Come dovette essere il Municipio Vecchio di Castelbuono

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11 Commenti

  1. architetto non politico ha detto:

    Capisco la sua vena politica e la sua atavica avversità verso un’epoca che ha segnato nel bene e nel male un periodo della nostra Italia (nostra di tutti noi, non necessariamente sua sembra di capire) ma da questo a criticare l’opera di restauro della facciata da una cosa informe, vetustà e cadente, con qualcosa di nuovo e mi permetta di bello ne passa. Che poi le caratteristiche architettoniche si conformino ad un’epoca culturale e prassi.

    • Antonio ha detto:

      Condivido in pieno. Purtroppo si legge una rancorosa avversione verso i recenti tempi, con quasi un rimpianto per quella che evidentemente è stata elaborata come una presunta età dell’oro. Io personalmente ritengo che il voler conservare a tutti i costi tutti gli edifici vetusti perchè testimonianza di qualcosa sia uno dei problemi Italiani, rafforzato dall’incaponimento ideologico di chi nel 1985 fece diventare quasi tutto il patrimonio immobiliare pubblico vincolato. A me il municipio rifatto negli anni 60 così schifo non faceva, era anche lui figlio di un’epoca.

  2. Giuseppe ha detto:

    Grazie a Te, Professore.

  3. MARTINO SPALLINO ha detto:

    Ottimo, interessante e dettagliato…Grazie…e in attesa della seconda puntata.

  4. Orazio Cancila ha detto:

    Caro Massimo, in una lettera del marzo 2014 all’avvocato Mario Lupo, che non ricordo più se sia stata pubblicata su “Le Madonie”, esprimevo la convinzione «che le amministrazioni comunali che si sono succedute nel tempo non abbiano mai proceduto all’affrancazione del canone» del legato Marguglio, perché non conveniente. Il comune avrebbe infatti dovuto sborsare L. 6.942,13, una somma per la quale avrebbe dovuto pagare annualmente un interesse dell’8-10 per cento, ossia da L. 555,41 a L. 694,21, circa il doppio del canone enfiteutico di L. 347,13. Ricerche successive documentano invece che il 23 marzo 1922 il Consiglio comunale, sindaco Antonio Gugliuzza, deliberò l’affrancazione del canone annuo di lire 347,13 che gravava sulla Casa comunale a favore del legato di maritaggio Marguglio, dando quindi «piena facoltà al signor sindaco per l’espletamento dei relativi atti». A lei l’onere di verificare presso l’Archivio Storico del Comune l’avvenuta affrancazione del canone. Orazio Cancila

    • Camionista ha detto:

      Archivio storico del comune? Quale archivio? Importanti carteggi spostati con il camion e scaricati con il ribaltabile come fosse sabbia o ghiaia, se non addirittura finiti al macero. Questa è stata l’attenzione alla storia di Castelbuono dedicata dagli inquilini pro tempore di via Sant’Anna negli ultimi decenni.

      • Antonio ha detto:

        A me risulta che l’archivio storico del comune, con atti che risalivano al sedicesimo secolo, negli anni cinquanta sia stato ceduto per carta straccia (qualcuno mi disse che ero studente alla croce rossa). Tuttavia non ho conferma del fatto, né mi sono occupato in prima persona di ricerche storiografiche.

        • Orazio Cancila ha detto:

          Vanni Mitra, ex impiegato comunale di Castelbuono, mezzo secolo fa a me personalmente ha riferito che, nella prima metà degli anni Cinquanta del Novecento, la parte più antica dell’archivio comunale era stata ceduta alla Croce Rossa. Il locale dove era depositato serviva per creare un ufficio al nuovo impiegato comunale Giovanni Neglia, ex esponente dell’allora Partito comunista di Petralia Sottana. Neglia con moglie e figli abitò in piazza Margherita e pochi anni dopo fu assunto dalla Regione Siciliana, presidente Silvio Milazzo. Per correttezza, aggiungo che, negli anni successivi, a Palermo ho chiesto allo stesso Neglia informazioni in merito. Mi ha risposto che non gli risultava. La documentazione più antica conservata nell’Archivio storico del comune non proviene quindi dall’antica Università di Castelbuono, ma dalla Pretura. In occasione della ricostruzione del Municipio negli Sessanta, la documentazione archivistica di Comune e Pretura, che utilizzava locali comunali, confluì in un locale del castello, da dove poi fu prelevata e, sindaco Angelo Ciolino, inventariata dal prof. Schirò, che in precedenza aveva curato, su mia indicazione, l’inventariazione delle carte dell’Archivio della Matrice. Sindaco Peppinello Mazzola, fu acquisito all’ Archivio Storico del Comune anche la parte restante dell’archivio della Pretura.

