Per una povera Patria che riparte, il vaccino e la cura | Storia, Politica, Costituzione e Cultura

(Riceviamo e pubblichiamo)

La Repubblica Italiana nacque una notte di 75 anni fa.

Il referendum del 2 e 3 giugno 1946, in cui per la prima volta votarono anche le donne, tratteggiò i contorni di un Paese nuovo, reso fragile e diviso dalla guerra.

In quella notte, attraverso la capacità di scelta restituita a tutti gli italiani e le italiane, nacque una nuova Italia, figlia della Resistenza e madre della Costituzione.

Per questo, la Festa della Repubblica è la data più importante del nostro calendario civile, una Festa che non ammette ostilità e divisioni. La Festa della rinascita del nostro Paese, la Festa di tutti gli Italiani, cittadini, lavoratori e pensatori onesti, e di tutti coloro che orgogliosamente si sentono tali, perché trovano nelle nostre terre approdo, accoglienza, pace.

Norberto Bobbio definì la nascita della nostra Repubblica come un “caso esemplare”, frutto di un compromesso al rialzo: bisognava saldare lo Stato. Dopo una guerra di tutti contro tutti era giusto demandare al popolo la scelta sul proprio futuro istituzionale. Quel 2 giugno gli italiani, infatti, scelsero anche la composizione dell’Assemblea Costituente.

Questo 75esimo anniversario è un’occasione, un appuntamento di svolta.

L’Italia comincia a intravedere una via d’uscita dai sacrifici della pandemia e si trova dinanzi a uno snodo cruciale della sua storia: grandi aspettative e obiettivi di crescita ma anche una ripresa che rischia di essere ostacolata da fratture politiche, pericolose derive e tensioni sociali.

Il nostro Paese ha sempre trovato le forze e le energie necessarie per rinascere e rifiorire. Le vicende umane di questo periodo vanno viste come un’opportunità per diventare migliori.

Per ripartire servono valori comuni imperniati su salde radici condivise e la comprensione del significato autentico della nostra storia repubblicana.

Settantacinque anni di storia democratica, fatta di corsi e ricorsi, eterni ritorni e gattopardi: dalla Repubblica dei partiti attaccata dai terrorismi rosso e nero, dalle mafie, dai poteri deviati e occulti a una Repubblica senza più partiti ritenuti credibili. Una Repubblica che soffre, una “povera patria” in cui la partecipazione e la cittadinanza attiva è attenuata e sbiadita, corrosa dalla sfiducia verso le istituzioni, con una democrazia ammalata e un senso di unità nazionale sfilacciato, che procede a passi incerti verso il semestre bianco, l’ultimo tratto, quello più in salita, per la Presidenza della Repubblica e che teme tutti gli importanti appuntamenti politici e istituzionali che ne conseguiranno.

Tra un anno esatto avremo un nuovo Capo dello Stato e il fermento elettorale tornerà a rianimare i nostri territori; molti torneranno a ricordarsi di noi e ci verranno a cercare o li andremo a cercare. Tutte le forze politiche in campo dovrebbero sentire l’urgenza di dare stabilità alla governance parlamentare, dovrebbero sentire la responsabilità di emendare o sfiduciare costruttivamente, dovrebbero sentire la necessità di una nuova legge elettorale che sblocchi le liste basate sulla cooptazione, la convenienza e i legami di fedeltà restituendo finalmente voce e importanza a chi veramente lavora nelle e per le prossimità.

Il dibattito politico sul PNRR non dovrebbe essere solo l’occasione per i soliti pochi di accapigliarsi o arroccarsi su posizioni di principio, avrebbe dovuto generare uno stimolante confronto coi cittadini sul modo migliore di investire queste risorse per creare lavoro, progettare moderne infrastrutture materiali, culturali e sociali in grado di coniugare progresso digitale e sostenibilità ambientale, rendere la giustizia più certa, offrire ai giovani un’occasione per restare. Eppure, nessuno o quasi è venuto a chiederci niente, molti  ancora non hanno avuto modo di dire la propria. Eppure, “res pubblica” significa “cosa” di tutti, ricchezza pubblica in funzione del bene comune, e un governo democratico dovrebbe garantire il popolo dalla limitatezza degli interessi personali e dalle concessioni riservate a pochi.

Il Paese che tutti vogliamo e ci aspettiamo nell’era post-covid è un Paese fatto di opportunità pari per tutti, che sappia superare gli opportunismi; un Paese unito e coeso che rifiuta gli individualismi in nome della solidarietà, dell’equità, della fiducia; un Paese che sa dotarsi di una classe dirigente nuova, onesta, pulita, capace di pensare, creare e gestire a lungo termine; un Paese con una società inclusiva che sa valorizzare il contributo dei giovani e delle donne, ponendo tutti nelle condizioni di assumere le leaderships meritate.

I problemi del contemporaneo vanno analizzati in una prospettiva d’insieme. Per far ripartire l’Italia, ogni iniziativa politica deve presupporre una salda coscienza storica perché è rispettando il passato che si attiva la costruzione di un futuro migliore. Storia e politica devono rapportarsi in una dialettica costante, senza dietrologie, nostalgie o rimpianti. Va ricostruito un dibattito vivace, in grado di rimettere al centro le persone, le libertà, la civiltà e la conoscenza, che coinvolga le istituzioni, che crei Cultura.

La Cultura, per definizione, si declina al plurale; sulla varietà di linguaggi ed espressioni in cui si articola e manifesta si ergono i pilastri che reggono l’identità del nostro Paese. A sua volta, l’identità di un popolo è fonte di ricchezza: la piena consapevolezza del suo valore storico, estetico ed economico consente alla Cultura di generare Bellezza e creare opportunità di impresa e lavoro.

Non a caso, i padri costituenti, nel catalogo dei principi fondamentali del nostro ordinamento, hanno voluto garantire un’assoluta centralità al valore della cultura, alla promozione della ricerca scientifica e tecnica e alla tutela del paesaggio e del patrimonio artistico (art.9 Cost.), legando in maniera inscindibile il loro libero esercizio ed insegnamento al diritto all’istruzione (artt. 33-34 Cost.). Promuovere il sapere e tutelare il patrimonio culturale italiano non è solo un dovere dei pubblici poteri ma anche dei singoli cittadini che sono chiamati a farsi promotori attivi della missione di rafforzare così anche l’identità culturale europea e contribuire alla crescita internazionale del nostro Paese.

Tutto questo rende l’idea di come la Costituzione sia, ancora e soprattutto oggi, una Carta fertile, capace di proporre un’etica pubblica agli italiani da coltivare e portare avanti nel tempo come l’unica dimensione civile possibile; Lei si, che “avrà cura” di Noi, se sapremo custodirla.

I valori in essa cristallizzati vanno trasmessi ai giovani affinché possano maturare nuove consapevolezze, senza ripudiare le loro origini che stanno a indicare la loro provenienza e contengono il seme delle loro proiezioni future.

Se questa pandemia ci ha davvero insegnato qualcosa è l’importanza fondamentale del senso di appartenenza e della necessaria vivacità del nostro panorama culturale, da tutelare, valorizzare, attualizzare e diffondere degnamente, in modo che ogni cittadino, nessuno escluso, possa sentirsi protagonista, custode ed erede del patrimonio materiale, immateriale e identitario dei luoghi che vive.

 Castelbuono, lì 02 giugno 2021

Per il Coordinamento

Luciana Cusimano

Il Segretario

Vincenzo Capuana

Iscriviti per seguire i commenti
Notificami

0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments
0
Cosa ne pensi? Commenta!x