Manfredi Borsellino: «La criminalità organizzata alligna anche sulle Madonie. Ma queste sono abitate in gran parte da gente laboriosa, buona, abituata al sacrificio e con uno spiccato senso di appartenenza»

Manfredi Borsellino: «La criminalità organizzata alligna anche sulle Madonie. Ma queste sono abitate in gran parte da gente laboriosa, buona, abituata al sacrificio e con uno spiccato senso di appartenenza»

DALLE DIPENDENZE DEI GIOVANI ALLA PREVENZIONE DEI REATI, IL COMMISSARIO DI POLIZIA DI CEFALÙ, RACCONTA L’IMPEGNO NEL TERRITORIO E NEL SERVIRE LO STATO.

 

[ilcaleidoscopio.info]. Confrontarsi con la storia, con le storie. Respirare i profumi della polvere su una memoria che continua ad illuminare cammini sulla strada della legalità. Incontrare Manfredi Borsellino è struggente ed emozionante assieme.
Un esponente delle Istituzioni che sa farsi uomo, che ha saputo narrarci la bellezza e il senso di giustizia che nasce da un grande insegnamento, quello del padre Paolo Borsellino. Un uomo che andando incontro al suo destino non ha voluto piegarsi all’arroganza e al sistema mafioso.

 

Un quarantenne (classe ’71) innamorato della sua famiglia e della famiglia che ha messo su con i suoi “Uomini” del Commissariato di via Roma a Cefalù dove trascorre la metà della vita (si occupa pure della cura giardino antistante l’edificio con i “suoi ragazzi”), lo testimoniano alcuni particolari che si colgono entrando nella sua sobria e pressoché familiare stanza (anche del “passaggio” dei suoi figli) ivi compreso la presenta del fedele ed ubbidiente Brac, un intelligentissimo breton, che non ha mancato di “abbracciarci” al termine della chiacchierata con il Commissario.

 

La mascotte del Commissariato, furbetto come il Rex della nota serie televisiva, ci dicono, quando si tratta di merende e panini.
Anche lui fa parte integrante della Famiglia del “dottore” e proprio questa parola, ripetuta più volte nel corso della lunga discussione “fuori sacco”, e i simboli dell’ambiente dove siamo stati accolti, ci hanno dato la sensazione che ci sia la consapevolezza, nell’intimo del Commissario, che è l’antitesi della “famiglia” o delle “famiglie” che hanno deciso di infliggere il duro colpo alla sua di Famiglia e a quella dello Stato Italiano (una grande Famiglia, anche quella!)
Ora è tempo di spegnere il microfono, di lasciare il Commissario al suo lavoro, di salutare Manfredi Borsellino, figlio di Paolo, ucciso dalle “famiglie” per essere state più veloci dello Stato all’indomani della strage di Capaci.
Si, caro Commissario, ha ragione lei, l’immagine è proprio quella di un film di Sergio Leone, il cattivo “Sentenza” ha sparato per prima!

 

Dottore Borsellino che cosa significa oggi essere un uomo delle Istituzioni e lavorare all’interno delle stesse? «Considero un onore servire le Istituzioni e servirle soprattutto qui in Sicilia dove sono nato e cresciuto. Mi è stato insegnato che le Istituzioni si servono in tanti modi e non soltanto dal loro interno ma chi come me è chiamato a rappresentarle ritengo debba fare sempre qualcosa di più rispetto al comune cittadino. Quello che comunemente si definisce servitore dello Stato o delle Istituzioni deve essere di esempio, chi lavora, anzi ha il “privilegio” di lavorare all’interno di un’Istituzione pubblica, sia essa la magistratura, una forza dell’ordine o un ente amministrativo, ha il dovere di osservare tutte le Leggi, anche quelle che non gli piacciono e senza eccezione alcuna, solo così potrà pretenderne dagli altri un’osservanza altrettanto pedissequa».

