Partiamo in quarta: i più curiosi modi di dire mutuati dallo Sport

Quante volte discutendo animatamente tra amici ci è venuta voglia di invitare qualcuno a non “partire in quarta” e quante altre, di fronte a un amico che sembrava sul punto di lasciarsi andare gli abbiamo consigliato di “non gettare la spugna” nonostante qualche evenienza della vita lo poteva avere “messo alle corde”.

Quante volte vedendo correre qualcuno nella gara podistica di Castelbuono abbiamo visto qualcuno “correre gambe in spalla” o ancora “salvarsi in corner” evitando un brutto scivolone?

Tutte queste frasi sono dei modi di dire, ognuno di questi mutuato da qualche sport; ma cosa sono i modi di dire?

Secondo la Treccani i modi di dire sono delle frasi senza un vero e proprio significato se partiamo dalla semplice somma dei significati delle parole che le compongono ma che rimandano a un significato traslato tramite un procedimento di tipo metaforico.

Teoria abbastanza complicata, vero? Proprio per questo sarà meglio fare qualche esempio.

Modi di dire legati ai giochi di carte

Tra gli sport più fecondi nel contaminare la lingua parlata con il suo linguaggio tecnico abbiamo senza dubbio il poker. Termini come all in e bluff – rispettivamente puntare tutte le proprie fiche e fingere di avere delle carte migliori rispetto a quelle che si hanno davvero in mano – per estensione sono diventati parte del linguaggio di tutti i giorni e vengono utilizzati normalmente anche da chi non ha mai giocato una partita di carte in vita propria.

Altro modo di dire legato ai giochi di carte di larghissimo uso comune è “avere un asso nella manica”, derivato dallo stereotipo del baro che teneva nascosto un asso per l’appunto nella sua manica per poi traslarlo nella propria mano al momento più opportuno, un atto sicuramente negativo ma diventato nell’uso parlato simbolo positivo, andando ad indicare una persona che conosce la facile soluzione a un qualche problema.

Modi di dire legati al calcio

Anche il calcio fornisce alla lingua parlata più di un modo di dire interessante, ad esempio “prendere qualcuno in contropiede” mutuato dalla tipica fulminea azione che nel campo di gioco sorprende le difese avversarie significa nel linguaggio comune il prendere qualcuno alla sprovvista, inaspettatamente.

Altri due molto usati sono “farsi un autogol”, inteso come fare uno stupido errore procurandosi involontariamente un danno nella stessa maniera del difensore che insacca un pallone nella propria porta e il suo opposto “salvarsi in corner” ossia togliersi all’ultimo momento da una situazione difficile o pericolosa, come il calciatore che butta il pallone fuori dal campo impedendo all’attaccante avversario di fare un gol.

Ultimo ma non per importanza c’è la zona Cesarini”, modo di dire legato al calciatore Renato Cesarini che negli anni Trenta del Novecento si era più volte distinto per dei gol negli ultimi minuti andando così, per estensione, a definire tutte quelle azioni fatte appena in tempo, in extremis.

Modi di dire legati alla scherma

Quante volte di fronte a una azione molto veloce o a una reazione sopra le righe ci è venuto in mente di definirla “una partenza in quarta” senza nemmeno chiederci l’origine di questa locuzione.

Potrà sembrare strano ma non è un modo di dire di derivazione automobilistica ma di origine schermistica. La quarta non è una marcia ma una posizione della scherma molto offensiva e da lì, per metafora, l’estensione nell’uso della lingua parlata.

Altro due terminologie mutuate dalla scherma sono “in punta di fioretto” e “stoccata”: il primo in riferimento al tipico scontro tra schermidori che con una certa grazia si combattono facendo toccare solo le punte delle loro spade fino al momento, per l’appunto, della stoccata da punto, che viene usata per estensione per definire qualcosa di puntuale e preciso, alle volte addirittura crudele.

Modi di dire legati al pugilato

I due modi di dire più comuni legati al pugilato sono “mettere alle corde” e “gettare la spugna”; il primo è legato al momento in cui un pugile dopo vari colpi dal suo avversario viene spinto fino al limite del ring andando a toccare le corde e nel linguaggio parlato indica qualcuno messo in difficoltà, alle strette. Il secondo invece è legato alla pratica da parte dell’allenatore di gettare sul ring l’asciugamano – anche se una volta veniva usata una spugna – per decretare il ritiro del suo pugile dall’incontro, diventando per estensione nel linguaggio comune il simbolo di ogni resa.

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