Ovada, trenta profughi adottano una famiglia italiana (castelbuonese) in crisi

Ovada – «Se non fosse per i rifugiati, ora saremmo in mezzo alla strada». È la vicenda di una famiglia di Ovada, duramente colpita dalla crisi, che preferisce mantenere l’anonimato. Giuseppe e Sandra, sono due nomi di fantasia, hanno un figlio di 13 anni e un altro maggiorenne, che non vive con loro e svolge lavori socialmente utili in Comune. Hanno traslocato tre volte in cinque anni, finché a settembre è arrivato lo sfratto esecutivo. A Ovada non si sono senzatetto ma neppure alloggi vuoti nelle case popolari.

Il responsabile della cooperativa Idee Solidali, Luigi Rigamonti, d’intesa con il Comune e il Consorzio Servizi Sociali ha messo a disposizione un appartamento degli otto presi in affitto nella palazzina in via Galliera. Ci abitano 32 rifugiati nordafricani. In città, via Lungo Stura la cooperativa alloggia anche due afghani e un pakistano.

«All’inizio eravamo diffidenti, ma i ragazzi ci hanno fatto cambiare idea – racconta l’ex artigiano edile, 50 anni – Hanno imbiancato i muri prima del nostro arrivo e si sono offerti di dare una mano a traslocare. Con nostro figlio si comportano come fratelli maggiori. Ci siamo conosciuti e ci siamo capiti, perché stiamo affrontando le stesse incertezze». Il sorriso dei profughi ha stemperato l’amarezza.

«Sono a Ovada dal 1989, ho sempre lavorato anche di domenica, in subappalto con un’azienda locale che aveva sempre cantieri aperti a Genova, ho sempre pagato le tasse, non ho mai preso una multa. Quando i clienti hanno cominciato a non pagare e il lavoro è sparito, ho avuto bisogno e nessuno mi ha aiutato». Dal buon rapporto di vicinato con i rifugiati è nata una collaborazione spontanea. «Se si brucia una lampadina, o non funziona un rubinetto io ci sono», dice Giuseppe, che per ricambiare l’accoglienza sta ritinteggiando tutti gli alloggi.

Due rifugiati diventati educatori, Ismaila e Bengali, lo chiamano papà. La cooperativa ha proposto a Giuseppe di entrare a far parte del gruppo di lavoro. La stessa offerta è arrivata alla moglie: farà le pulizie nella prima scuola per rifugiati, che aprirà ad aprile in via Voltri per iniziativa di Idee Solidali. «Se avrò finalmente un lavoro – dice Giuseppe – potrò rivedere mia mamma, che ha 89 anni, abita a Castelbuono in provincia di Palermo e ci aspetta da 4 anni». È quasi mezzogiorno e negli appartamenti si cucina, i ragazzi vogliono fare assaggiare a Giuseppe le pietanze del Senegal, Nigeria, Ghana, Nuova Guinea. Anche a tavola si può fare integrazione.

(Fonte: Daniela Terragni – http://www.ilsecoloxix.it/)

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