Quel ragazzo arrivato dalla Sicilia che si ritrovò a vivere con Michael Jackson

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Approdato negli USA per una breve esperienza, Dario Guarcello conobbe il sogno hollywoodiano e decise di restare diventando amico di star come Michael Jackson. Dopo l’11 settembre, il ritorno in Sicilia con tante idee che hanno dato vita al DiVino Festival

Ancora oggi quando qualcuno gli dice che “pensa all’americana”, cioè in grande, per lui rimane sempre un complimento. Dal busboy al manager, dalle tavole degli American bar a quella di Michael Jackson, Dario Guarcello ha conosciuto la faccia hollywoodiana di un’America da sogno che ha sempre attratto noi europei.

Che l’America fosse stata più di un sogno, Dario lo aveva capito prima dei suoi diciotto anni durante una vacanza a New York dallo zio Antonio, proprietario di un ristorante nel New Jersey. Vacanza che per Dario diventa una permanenza, lasciandosi alle spalle la sua Castelbuono, borgo madonita famoso per la sua architettura medievale e la sua enogastronomia d’eccellenza. Erano gli anni Novanta e l’America era ancora quella tigre ruggente e non sembrava neanche così lontana.

Cinque anni di vita negli Stati Uniti a fianco di grandi star come Michael Jackson che Dario ha avuto la fortuna di conoscere personalmente affiancando Frank Cascio, manager e assistente dello stesso Michael. Feste, party esclusivi, backstage nei concerti  ma anche la possibilità di conoscere aspetti privati delle star quando i riflettori si spegnevano.

Poi arriva l’11 settembre che segna, inevitabilmente, un punto di non ritorno per tutti. Anche per Dario, il quale decide di tornare in Sicilia con l’America nel cuore ma con in testa grandi idee e quel modo di pensare “all’americana” che lo aiuterà a portare grandi novità nella sua isola.

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Dario Guarcello, tornato in Sicilia, oggi si occupa di vini

Oggi Dario ha reinventato se stesso, anno dopo anno, con la voglia di innovarsi sempre e cambiare. Oltre al suo lavoro di social manager, esperto di marketing e PR nel settore enogastronomico, nel 2007 ha fondato il DiVino Festival, manifestazione dedicata al vino e al blues che da sette anni raduna sotto il maestoso maniero di Castelbuono le firme più importanti del settore vinicolo e del giornalismo.

Durante la lunga stagione estiva, gestisce anche un Lido e ai suoi coetanei e conterranei dice: “Partire per assumere esperienze ed attuarle nella nostra terra, restare per combattere e poter finalmente prenderci ciò che questa terra merita: dignità e giustizia”.

Il tuo viaggio in America è stato una tua scelta oppure è stato frutto del caso?

Il mio viaggio comincia con un’esperienza di tre mesi, tra il quarto e il quinto anno delle scuole superiori, un po’ per fare una nuova esperienza, un po’ perché spinto da mio zio Antonio che conosceva bene l’ambiente e che ha sempre creduto nelle mie qualità. Fu lui che mi spinse a partire.

Cosa hai pensato quando sei arrivato, che progetti avevi?

Il primo impatto fu strano perché avendo poco meno di 18 anni mi ritrovai in ambiente molto familiare ed accogliente, molto più dell’Italia stessa. L’ambiente era molto bello e la casa in cui stavo nascondeva tante meraviglie e segreti da mantenere. Di progetti non ne avevo fatti, ma al mio ritorno in Italia sapevo solo che volevo vivere lì per un periodo. Era un periodo in cui cercavo di capire quale fosse il mio posto nel mondo e nella società e di scoprire un mondo nuovo che pur essendo tale mi dava senso d’appartenenza.

Sei stato a fianco di Michael Jackson, seguendolo nelle sue tournèe ma anche condividendo con lui momenti di vita privata. C’è un aspetto umano di lui che ti piace ricordare?

