Pier Paolo Pasolini nel centenario della nascita. Il ricordo della prof.ssa Rosanna Cancila

(Di Rosanna Cancila) – Da qualche tempo gli Anniversari costituiscono un pretesto per ricordare figure significative della Letteratura o personalità di importante rilievo culturale, su cui valga la pena soffermarsi a riflettere. Confesso di essere un po’ refrattaria alle celebrazioni ,specialmente quando danno luogo ad una serie infinita di manifestazioni di ogni genere, come è successo anche l’anno scorso con il settecentesimo anniversario della morte di Dante. Approfitterò, dunque, di questo Centenario della nascita di Pasolini per tentarne un ritratto da presentare soprattutto ai più giovani o a quanti non lo conoscono; con la doverosa premessa che il mio è un punto di vista personale e ,perciò, opinabile, e con l’aggravante (o la scusante) che amo la letteratura. E, infatti, parlerò soprattutto dello scrittore Pasolini. C’è un altro motivo per cui vale la pena di parlare un pò di Pasolini ed è il fatto che si sente insistentemente e da più parti ripetere che “ oggi mancano intellettuali come Pasolini, “ci vorrebbe uno come Pasolini, Sciascia…“ o ancora “chissà cosa direbbe Pasolini“… Perchè? Di cosa in realtà sentiamo la mancanza?

