Sono in cinquantamila e costano più di un miliardo. Ecco l’esercito dei “regionali”
Agli oltre ventimila dipendenti della Regione, vanno aggiunti i Forestali e gli assunti nelle società partecipate.
Ecco nel dettaglio quanti sono e quanto costano ai siciliani.
Altro che ventimila. I lavoratori a carico di “mamma Regione” sono più del doppio. E costano oltre un miliardo di euro. I dati che emergono dal rendiconto della Corte dei conti offrono una fotografia oggettiva del “vero” numero degli stipendiati dalle casse dorate di Palazzo d’Orleans. Altro che ventimila, insomma. Era quello nell’immaginario collettivo, il numero già di per sé “eccezionale” riferito ai dipendenti della Regione. In realtà sono molti di più.
Quel numero, infatti, riguarda semplicemente i lavoratori che fanno capo alle strutture direttamente legate alla Presidenza o gli assessorati. Per la precisione, la Corte spiega che tra dirigenti, funzionari e istruttori, il numero dei “regionali” “è pari a 17.700 unità (-1,6 % rispetto al 2011), costituito quasi interamente (96,3%) da dipendenti a tempo indeterminato (-1% rispetto al 2011)”. Ma non finisce qui. “A questi – scrive infatti la Corte – si aggiunge un contingente di 2.513 unità che l’amministrazione indica quale personale ‘ad altro titolo utilizzato’ (nel 2011 erano 2.293)”. Per il personale in servizio, la Regione ha speso, nel 2012 la cifra ragguardevole (ma comunque in calo rispetto agli anni passati) di 755.932 euro.
Ma, come detto, non è tutto qua. Escluse infatti le uscite per il personale in quiescenza (cifre solo di poco più basse rispetto a quelle riguardanti il ‘personale in servizio’), a quelle somme ne vanno aggiunte altre. “Ci si riferisce, in particolare, – scrive la Corte dei Conti – agli oneri per il pagamento delle retribuzioni in favore: del personale avviato all’impiego dal Corpo forestale regionale e dagli uffici periferici del dipartimento Azienda regionale foreste demaniali, del personale in servizio presso organismi societari partecipati dalla Regione, del personale non regionale che presta servizio nell’interesse della Regione siciliana, di quello comandato presso gli uffici giudiziari con oneri a carico della Regione, del personale delle scuole regionali”. Il “lato oscuro” della Regione siciliana, insomma. Quella fetta di lavoro pubblico quasi mai considerato “regionale a tutti gli effetti” perché appartenente a categorie “ibride”.
Intanto, come detto, ecco la compagine tanto discussa dei “Forestali”. Una etichetta con la quale si è spesso inglobato un po’ di tutto. Per essere precisi, però, questi dipendenti (non di ruolo) impiegati – per la stragrande maggioranza – per 78, 101 o 151 giornate l’anno, vanno suddivisi in due categorie: quelle che fanno capo al Corpo forestale, e quelli dell’Azienda Foreste. I primi sono in tutto 7.148. Quasi tutti appunto a tempo determinato il cui costo annuo sfiora i 100 milioni. La seconda categoria di “forestali” invece è composta da 18.260 lavoratori (di questi poco più di 1100 a tempo indeterminato). Il loro costo supera i 223 milioni annui. Insomma, si tratta di quasi 25 mila lavoratori. Una cifra spesso rimbalzata sui media come simbolo dello spreco. In realtà, considerate le “turnazioni” il “peso” dal punto di vista retributivo è assai lontano da quello destinato a 25 mila lavoratori. La Corte dei conti ha compiuto allora un calcolo. Nonostante le turnazioni, quei lavoratori costano alla Regione la stessa cifra che verrebbe spesa per pagare 13 mila dipendenti a tempo determinato. La cifra complessiva è di 322 milioni annui. Che aggiunti a quelli spesi per i “regionali regionali” porta la spesa totale già vicina al miliardo di euro.
Ma non è finita qui, neanche stavolta. Se escludiamo infatti le categoria dei comandati e il personale delle scuole regionali (che incidono – in proporzione – assai di meno sulla spesa), resta l’enorme esercito dei dipendenti delle società partecipate. Molte delle quali a totale o quantomeno maggioritaria partecipazione pubblica. In questo caso, il numero dei lavoratori sfiora quota 7.300. Per un costo di 257 milioni annui. Già. Ventimila, alla Regione, non bastano. I siciliani che dipendono da Palazzo d’Orleans sono più del doppio. E costano agli altri siciliani più di un miliardo l’anno.
(livesicilia.it – di Accursio Sabella)
Dopo l’ Unione Sovietica che e’ scomparsa, il “socialismo reale” si e’ realizzato in Sicilia, infatti, una classe politica ” lungimirante” ha ritenuto mettere sotto controllo un popolo e una Regione la Sicilia, assumendo migliaia di dipendenti direttamente o con società controllate, creando strutture, società, che direttamente controllate dalla Regione, hanno favorito solo assunzioni clientelari e consenso elettorale. Ma la cosa strana e’ che mentre gridiamo allo scandalo,queste cose continuano, anche con questo Governo regionale, infatti, qualcuno ci spieghi dove la “rivoluzione”. Forse nel fatto che levati tu che faccio io? In Sicilia o la politica ha il coraggio di fissare le regole chiare, favorendo l’iniziativa privata, o continuerà inesorabilmente il declino di un popolo, che e’ al centro del Mediterraneo può avere tante potenzialità e opportunità (vedi area libero scambio) di cui nessuno più ne parla. Spero che qualche forza politica si faccia carico di questo stato di cose e agisca con una politica di reale cambiamento,questo popolo, questa terra,non e’ colpita dal fato, vuole solo politici e dirigenti onesti, eticamente e moralmente corretti, non siamo secondi a nessuno, per fantasia e intraprendenza.
Questo è anche il “frutto” della tanto esaltata autonomia siciliana messa in mano a dei… Lasciamo perdere va!
L’analisi fatta da Mario Cicero, totalmente condivisibile, è ovviamente sintetica. Sarebbe necessario approfondire il fenomeno: quante assunzioni clientelari, dirette e indirette, dal 1946 ad oggi? Sono passati 67 anni! Almeno 2 generazioni! Non so se già esiste qualche libro che documenti nei dettagli l’escalation del processo: in tal senso farei un appello a qualche giornalista della levatura di Sergio Rizzo o G. Antonio Stella (autori de “La casta”-Rizzoli ed. e vari altri volumi) a farne pubblica denuncia. Avremmo finalmente dei dati documentati sulle malefatte di certe classi politiche. D’altronde non c’è da meravigliarsi in questa fantasiosa terra di Sicilia: ricorderei che da antica memoria, entrando nella stanza di un dipendente regionale, per giustificare la sua perenne assenza dal posto di lavoro, non si indicava la sua sedia ma un angolo in fondo a destra, dicendo: “U cappieddru c’è….”