 

Quale è il ruolo delle Forze dell’Ordine all’interno della nostra società e soprattutto come venite percepiti dalla cosiddetta “società civile”?
«Oggi noi rappresentanti delle Forze dell’Ordine purtroppo siamo percepiti a volte come “a disposizione” dell’autorità costituita, nelle manifestazioni pubbliche che anche recentemente hanno visto contrapposti alcune categorie sociali alle forze di polizia, alcuni scontri verificatisi nel corso delle stesse hanno in qualche modo acuito questa contrapposizione. In realtà le Forze dell’Ordine sono chiamate a salvaguardare l’ordine e la sicurezza pubblica, non difendono gli interessi di alcuno se non l’interesse superiore dello Stato a che non si verifichino disordini sociali e venga pregiudicata l’incolumità delle persone. Tra i lavoratori che stanno vivendo in Italia forti disagi invero vi sono oggi anche tantissimi poliziotti, carabinieri e finanzieri che spesso, per i magri salari loro riconosciuti, sono costretti ad “inventarsi” secondi lavori con i quali garantire ai loro nuclei familiari un’esistenza perlomeno dignitosa. La percezione tuttavia che la cosiddetta “società civile” ha delle forze dell’ordine è comunque complessivamente quella di un baluardo cui “aggrapparsi” nei momenti di difficoltà; io non credo infatti che allo stato attuale vi siano dei punti di riferimento certi e solidi per quella che comunemente è chiamata società civile, per cui ritengo che noi rappresentanti delle forze dell’ordine siamo chiamati, oggi più di ieri, a generare nei cittadini quella fiducia nelle istituzioni, quel senso di sicurezza che purtroppo altre istituzioni dello Stato non sono sempre in grado di generare».

 

Quali sono i rapporti tra le varie Forze dell’Ordine? «Mi sento di poter dire che i rapporti tra le forze dell’ordine insistenti sul nostro territorio sono ottimi e ciò anche in forza dei rapporti umani e di reciproca stima e fiducia che intercorrono tra i capi e i responsabili dei singoli comandi. A consolidare e per certi versi rinforzare tali rapporti hanno inoltre da ultimo contribuito i piani di azione cc.dd. “Trinacria” e i controlli integrati del territorio promossi periodicamente dal Questore di Palermo e coordinati localmente dai dirigenti dei commissariati territorialmente interessati. Trattasi di “formule operative” attraverso le quali il Ministero dell’Interno mira al contrasto della criminalità diffusa e di ogni altra forma di delinquenza o illegalità attraverso l’azione di più forze di polizia presenti sul territorio, operanti ciascuna nella propria sfera di competenza ma con il perseguimento di un obiettivo comune.
Mi spiego meglio con un esempio pratico: posta una priorità, rappresentata come nel caso di questa ultima stagione estiva dal contrasto ad ogni forma di abusivismo commerciale, sono convocati presso la questura una serie di tavoli tecnici nel corso dei quali i rappresentanti di tutte le forze di polizia concordano un’azione comune e condivisa tesa appunto alla repressione di determinate tipologie di reato. Così, nel caso di specie, la finanza procede con i rituali controlli fiscali e tributari volti anche all’individuazione ed al sanzionamento del c.d. “lavoro nero”, carabinieri e polizia verificano congiuntamente la regolarità degli esercizi commerciali e l’osservanza di leggi e regolamenti disciplinanti la materia del commercio, la capitaneria di porto “attenziona” eventuali abusi commessi nell’esercizio della pesca e nella vendita di prodotti ittici e così via le altre forze di polizia coinvolte. Queste attività, poste in essere congiuntamente, contribuiscono non poco a rafforzare e migliorare i rapporti tra le varie forze di polizia».

 

Come si può lottare contro l’illegalità diffusa dentro e fuori le Istituzioni?
«In tanti modi ma soprattutto facendo il proprio dovere, di studente o lavoratore che sia, niente di più (e di meno) che il proprio dovere. Può apparire una risposta banale ma non lo è. Se tutti noi facessimo il nostro dovere, e tra questi vi è anche quello di denunciare e segnalare tutte le illegalità piccole o grandi alle quali tante volte ci troviamo ad assistere, il nostro paese non avrebbe bisogno di eroi».

 

Le Madonie da sempre sono considerate luoghi incontaminati e lontani dalla violenza mafiosa più riconducibile al capoluogo ed in genere alle grandi città, è vero? L’escalation di Alimena, solo per fare un esempio, mostra un aspetto diverso…
«Ho avuto modo di osservare attentamente le immagini raffiguranti la devastazione e il saccheggio cui è stata sottoposta una scuola di Alimena da poco ristrutturata con fondi pubblici ed effettivamente ne sono rimasto impressionato, ritengo tuttavia che vi siano ancora delle sostanziali differenze tra Palermo e le Madonie. Queste ultime sono abitate in gran parte da gente laboriosa, buona, abituata al sacrificio e con uno spiccato senso di appartenenza; ovviamente la criminalità organizzata alligna anche nel territorio madonita, parte del quale vanta una certa “tradizione” di storiche famiglie mafiose, ma non ha mai posto in essere attacchi allo Stato come quelli per i quali è tristemente famosa Cosa nostra palermitana».

