti come soggetti ed interlocutori credibili, in un dialogo aperto e argomentato. Non perché fosse “tecnicamente” un atto dovuto da parte Sua, un “dovere”. Semplicemente, pensavamo che ne sentisse il bisogno.

Le assicuriamo che il popolo di Dio è in grado di comprendere, se qualcuno spiega. La Paternità non può consistere soltanto nell’ esigere filiale obbedienza, ma nell’offrire fiducia, ascolto, comprensione. È prendersi cura, stare accanto.
Ascolti il nostro grido, la nostra sofferenza, in un momento in cui il ramo di mandorlo della nostra Parrocchia è germogliato e sta schiudendo i propri fiori. Abbiamo respirato la nostra primavera.

L’ha respirata anche Lei, Eccellenza, tutte le volte che è venuto a trovarci, forse non abbastanza perché – per il pudore che suscitano le realtà troppo alte – non abbiamo saputo comunicargliela pienamente, forse perché questa nostra dimensione è fatta di “opere”, sì, ma anche e soprattutto di atmosfere, emozioni, speranze. Questo è il camminare insieme della Sinodalità. Questo avremmo voluto che Lei condividesse con noi.
Non interrompa la primavera sprigionata dallo Spirito. Non imponga una scadenza a questo nostro fiorire, umile, e tuttavia alimentato dalla fierezza e dalla gioia dello Spirito. Non giudichi irriguardosa la nostra parresia, che muove dalla volontà di essere del tutto trasparenti e limpidi ai suoi occhi, di parlarle apertamente, in piena luce, con la libertà dei figli, figli che non vogliono esprimersi nel nascondimento, con il mugugno dei sudditi.
Che la Chiesa non debba forse, ancora una volta, chiedere perdono, in un futuro purtroppo sempre dilazionato, quando le anime dei piccoli e dei semplici saranno già state disorientate e – Dio non voglia- allontanate dalla Chiesa stessa, che si sarebbe voluta Madre, non ufficio di smistamento di “risorse umane”.
Portatore della verità è anche chi si sente portato dalla verità. Prendere atto di una realtà emersa alla luce di nuove riflessioni è sempre atto di saggezza e apertura, di forza e onestà intellettuale, di affidamento al Signore, non debolezza. Lo è anche per un Vescovo, che detiene il “primato dell’Amore”.

Chiediamo la Sua benedizione. Le assicuriamo – pur nell’ineludibile diritto-dovere al dissenso e al pensiero critico – che mai verrà meno il desiderio di essere all’altezza di ciò che il nostro Parroco ci ha insegnato: l’amore per la Chiesa. Lo ha testimoniato fino in fondo, totalmente, con immensa forza interiore, anche in questi ultimi giorni, esortandoci alla fiducia e alla serenità, e rinnovando la consegna della propria volontà a Cristo e alla Sua Chiesa in nome di una più alta libertà. Anche per questo, saremo sempre grati al Signore per averlo posto sul nostro cammino come uno straordinario dono del Suo amore. Sia grata al Signore anche la Diocesi di Cefalù per averlo come suo sacerdote. Il Signore ci dia pace.

Comunità Parrocchiale di Sant’Antonino Martire in Castelbuono