  5. Il RE SOLO/E ha detto:

    Quindi gran parte dell’archivio comunale è stato distrutto? Trasportato da Via San Anna in discarica? Ancora complimenti a chi salva la memoria con le foto

    • Antonio ha detto:

      a me fu detto così, però non voglio accendere nessuna polemica. A me l’hanno raccontato, penso la fonte fosse credibile, e i fatti risalirebbero agli anni cinquanta, forse i primi anni cinquanta. Ovviamente bisogna valutare la cosa con la mentalità di quegli anni

  6. Nicolo Piro ha detto:

    La matematica ha sempre litigato con l’ architettura, accolta, però, com’ è stata, dall’ afflato della filosofia: Aristotele nell Etica Nicomachea; I. Kant, nella sua Dottrina trascententale del metodo con riferimento alla Architettonica della ragion pura; Friedrich Nietzsche nella metafora architettonica dei e dove mette in evidenza “la torre che la scienza va costruendo” senza dimentare la commovente elegia del 1888 alla città di Torino (che fu); Manfredo Tafuri (Teorie e storia dell’ architettura); Aurelio Agostino in quel suo , qualcosa sta per qualcosa, mentre per Arthur Schopenhauer <L' Architettura è pietra diventata Musica e Musica congelata. E si potrebbe andare ancora avanti con Le Corbusier e al marxista Henri Lefebvre . . . . ma temo di annoiare il matematico Massimo Genchi senza, tuttavia, esimermi di ricordargli quale sarebbe stata la fine dell' Architettura e dell' Urbanistica italiane, se . . . . se . . . . la Rivoluzione d' Ottobre, tanto necessaria, quanto salutare per la Russia zarista, avesse messo piede in Italia dove trovò l' osso duro del Fascismo. Quando nel 1965 la ditta Minà e Raimondi procedette alla demolizione dell' opus gravida di retorica fascista, avevo appena preso possesso del loro ufficietto impiantandovi il mio studio prefessionale, alloché il mio caro e compianto amico, capo-maestro Vito Minà, mi chiamò per farmi constatare la fatica nel demolire i muri esterni tenuti solidamente al loro posto da un intonaco esterno paragonabile per durezza ad una lastra di acciaio e da una malta che tanto avrebbe apprezato il suo venerato padre, capo-maestro Rosario Minà, che io, da adoloscente, avevo avuto modo di apprezzare allorché con uno squadrone di operai (spaccapietre, scalpellini e muratori con una esemplare e lucida organizzazione nell' estate del 1947 costrui uno grande stallone e le case per quattro famiglie nel feudo dei Fratelli Piro in contrada Gurgo (ad un tiro di schioppo, si fa per scrivere, da Gibilmanna. Che ci si sia stata anche retorica nell' architettura fascista non l' ho mai messo in dubbio, caro Massimo Genchi. Ma che parimenti siano state costruite opere pubbliche, pianificate e costruite città, in buona parte sulla base di pubblici concorsi, valorizzati giovani architetti (per il concorso di progettazione e realizzazione della Stazione di Firenze, a sfidare la Chiesa di Santa Maria Novella dell' Alberti, il Duce "impose" a Piacentini la convocazione di giovani architetti e, vedi caso, a conquistare il 1° Premio fu proprio il team del giovane toscano Giovanni Michelucci, poi diventato un "grande" del movimento dell' Architettura organica in Italia. Le architetture ele città del Fascismo, sorte dove per duemila anni l' acquitrino aveva seminato morte e miseria (v.: Antonio Pennacchi, Canale Mussolin*i, 2010, C.E. Arnoldo Mondadori/Romanzo vincitore del Premio Strega 2010), sono ancora oggi meta di pellegrinaggio di giovani studenti e architetti di tutto il mondo. Pertanto, caro Massimo, andiamoci piano, molto piano, col Fascismo, in ispecie in tempi di magra come quelli che continuano a viversi dal 25 Aprile 1945.
    *Della grande opera viene ancora ricordato quanto il Duce disse nel corso dell' inaugurazione rivolgendosi alle maestranze: "Voi avete sconfitto il nemico:la malaria". Per tutta la durata dei lavori non venne registrata morte alcuna di operai. Questo, tanto per non assolvere il Fascismo, bensì invitare alla moderazione e attendere con pazienza l' epilogo del PNRR.

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