 

Quali sono le difficoltà che incontrate ogni giorno sul territorio? In particolare, dai dati in vostro possesso, la criminalità sul territorio di vostra competenza è in aumento o diminuisce rispetto agli anni passati? E perchè?
«Ultimamente vi è stata una recrudescenza dei reati così detti “predatori” e in particolare dei furti negli appartamenti; questi ultimi verosimilmente sono “figli” dello stato di recessione in cui oramai da parecchio tempo ci troviamo, tanto che talvolta abbiamo registrato anche furti di meri elettrodomestici. È anche meritevole di essere menzionato il fenomeno delle truffe on line e degli illeciti commessi in generale attraverso il mezzo telematico. L’uso di internet, com’è noto, ha semplificato di molto la vita di tutti ma al contempo ha accresciuto le probabilità di incorrere in raggiri, commessi spesso in danno di persone che utilizzano questi formidabili strumenti informatici ma in modo ingenuo e con una certa sprovvedutezza, ignorandone le tante insidie».

 

Le telecamere di controllo sul territorio, per dirla in modo semplice, quelle utilizzate per registrare l’ingresso e l’uscita dai centri abitati, potrebbero costituire un deterrente per i malintenzionati? In che misura gioverebbero alla sicurezza della popolazione? Si hanno dati ed esperienze analoghe al riguardo sul territorio siciliano?
«Secondo il mio punto di vista gioverebbero tanto anche se i costi per installarle rimangono molto elevati e tante amministrazioni locali in dissesto finanziario non possono realisticamente permettersele. Andrebbe piuttosto incentivato il privato nel dotarsi di tutte le apparecchiature sofisticate esistenti in commercio per riportare a più buoni propositi i malintenzionati ed aiutarci, quando decidono comunque di operare, ad individuarli. Non mi è dato sapere in verità quali siano i dati e le esperienze in questa materia nel territorio siciliano».

 

Parliamo di giovani. Droga, alcool e gioco d’azzardo sono i “pericoli” più diffusi per questa generazione sfortunata. Che dati può riferirci al riguardo? In che misura incidono i reati provocati dalle dipendenze? Cosa fa la Polizia per prevenirli o arginarli?
«Tutti i reati che ruotano attorno all’uso (e abuso) di alcool, sostanze stupefacenti e al gioco d’azzardo o clandestino incidono, e parecchio, sul futuro dei giovani, spesso compromettendolo. Basti considerare che l’essere colti in flagranza nell’atto di “fumare” una canna, non solo comporta una segnalazione in Prefettura ed annessa sanzione amministrativa ma, soprattutto, preclude al giovane “consumatore” di ottenere in futuro licenze di porto d’armi o di partecipare a pubblici concorsi nelle forze armate. Credo che in questa materia sia fondamentale il lavoro dei genitori e degli insegnanti, senza il quale la semplice opera di prevenzione e repressione della Polizia può fare ben poco per i nostri figli».

 

Domani (venerdì 7 novembre) a Castellana Sicula si parlerà dell’importanza che lo sport riveste nel processo educativo e nella sana crescita fisica e morale dei giovani. Quali sono le sue esperienze ed opinioni al riguardo?
«Lo sport aggrega, lo sport forma e soprattutto allontana i ragazzi dalle tante tentazioni cui oggi sono esposti. Io credo però che bisogna praticare una qualsiasi disciplina sportiva a prescindere, perché il senso dell’amicizia, lo spirito di squadra e il senso di appartenenza che alcuni sport generano nel ragazzo sono fondamentali nella sua crescita intellettuale, oltre che fisica.
Per quanto riguarda la mia personale esperienza, quando si parla di sport si sfonda, come si suole dire , una porta aperta, proprio perché sono cresciuto con questo culto, lontano da computer, videogiochi e dipendenze televisive. Sto cercando di far crescere in modo analogo i mie tre figli, due dei quali (la terza è ancora troppo piccola) avviati già da anni allo sport.
Alle soglie dei 43 anni personalmente mi ostino a giocare a calcio (lo sport che pratico più assiduamente con discreti risultati sin da bambino) e a praticare il windsurf e lo sci come quando avevo la metà dei miei anni, traendo una gioia indescrivibile in tutte quelle occasioni in cui posso condividere la pratica di queste discipline insieme ai miei figli.
Va poi riportato un dato oggettivo non irrilevante: storicamente chi pratica sport e vive di cultura sportiva difficilmente delinque o matura propositi delinquenziali. Basterebbe questo dato per invogliare quanti più ragazzi possibili e sin dalla più tenera età alla pratica di una disciplina sportiva per togliere in modo drastico alle organizzazioni criminali quella manovalanza di cui si avvalgono per perseguire i loro scopi».

