YPSIGROCK: Malkmus è sempre un pezzo di storia del rock americano

 

Quest’anno i concerti cominciano davvero prestissimo, con le band di apertura sul palco già dalle nove meno un quarto, e tra benzina self service, traffico per uscire da Cefalù e parcheggio a Castelbuono, ci perdiamo il post-rock – che poi è post-folk – dei siciliani Gentless 3 (ce li descrivono come “atmosferici, arrangiamenti e suoni molto curati”), guidati da Carlo Natoli (presente già l’anno scorso a Ypsig per promuovere il movimento L’Arsenale e il collettivo Improvvisatore Involontario). Arriviamo a sentire solo gli ultimi scampoli dei bolognesi Altre di B: il loro indie chitarristico, cantato in inglese, di scuola post-hc, ci pare un po’ datato ma convincente.

 

L’hypetissimo duo electro-pop Trust, segnato in cartellone, manca all’appello causa cancellazione di tutto il tour, ed è quindi subito il turno degli Of Montreal di Kevin Barnes. Vengono dalla Athens dei Rem, ma il loro è un indie scombinato e camp che ben poco ha a che vedere con le canzoni di Michael Stipe e soci: mescolano fine anni Sessanta, metà anni Settanta e primissimi anni Ottanta, prendendo parti uguali di pop, funky, hard, glam e disco, e miscelandole come in un caleidoscopio, con un taglio – se non per forza psichedelico – sicuramente fricchettone. Barnes è scatenatissimo e tra falsetti coretti e balzi elastici si toglie la camicia scoprendo un busto asciutto che per foggia e movenze lascive vuole sicuramente mimare quello di Iggy Pop, lasciando poi il palco a un lungo solo di chitarra hard-space-blues.
Pochissimi i brani nuovi (con nuovi intendiamo da “False Priest”, 2010, e “Paralytic Stalk”, uscito a gennaio) in scaletta e un risultato finale che è perfetto per un party Seventies danzereccio e cocciutamente casinaro (gran finale con lungo baccanale chitarristico).

 

Nota negativa: ritmicamente, alla lunga, un po’ troppo monotoni, sempre con quello stesso funky uptempo sotto (per quanto variamente spezzato, interrotto, ripreso).

 

Stephen Malkmus, 46 anni portati come ne avesse anche venti di meno, è un pezzo di storia del rock americano, uno che con i Pavement l’indie l’ha proprio forgiato. Il suo set con i fedeli The Jicks è quanto di più onesto e classico – in un’ottica tutta tipicamente americana, e cioè studentesca, collegiale, in una parola, appunto, “indie” – si possa immaginare. Attacca con “Tigers” e continua alternando ballad intense, dagli arrangiamenti semplicissimi ma sempre efficaci (una costante sono i controtempi che rendono speziati, intriganti, quasi tutti i riff e gli incisi), e pezzi più propriamente rock, dove di volta in volta traspaiono con maggiore decisione influssi folk, ricordi del pre-grunge che fu, noise e pop british (per esempio, in “Phantasies”). L’ultimo album, il quasi unanimemente acclamato “Mirror Traffic” (2011), non ci ha fatto impazzire, ma questo è – pur senza particolari folgorazioni – semplicemente un bel concerto. Calo di zuccheri killer e allora ci allontaniamo un attimo dalla transennata Piazza Castello per mangiare qualcosa, proprio mentre Malkmus attacca il recente anthem “Senator” (quello del video con – l’insopportabile? – Jack Black http://youtu.be/pADR7Hx9xqk), con la piazza a intonare con sommo gusto i verse “I know what the senator wants / What the senator wants is a blow job”. Al rientro, per un problema di timbro al braccio, l’amico che è con noi non viene riammesso all’area concerti e per solidarietà restiamo fuori anche noi, perdendoci un pezzo dal canzoniere Pavement e il finale con una cover di “A Day in the Life” dei Beatles. Imprechiamo moderatamente.

 

Buona prima serata insomma, e buona anche la risposta del pubblico, nonostante la Piazza non strapiena. Ma di questo hanno colpa in parti eguali (a) la data super gettonata e must assoluto di domenica, quella con i Primal Scream, che ha certamente scavalcato in priorità le altre due, e (b) il prezzo dei biglietti per day mai così alto, 20 euro, per quanto sicuramente giustificato. Ancora: avrebbe avuto più senso forse invertire l’ordine delle band e fare chiudere agli Of Montreal, sicuramente più pompati e pompanti (ma abbiamo comunque preferito Malkmus).

 

Stasera, 11 agosto, menù ricchissimo, con i chiacchierati siciliani punk-blues VeneziA (abbiamo sentito giudizi diametralmente opposti su di loro, in pratica “fanno schifo” vs. “geniali”, e siamo quindi molto curiosi), il funk-postpunk dancey dei torinesi DID, l’electro-hop rarefatto e misterioso di Shabazz Palaces, l’indie/emo di We Were Promised Jetpacks e l’electro noisey e solarizzata dei Fuck Buttons (che la loro presenza quest’anno ad Ypsig, in contemporanea ai Primal Scream, nasconda lo zampino del comune produttore e deus ex machina Andrew Weatheall?).

 

(Gabriele Marino – lavoceweb.com)
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