Del libero pensiero, risponderei di primo acchito, di quella rara capacità di parlare quasi sempre “fuori dal coro“; ecco, se ripenso a Pasolini, l’identificazione immediata è con le parole provocazione, contraddizione , polemica…espressione di un pensiero critico spiazzante, anticonformistico ,forse rivoluzionario per il suo tempo. Solo così si spiega il frequente richiamo ( anche di coloro che ,forse, non lo hanno mai letto) alla necessità di una figura come la sua oggi, in questi nostri tempi e in questa nostra società, in cui trionfa il “politicamente corretto“ ,atteggiamento mentale, linguistico e comportamentale che ha generato un’ insopportabile cappa di pensiero unico che invade ogni campo, dalla ortografia alla morale, dalla politica alle lettere, dai media alle relazioni sociali. Un clima cui tutti ,insensibilmente e lentamente, ci uniformiamo. Ben venga allora chi, come Pasolini, insinua il dubbio, demolendo le nostre rassicuranti certezze , e costringendoci ad analizzare e ragionare sulle cose: un intellettuale come lui che, dalle colonne del Corriere della sera, diretto da Piero Ottone, suscitava e animava il dibattito delle idee sui temi urgenti dell’attualità, quali l’aborto,( questione intima e profonda ,da maneggiare con cura, sottraendola all’uso ideologico …) la guerriglia urbana dei primi anni Settanta( il suo famoso intervento a difesa dei poliziotti, i veri proletari ,contro le manifestazioni degli studenti, figli della borghesia ricca e benestante) o ancora il suo famoso “ Io so“ anaforicamente ripetuto a proposito dei responsabili delle stragi e della strategia della tensione , io so ,ma… “non ho le prove“. Sono questi i famosi Scritti corsari che scuotevano la coscienza dei lettori del più autorevole quotidiano italiano e che, successivamente, vennero riuniti in un libro: pagine attualissime che ci restituiscono Pasolini pensatore ,polemista, scrittore civile. In verità, la critica ,mentre era in vita, non fu affatto benevola nei confronti della sua opera , delle sue opere ,ma dopo il tragico evento del suo assassinio violento e orribile , ( di cui ancora molti aspetti restano oscuri) vi fu un crescendo di interesse e, anno dopo anno, fiorirono scritti e recensioni ,fino ai nostri giorni. Forse fu l’accorato discorso funebre dell’amico Moravia ( “era un poeta…un poeta…disse piangendo, …“e poeti ne nascono solo 2 ,3 in un secolo“ che contribuì post-mortem a creare il mito di Pasolini, a trasformarlo in una specie di eroe. E la scrittrice Dacia Maraini, amica di entrambi dà alle stampe, proprio in questi giorni una raccolta di lettere, “Caro Pier Paolo“, per commemorarlo affettuosamente ,rivelandone aspetti magari meno noti. Questo fanno gli amici. Protagonista ,seppure controverso, della vita culturale del Novecento, (n.a Bologna il 5 marzo 1922, m.a Ostia il 2 novembre 1975) Pasolini, si definì uno scrittore, rispondendo alla domanda di un giornalista su quale fosse ,tra le tante forme di espressioni artistiche, la più confacente alla sua natura, e nel termine “ scrittore“ riassumeva probabilmente i tanti modi del suo sguardo sulla realtà : si può scrivere con la penna, con la musica, con la pittura, con la macchina da presa. Egli , da subito, fin dal trasferimento a Roma, dopo gli anni di formazione vissuti in Friuli e la laurea in lettere a Bologna nel 1945,vive intensamente una varietà di esperienze, dal giornalismo alla letteratura ,al cinema, manifestando una instancabile voracità di vita e di avventure culturali e artistiche ,che non sempre culminano in produzioni degne di rilievo. Vien fatto di pensare che il suo eclettismo non gli giovò, alienandolo da quella concentrazione profonda che gli avrebbe consentito risultati eccellenti ,artisticamente parlando, magari in in un solo ambito. E, invece, tutta la produzione di Pier Paolo Pasolini è qua e là illuminata da squarci di bellezza o da lampi di genio, ma se ci chiediamo quale sia la grande opera ,non la troviamo né nel cinema ,né nella letteratura, anzi ,secondo la critica più recente- Manacorda, Marchesini, Febbraro- Pier Paolo Pasolini sarebbe più apprezzabile come critico letterario che come scrittore e la sua opera migliore sarebbe il saggio “Descrizioni di descrizioni“, nel quale analizza e giudica le opere di altri scrittori. Il suo spirito insaziabile e insaziato non si acquietò mai, non trovò la risposta definitiva su cui fondare il suo “ubi consistam“, un po’ alla maniera dei poeti maledetti ,alla Rimbaud, oscilla tra il vagheggiamento di un mondo naturalistico, primitivo ,quasi selvaggiamente roussoiano ,incontaminato ,che egli vede nell’allegria e nel vitalismo dei ceti popolari e la constatazione che la società contemporanea ,con i miti del progresso e del consumismo, ha abbrutito, immiserito e ghettizzato i popoli delle periferie, relegandoli in un degrado morale e materiale che ha tolto loro umanità e voglia di vivere.Da tale contraddizione, Pasolini non uscì mai: da un lato la Natura ,dall’altro la Storia con la sua forza corruttrice, con tutto il suo carico di male, dolore e negatività. La consapevolezza della ineliminabilità del Male é presente fin dalle prime poesie giovanili, in dialetto friulano , forse tra le cose migliori del nostro Autore (Poesie a Casarsa,1942)e nella raccolta “ Le ceneri di Gramsci“ ,del 1957 ,tocca forse gli esiti più alti. Questo nodo irrisolto fu anche la base dello scontro con la politica culturale del PCI., da cui era stato espulso nel 1952 , per “indegnità morale e politica“(con l’accusa di atti osceni in luogo pubblico) ,il primo dei tanti prezzi che pagò per la sua dichiarata omosessualità in un periodo , ricordiamolo, lontanissimo dal nostro, in cui perfino l’idea, la parola omosessuale (gay non esisteva ancora) era tabù .La pretesa di un’Arte al servizio di un ideale politico, che prospettava soltanto un mondo nuovo e valori di là da venire, non poteva essere condivisa da chi ,come Pasolini, “preferiva restare dentro l’inferno con marmorea volontà di capirlo“, rappresentandone appunto le sacche di miseria e gli aspetti negativi. La rappresentazione della vita delle periferie romane nei due romanzi “ Ragazzi di vita“ e “Una vita violenta“, dove lo scrittore , al disfacimento della borghesia , oppone la poesia di un popolo libero e istintivo non si salda mai con il concetto di coscienza di classe e volontà liberatrice del marxismo del partito della classe operaia. Il contrasto mai risolto tra la passione per un valore naturale e l’ideologia, che vorrebbe razionalizzarla, costituisce il cuore stesso della personalità artistica pasoliniana, dei suoi limiti, ma anche dei suoi grandi meriti storici. Lo scrittore resta vittima di questa contraddizione anche sul piano linguistico e letterario ,dove, pur ricercando nuove forme e tecniche espressive che mescolano il dialetto con la lingua italiana, non attinge a risultati significativi, rimanendo il suo una specie di gioco letterario gratuito, ben diverso dalla sperimentazione linguistica ,per esempio, di Gadda, che scardina le tecniche narrative del Neorealismo. Per ritornare al grido di Moravia…“era un poeta“, ritengo si possa condividere pienamente tale definizione se intendiamo il poeta come colui che cerca disperatamente di cogliere il mistero oltre la realtà, l’invisibile oltre il fenomenico, come Pascoli, amato da Pasolini e oggetto della sua tesi di laurea in lettere …egli ha cercato ovunque la poesia, nella vita come nell’Arte, ha “cercato la prosecuzione della poesia con altri mezzi e al di fuori dei suoi territori convenzionali“, come dice Galaverni che ha curato il testo di prossima uscita P.P.P. Poesie per Pasolini.