 

Che messaggio desidera consegnare alle nuove generazioni? Quali sono i valori che dovrebbero seguire questi giovani?
«I valori dell’onestà, della trasparenza e della meritocrazia. A tal proposito mi piace ricordare un insegnamento di mio padre di cui ho fatto tesoro: non chiedere mai nulla che tu possa ottenere con le tue sole forze, non metterti nelle condizioni di dover dire grazie e rendere indietro il favore che ti è stato elargito perché non sarai più libero. In altri termini i giovani dovrebbero testardamente e tenacemente lottare per ottenere ciò che gli è dovuto e fare affidamento solo su se stessi e le loro capacità senza affidarsi alla raccomandazione del potente di turno, non vi è soddisfazione più grande nella vita infatti che quella tratta dall’essersi realizzato senza l’aiuto di nessuno. Se in Italia, e in Sicilia e nelle regioni meridionali in particolare dove il fenomeno è più rilevante, venisse meno una volta per tutte la logica perversa delle raccomandazioni, degli aiutini e del favorire l’ “amico degli amici” piuttosto che il più bravo e il più capace, tante cose si sistemerebbero e probabilmente il nostro paese si avvierebbe a vivere una stagione di progresso e sviluppo del tutto nuova».

 

È ancora possibile fidarsi completamente della giustizia, nonostante ci sia la sensazione molto diffusa che molto spesso i colpevoli rimangano impuniti? Basta pensare al caso Cucchi delle ultime ore…
«Il caso Cucchi non mi sento di commentarlo, tra l’altro sono stato educato a rispettare tutte le sentenze, anche quelle che possiamo non condividere o che non ci sembrano giuste. È vero, a volte la sensazione che molto spesso i colpevoli rimangano impuniti è anche più di una sensazione ma occorre rimanere ottimisti; la giustizia in Italia è amministrata da tanti operatori bravi e preparati, ma anche loro come tutti noi sono uomini, sono persone che possono sbagliare, purchè ovviamente sbaglino in buona fede».

 

Nella discussione di oggi ha fatto riferimento parecchie volte agli “obiettivi” che si perseguono anche nell’amministrare e nel servire lo Stato. Qual’è l’Obiettivo di Manfredi Borsellino?
«Io desidero intanto servire il mio Paese con la stessa dedizione e lo stesso impegno con i quali mio padre l’ha servito fino all’estremo sacrificio. Sono consapevole dei miei limiti e di essere davvero un “comune mortale” rispetto alla grande figura paterna ma nel mio piccolo e, ripeto, con i miei limiti, so di poter contribuire a migliorare le cose e, per quanto mi riguarda più personalmente, a far sì che l’istituzione che qui a Cefalù indegnamente rappresento continui a costituire per i cittadini un valido punto di riferimento infondendo loro sentimenti di sicurezza.
Un obiettivo, che è anche un sogno realizzabile, è quello di crescere i miei figli alimentandoli degli stessi ideali e del patrimonio di valori lasciatoci dai nostri genitori».

 

Che effetto le fa vedere ogni mattina l’immagine di Falcone e di suo papà raffigurate all’ingresso del “suo” Commissariato? «Non so come risponderle, la presenza dei loro volti sorridenti proprio sotto le finestre del mio ufficio mi commuove sì da non esser, e di questo mi scuso con lei e con i lettori, in grado di descriverle ciò che provo».

 

(con la collaborazione di Mary Albanese)

 

Fonte: www.ilcaleidoscopio.info – di Vincenzo Lapunzina

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