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Dario insieme al suo padrino, Dominic Cascio

Ho conosciuto per la prima volta Michael nel 2000, a Natale, quando durante le vacanze scolastiche ritornai per un mese negli USA, dove presi la decisione di trasferirmi una volta diplomato. Michael passava tutte le sue vacanze, e non solo, nella stessa casa in cui io vivevo gran parte della giornata: la casa di mio padrino Dominic Cascio. Michael era una persona fantastica, umile, dolce, con un cuore grandissimo. Lì conobbi anche Prince e Paris i suoi figli. Quando prima parlavo del fatto che quella casa nascondesse alcuni segreti, mi riferivo al fatto che nessuno sapeva che  Michael fosse lì per mesi e mesi, sopratutto quando doveva stare vicino a New York per lavoro. Frank, il figlio del mio padrino, faceva da assistente/manager a Michael e io mi occupavo del ristorante di famiglia Il Michelangelo di Boonton Township dove Michael e tante altre star venivano spesso a cena.

Come è stato essere catapultati nel mondo di Hollywood. Che impressione hai avuto? Quali sono i tuoi ricordi? Che sensazioni provavi?

Di star ne ho incontrate parecchie e devo dire che dopo aver conosciuto Michael nessuna di esse mi faceva più l’effetto sorpresa. Oggi mi accade la stessa cosa in Italia dove conosco tantissime persone del mondo televisivo e del giornalismo grazie all’abilità di fare pubbliche relazioni che ho appreso da Michael e dal mio padrino Dominic.

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Foto di famiglia con Michael Jackson

L’immagine dell’America che ti porti ancora dietro? Il ricordo impresso in una fotografia, un cibo, una canzone.

Io amo l’America e molti mi dicono che penso all’americana cioè in grande. Una foto sicuramente potrebbe essere quella della famiglia Cascio con Michael che rappresenta molto quel periodo. Un cibo: il pollo! cucinato in tutti i modi possibili. Credo però la cosa che più mi tiene legato a distanza di anni sono le tante persone che mi mandano i saluti anche se non ci siamo più sentiti.

Poi il ritorno in patria. Perché?

Me lo chiedo anch’io spesso. Sicuramente sono tornato anche per le difficoltà legate ad ottenere un visto dopo l’11 settembre 2001 e poi per quel richiamo della propria terra che appartiene un po’ a tutti noi siciliani. Sono ritornato pieno di energie, idee e voglia di dare qualcosa al mio territorio. Così sono nati tanti progetti tra i quali il DiVino Festival.

A proposito, come ti è venuta in mente l’idea di questo Festival?

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Un momento del DiVino Festival a Castelbuono

L’idea è nata in America quando, lavorando nel mondo della ristorazione, mi appassionai al vino. Al ritorno, ho messo insieme le competenze che avevo acquisito, il mio amore per il cibo, il vino e il mio paese. Ho pensato che Castelbuono meritava un Festival che rappresentasse il suo territorio, ricco di storia, cibo e cultura. L’idea è nata scherzando al bar, davanti ad un bicchiere di vino…

Ci sono stati momenti in cui il tuo ritorno a Castelbuono è diventato un rimpianto?

Sì, certamente, ed ancora ci sono oggi ogni qual volta vedo gente distruggere questa terra, vedo politici incapaci,vedo la cecità di chi non capisce che abbiamo uno dei posti più belli e invidiati da tutto il mondo.

Cosa diresti ai giovani siciliani oggi. Restare o partire?

Partire per fare esperienze ed attuarle nella nostra terra, restare per combattere e poter finalmente prenderci ciò che questa terra merita: dignità e giustizia.

American dream: mito o realtà?

L’America è il posto dove tutto può succedere, tutto può cambiarti. Sì, esiste il sogno americano ma per noi Italiani diventa sempre più dura viverlo. God bless America!

(Fonte: www.lavocedinewyork.com)

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