Pasolini poeta, dunque, nel senso prima precisato. Amante della tradizione classica ,del Mito e di Dante, di Pascoli e Carducci ( a cui si può accostare per l’impegno civile), trasferisce anche nel Cinema la sensibilità straordinaria del suo essere, operando inizialmente come scrittore di sceneggiature, ma diventando subito dopo egli stesso cineasta. E sconvolgendo, sovvertendo anche qui, con i suoi film, il pensiero dominante, scandalizzando i benpensanti e i falsi perbenisti, i moralisti di professione , insomma interrogando e provocando le coscienze dei contemporanei .I suoi film, visti oggi, non hanno più la dirompente forza eversiva di allora, ma offrono una testimonianza importante della genialità di un uomo, della potenza di un linguaggio originalissimo che, ancora una volta, travolge i luoghi comuni : Il Vangelo secondo Matteo, forse il film più bello su Gesù, la trilogia della vita con Decameron ,I racconti di Canterbury e Le Mille e una Notte, Edipo re, Teorema…anche Ragazzi di vita, in bianco e nero, con la colonna sonora di Bach…sarebbero da rivedere oggi, alla luce del nostro disincanto e di una memoria più purificata dalle scorie di un pasolinismo acritico quanto di un antipasolinismo pregiudiziale. Magari per trovare la giusta cifra interpretativa.

Negli anni Settanta, quando tutti noi giovani amavamo il cinema, vedemmo i film di Pasolini e non restammo indifferenti…ne nacquero discussioni e dibattiti a non finire; anche l’ultimo, Salò o Le cento giornate di Sodoma, censurato e poi rimesso in circuito, e poi di nuovo censurato…Fu il destino di Pasolini. Tanti i detrattori, tra cui Montale( ferocissimo contro di lui, anche per la negativa recensione di Satura), Sanguineti, Fortini e tanti altri, così come gli estimatori, tra i quali Alda Merini, Dario Bellezza, Attilio Bertolucci, Giorgio Caproni, per limitarci ai poeti. Destino comune a chi , comunque, lascia un segno. Da queste brevi note disordinate, scritte sulla scia dei ricordi di studio e di letture ed esperienze dei fondamentali anni giovanili ,mi auguro si evinca il cenno del ritratto di una personalità originale, forse unica nel panorama del Novecento , non solo italiano, un uomo dalle doti straordinarie, intelligente, curioso ,vitale e vitalistico, culturalmente onnivoro, inquieto, perennemente in cerca di una verità appagante, esaustiva della sete di conoscenza che anima ogni spirito libero, non sempre e non da tutti compreso! Ritengo che, anche per Pasolini, il modo migliore di ricordarlo sia quello di leggere i suoi scritti e rivedere i suoi film, e le sue interviste (teche Rai TV) rilasciate per una televisione in bianco e nero, mezzo di comunicazione nuovo a cui si avvicinò con grande interesse e per cui realizzò anche un documentario-intervista incredibile per l’epoca, dal titolo “Comizi d’amore“, dove interrogava gli italiani sui loro costumi sessuali. Per una biografia ordinata ed esaustiva ,rimando i lettori ad un buon manuale di Storia letteraria del Novecento oppure a…Wikipedia.!

Rosanna Cancila

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